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HP: cloud e Pmi? Passi avanti ma la strada è ancora lunga

Pur essendo diffusa la conoscenza sulle opportunità di trasformazione legate al cloud computing, le Pmi italiane hanno ancora una visione di breve termine, sopravvalutano le potenzialità dal punto di vista applicativo e non hanno destinato budget per queste iniziative. Alcune evidenze di una ricerca HP-Politecnico di Milano.

Cloud
Il cloud computing non è più un segreto per le aziende italiane. E’ stato sdoganato ed è visto come un’opportunità anche dalle Pmi, ma ancora oggi sono poche le aziende che hanno già pianificato un budget di spesa per la transizione verso questo modello. Manca infatti una cultura imprenditoriale illuminata e una visione a lungo termine. E’ ciò che emerge da un sondaggio on line condotto da HP con il Politecnico di Milano su un campione di 100 aziende di piccole e medie dimensioni (da 10 a 250 addetti) su tutto il territorio e in differenti settori merceologici proprio per fotografare lo stato dell’arte del cloud nelle aziende italiane.      
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Claudio Barbuio, Cloud&Presales Country Director, HP Italiana
Da anni HP ha abbracciato il cloud computing come paradigma tecnologico e di business di riferimento da proporre alle aziende per consentire loro di cambiare ritmo e trasformarsi. “E’ motore di innovazione e modernizzazione dei processi di business e dell’IT che permette alle aziende sempre più sotto pressione competitiva di rispondere con maggiore tempestività, dinamicità, agilità ed efficienza alle condizioni di business mutevoli”, afferma Claudio Barbuio, Cloud&Presals Country Director, HP Italiana, in occasione della presentazione dei risultati della ricerca. Il Cloud Computing risponde in modo efficace alle sfide moderne ed è per questo che HP lo pone al centro della propria strategia, e il modello a cui oggi guarda è prevalentemente quello del cloud ibrido, che, ad oggi, consente di ottimizzare, adattare e distribuire applicazioni e carichi di lavoro su tutte le possibili sorgenti di risorse di IT. E secondo HP è anche anche la scelta tecnologica più efficace, come dimostrato da una ricerca del novembre 2013 secondo cui il 40% delle aziende afferma di utilizzare un ambiente ibridoe che entro il 2016 il 75% degli executive IT prevede di optare per l’implementazione del modello di cloud ibrido.
Il portfolio cloud HP è comunque completo e aperto alle tre forme di cloud sia esso pubblico, privato o ibrido. Nello specifico, per quanto riguarda il cloud privato la proposizione HP è CloudSystem Enterprise, piattaforma di governance e orchestrazione, infrastruttura aperta con cuore OpenStack per aziende medio grandi per percorre con facilità e rapidità il cammino verso il cloud.
Tocca a Stefano Mainetti, Professore di Tecnologie Digitali, Politecnico di Milano in concerto con Andrea Monaci, Cloud Marketing Director HP Emea, illustrare i i  principali risultati del sondaggio on line non prima di aver fatto una premessa: “Se concettualmente il cloud per le Pmi rappresenta una  grande opportunità per colmare il gap con le grandi imprese, in quanto possono consumare servizi di classe enterprise dimensionati su costi adatti alle loro dimensioni, in realtà il comportamento delle Pmi italiane è piuttosto diverso da quello delle grandi aziende. Il ritardo che le Pmi hanno accumulato è infatti un ritardo importante”, sostiene Mainetti. Ed è un gap anche europeo come testimonia Monaci: “Nel cloud si evidenziano tanti fenomeni per cui risulta difficile dare una regola generale. Sia tra le grandi che tra le piccole aziende si registrano esperienze molto diverse, trend che variano per fascia dimensionale e tipologia aziendale”. Come riporta Monaci anche all’estero si rileva un gap sulla conoscenza relativa al cloud; molte aziende conoscono il cloud dal punto di vista teorico molte meno ne conoscono vantaggi e hanno sperimentato i servizi cloud. E non basta portare all’esterno alcuni servizi quali email, unified communication,...” C’è un percorso di maturità nel fare questi passi; dipende da quanto sono critici questi processi per le aziende. “Il vero passaggio è dal progetto al servizio. Le Pmi fanno fatica a farlo. C’è un ecosistema che deve abilitare questa trasformazione”, dice Mainetti.
andrea-monaci.jpgAndrea Monaci, Cloud Marketing Director HP Emea
Le evidenze del sondaggio

