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Cloud, un fantasma si aggira per l'Italia

Secondo Assinform in Italia nel 2013 si sono spesi nel cloud circa 753 milioni di euro, poco più dell'1% della spesa IT complessiva

Cloud
Gartner prevede che quest’anno la spesa globale in Information Technology possa crescere del 3,2%. Speriamo sia così. Anche all’inizio del 2013 si era previsto una crescita, e anche sostanziosa, del 4,1%. Peccato che il 2013 si sia poi chiuso a +0,4%. Incrociamo le dita.
Ovviamente la media globale è una media ed è un valore che in un momento come questo, di grande trasformazione delle dinamiche a livello planetario, risulta alquanto disomogeneo nelle diverse aree geografiche. L’area di maggiore sofferenza è quella europea dove l’economia nel suo complesso non è riuscita ad uscire da una stagnazione che in questi ultimi due anni è diventata sempre più preoccupante.
L’ultimo rapporto Assinform stigmatizza il quinto anno di decrescita dell’IT tricolore. Come e quanto influisce l’investimento cloud nella spesa complessiva? Per quanto si sia ormai abituati a prefigurare un mercato dalle iperboliche opportunità, dove il nuovo paradigma di servizio sembrerebbe poter diventare il fondamento per un rinascimento dell’IT, se guardiamo alle cifre reali cui attualmente corrisponde la spesa, verrebbe da dire che il futuro del cloud si fonda soprattutto su un grande ottimismo.
O forse è vero che il fatturato cloud è ormai difficilmente tracciabile ed è in gran parte esterno al circuito IT tradizionale? I grandi vendor - vedi Ibm, Hp, Sap, Oracle, Cisco, Emc, Microsoft - generano dall’It as service una cifra infinitesimale rispetto ai  fatturati complessivi, di qualche punto percentuale rispetto al business reale. They ain’t making any money out of it, dicono gli americani.
E’ senz’altro vero che è sempre più difficile tracciare una demarcazione netta tra investimento cloud e non cloud, poiché nell’impresa, soprattutto a livello infrastrutturale, si fa sempre più fatica a comprendere ciò che attiene ed è riferibile alla nuvola. Essendo in prospettiva un mercato ibrido anche gli investimenti diventano ibridi e sempre più difficilmente separabili nell’una o nell’altra dimensione.
Di tutti i dati che vengono forniti dalle società di analisi sul futuribile mercato del cloud poco o nulla risulta realmente credibile. Sono ipotesi, e per lo più ingigantite dalla pressione e interessi marketing che vedono nella nuova dimensione IT la possibilità di re-ingegnerizzare le infrastrutture di data center con una nuova generazione IT di conglomerati server, storage e networking.
Secondo Assinform in Italia nel 2013 si sono spesi nel cloud circa 753 milioni di euro, ripartiti più o meno equamente in una dimensione pubblica e privata e soprattutto in ambito SaaS e IaaS. 750 milioni equivalgono poco più all’uno per cento della spesa ICT complessiva valutata in quasi 60 miliardi di euro. Per quanto il fattore di crescita sia rilevante e corrisponda a un + 32% anno su anno, potremmo dire che il mercato cloud in Italia sia pressoché inesistente.
Jan Zadak, Presidente Enterprise Services HP Emea, intervenuto la settimana scorsa a Milano all’evento HP World, ha affermato che nel 2016 il 75% dell’infrastruttura IT aziendale sarà cloud e che se oggi si valutasse il valore del cloud globale complessivo esso rappresenterebbe la quinta potenza economica al seguito di Cina, Usa, Russia e India. O noi italiani siamo fuori dal mondo, possibile, o forse non ci accorgiamo, nemmeno Assinform, che una parte degli investimenti, più sostanziosi di quello tracciati dall’ultimo rapporto, sono già oggi riconducibili all’It as a service.
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