Un fatto è certo: rispetto solo a qualche anno fa quando si riscontrava una conoscenza bassa o molto bassa del cloud computing (dai dati dell’Osservatorio sul Coud Computing del Politecnico di Milano nel 2011 su un campione di 650 aziende emergeva che il 50% non conosceva il cloud e l’80% non era interessato a conoscerlo), oggi la situazione è molto diversa. Nel 2014, infatti, la cultura del cloud è diffusa anche nelle Pmi dove il paradigma è visto come un’opportunità. Nel 70% delle aziende c’è un livello elevato di conoscenza sul cloud. Rimane una differenza significativa in termini di valore assoluto di penetrazione della spesa informatica sul fatturato in Italia se confrontato con i dati medi europei e ancor più con quelli statunitensi. Significa che i manager italiani hanno una scarsa predisposizione all’utilizzo della spesa IT per digitalizzare i processi.
"Mai come adesso è chiaro che l’IT è a supporto dei processi di business. E questa cultura è molto più forte in altri paesi europei soprattutto quelli nordici. Niente è perduto, però; è un ottimo momento per recuperare, anche a a budget ridotti; si può e si deve fare, serve però più attenzione e comunicazione tra il business che ha bisogno di servizi e l’IT che li eroga”, enfatizza Monaci.
Dato per scontato che il gap di conoscenza è colmato nelle Pmi, la ricerca ha cercato di capire se è alle aziende è chiaro che entrare nel cloud significa fare un percorso di trasformazione. E quali sono i punti chiave per affrontare il percorso che dagli ambienti virtuali porta verso il cloud?
“Emerge ancora una visione di breve termine: il cloud è percepito prevalentemente in termini di risparmio dei costi, consolidamento delle risorse e ottimizzazione degli spazi fisici. In realtà, il percorso di trasformazione è più profondo e non è ancora stato percepito con lungimiranza. Nelle Pmi non c’è ancora una visione strategica. Si sa che il cloud abilita un percorso a lungo termine ma siamo ancora ancora agli inizi. Bisogna dare loro modo di sperimentare”, spiega Mainetti.stefano-mainetti.jpg

Stefano Mainetti, Professore di Tecnologie Digitali, Politecnico di Milano
Già da qualche anno HP ha investito nel facilitare questo cammino.
In particolare, il vendor ha messo a punto uno strumento per spiegare come fare un percorso verso il cloud denominato Cloud Transformation Workshop, una sintesi delle esperienze. E per accelerare questo percorso HP propone poi di costruire un catalogo di servizi, un app store dell’azienda; successivamente  gestire l’automazione per concentrarsi sul modello cloud. Il tutto prenderà forma in nuovo prodotto che sarà presentato questo mese di marzo denominato Cloud System One Ready,  strumento facile da installare e provare. Terzo passo suggerito da HP è quello di sperimentare con questi nuovi strumenti creando anche gli skill che servono.  

Applicazioni, sicurezza e budget
Ma cosa succede a livello applicativo quando si migra verso il cloud? Dal sondaggio emerge che: “In  presenza di un parco applicativo molto eterogeneo si incontrano dei limiti. In qualche modo viene sopravvaluta la potenzialità del cloud. Alcune applicazioni vanno tenute on premise e non migrate. C’è un gap culturale perché non c’è esperienza. C’è una certa immaturità su questo tema sia in Italia che all’estero. E’ la colpa è anche  un po’ dei vendor che hanno spinto il concetto di un cloud in grado di risolvere tutti I problemi”, dice Mainetti. E prosegue: “E’ un tema chiave per le grandi organizzazioni risolto in termini di vision ma non a livello operativo: come standardizzare il catalogo di servizi, quali scegliere e soprattutto come fare con il parco applicativo. E’ questo il tema fondamentale non solo nelle piccole ma anche nelle grandi imprese; è un argomento di governance aziendale”. Interviene Monaci:“Non si può rottamare tutto, quindi la prima cosa da fare capire bene è qual è il livello di servizio da erogare. Quindi se un servizio funziona molto bene in azienda non lo si passa in cloud se non c’è un ritorno adeguato. Si tratta di scegliere se tenere certi servizi interni e altri portarli in cloud. E’ comunque un tema sempre legato alle comptenze. La scelta di cosa portare in cloud deve essere fatta con il business”. E in relazione ai vincoli e rischi del cloud, bisogna dire che anche nelle Pmi non esiste più il timore legato alla sicurezza. “E’ un problema di incapacità di governare bene o di cultura, perché non si è capaci di scegliere i giusti livelli di sicurezza o la giusta distribuzione dei servizi in modo da riuscire a controllarli". Insomma il tema delle scarse competenze torna sempre.
Ed ecco la nota più che dolente: quella relativa al budget. Di fronte a un quadro in cui le aziende  mostrano un grado di conoscenza diffuso del cloud, hanno chiaro i  benefici  e le barriere che facevano pensare a priori che non fosse sicuro sono cadute ci si aspetterebbe che le aziende abbiamo predisto un piano per migrare al cloud e allocato budget di un certo peso. In realtà, la risposta contraddice la visione. Solo 10 aziende su 100 hanno allocato del budget; mentre per il 32,7% la risposta è no, per un altro 9,3% non è ancora il momento ma lo farà presto, un 8,4% ancora non lo sa. E il 47% non ha risposto. “Manca il carburante, la capacità di investire e pianificare. Con un approccio estemporaneo non si riesce a fare un’operazione di sistema. Invece si deve fare una riforma aziendale, sviluppare la capacità di cambiare il clock del business aziendale. Occorre avere un approccio alla pianificazione,” rimarca Mainetti. Secondo HP la soluzione esiste e  la spiega Monaci: “Il  primo punto è valorizzare il servizio rispetto al business. Spiegare al business quali sono i servizi che si erogano oggi e quali servono, e creare dialogo per capire se alcuni servizi si possono dismettere e quali su cui investire. Occorre poi conoscere le tecnologie; bisogna cogliere l’opportunità del refresh tecnologico - quando si cambia si deve investire in qualcosa che sia cloud ready e non nelle stesse tecnoologie su cui si è investito nel passato,” Per questo HP si è mossa  commercialmente per far sì che nel prossimo periodo molti prodotti e soluzioni per i clienti siano cloud enable. HP, inoltre, ha investito molto sui partner per abiltarli a erogare quei servizi in maniera da far partire il motore del cloud.A disposizione dei partner ci sono già strumenti quali Cloud Builder e CloudAgile.
HP sta portando avanti una serie di iniziative per fare sì che la propria piattaforma cloud sia accessibile a tutti. “Finora per implementare il cloud serviva un investimento notevole. Lo sforzo che ha fatto HP è stato quello di abbassare la soglia di investimento per partire con il cloud. Tra questi come detto il nuovo pacchetto a un prezzo basso per partire cloud ready comprensivo di catalogo e automazione. C’è poi tutta  l’offerta software basata su Openstack", conclude Barbuio.
In conclusione...Il cloud è il mainstram dell’IT. E’ un mercato che nel 2013 è cresciuto del 12% in un mercato Ict in decrescita, ed è destinato a crescere ancora. “In Italia la partita cloud è complessa e legata alla scarsa cultura manageriale.  è legata a scarsa cultura manageriale italiana: ci vogliono manager lungimiranti e illuminati, capaci di stendere un business case, misurare le performance prima e dopo, mostrare opportunità di business non i risparmi", chiosa Mainetti.

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