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Oracle, la ricetta per affrontare l’Era Digitale

Cloud e semplificazione del data center gli elementi principali su cui pone l’attenzione Oracle per la trasformazione delle aziende nel mondo digitale. La squadra manageriale italiana inquadra il fenomeno e spiega la strategia societaria.

Cloud
Mentre sulla rete rimbalza la notizia delle dimissioni di Larry Ellison dal ruolo di Ceo di Oracle [mantiene la carica di Presidente e Cto, ndr], la nuova squadra manageriale della filiale italiana, la più giovane dell’area Emea, in carica da qualche mese, ha le idee chiare su come supportare le aziende nel processo di trasformazione digitale, facendo leva sulla strategia globale dettata dalla corporation. Ci credono fortemente i tre manager alla guida della società: Fabio Spoletini, già Vp Technology e dallo scorso giugno Country Leader della filiale italiana; Giovanni Ravasio, Country Leader Applications, ed Emanuele Ratti, Country Leader Systems. Tocca a loro spiegare l’attuale momento di forte dinamismo che caratterizza i tempi moderni, trasferendo il senso d’urgenza sul digitale per il nostro Paese, non senza fornire la ricetta Oracle e spiegare perché le aziende dovrebbero orientarsi verso di essa.
Cosa succede alle aziende italiane che devono necessariamente portare avanti un processo di trasformazione nell’Era Digitale?
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Fabio Spoletini, Vp Technology e Country Leader della filiale italiana
Lo spunto per introdurre il tema viene dal libro di Jeremy Rifkin ”La Terza rivoluzione industriale a costo marginale zero”. “Stiamo vivendo l’eclissi del capitalismo e la terza rivoluzione industriale che poggia sull’Internet delle cosedice Fabio Spoletini. Oggi al mondo si contano circa 14 miliardi di oggetti connessi; nel 2030 i sensori arriveranno a 300 trilioni. Come consumatori in prima persona avvertiamo che le nostre abitudini e i nostri comportamenti stanno cambiando e influenzano le scelte delle aziende, che devono tenere il passo del cambiamento e trasformarsi. C’è un senso d’urgenza soprattutto in Italia: non si tratta solo dell’impatto del business digitale ma anche di una situazione di crisi per cui la ricetta per uscire riguarda un processo accelerato di trasformazione digitale trasversale a tutti i settori”. Spoletini continua: “Fare business in digitale significa utilizzare qualsiasi tecnologia digitale per promuovere, vendere e abilitare miglioramenti e innovazioni di prodotto, di servizio e di processo e la chiave del successo sta nel convertire i dati in valore. Nel mondo digitale, infatti, è presente una mole di dati enorme da cui le aziende devono riuscire a trarre valore, per essere il più efficace possibile per i clienti. E’ il fenomeno del Big Data. Nell’era digitale inoltre le persone e le cose sono always on, ovunque e sempre connesse alla rete. Il digitale riapre le sfide sul mercato mettendo a rischio i modelli di business tradizionali. Inoltre, cambia il processo decisionale nelle aziende: Cmo e Cio devono colloquiare e lavorare in sinergia. Si apre anche il confronto bottom up; nelle grandi e medie  aziende sono in atto processi social per ascoltare i dipendenti. Le aziende sono alla ricerca di idee, in termini di business, efficienza operativa, social corporated leadership...si è aperto un canale di ascolto; oggi il dipendente è il consumer. La stessa Oracle ha lanciato al proprio interno il programma ‘Mission Red’ al fine di ascoltare i dipendenti. Oggi, infatti, esiste la possibilità di avere una proliferazione di idee molto più ampia rispetto al passato; non esistono barriere d’ingresso, da qui il costo marginale zero. E poi c’è la potenza. Entrare sul business digitale permette di ragionare in ottica globale. “La potenza del digital business abbatte i confini locali e rende esponenziali la potenzialità di un’idea e di un business vincente”, enfatizza Spoletini.
Il digitale apre inoltre a nuovi trend e fenomeni tecnologici che sono irreversibili: mobile, social, cloud, Big Data, Iot.. 

Italia e dintorni
“Nel nostro Paese spesso la digitalizzazione viene associata alla disponibilità di fibra. Tutto ciò però riduttivo. L’indicatore a cui fare riferimento - secondo Spoletini, è il consumer. Sono i 12,3 milioni di smartphone e i 3,4 milioni di tablet che hanno superato le vendite di notebook in un mercato b2c in crescita del 17% del valore 11,3 miliardi di euro (sono 16 milioni gli italiani che hanno acquistato online negli ultimi tre mesi), 80 milioni gli oggetti interconessi, in un mercato Iot del valore di 1,43 miliardi di euro in crescita del 13%. E’ il consumer che detta le regole del gioco. Senza dimenticare che è in atto un cambio generazionale”. E l’impatto di questa rivoluzione nelle aziende è, e sarà, dirompente. Non tutti sono pronti a ciò. “Le aziende italiane devono cambiare pelle. Non è un Bing Bang, ma un percorso. E’ un’onda molto potente, che va gestita per non venirne travolti. Deve però maturare una forte consapevolezza di quello che è il senso di urgenza e deve strutturarsi una vera strategia”, rimarca.
Alcune dati aggregati mostrano che il senso di urgenza non è ancora così evidente non solo in Italia. Da dati Sloan/Review, Mit 2013 emerge che il 27% degli executive a livello mondiale ritiene che la digital disruption è una questione di soppravvivenza. Secondo la ricerca Capgemini -  Digital Talent Gap Survay il 46% delle organizzazioni sta investendo in competenze digitali. A questo proposito da sottolineare che nelle aziende sta emergendo la figura del Data Scientist, con l’obiettivo di aiutare le aziende a trarre valore dai dati. Non è una figura prettamente tecnica, ma un ponte tra tra business e tecologie. Con Luiss Business School Oracle è impegnata in un Master al fine di formare figure di questo tipo.

Ma cosa significa tirare fuori valore dei dati, trasferendo quindi il concetto di digitalizzazione e di Big Data alle aziende?
La digitalizzazione impatta principalmente su tre aree: Customer Experience al  fine di profilare al meglio i clienti e differenziarsi nel servizio a loro offerto per essere il più efficaci possibile; Operational Improvement, che con Iot, M2m, automazione dei processi, cloud,...consente di ottenere maggiori efficienze; nuovi modelli di business.  

[tit:La strategia di Oracle]
La ricetta Oracle per la Digital Era si focalizza in modo pragmatico sui processi aziendali e su dati/informazioni. Nel primo caso una particolare attenzione va a temi quali social/mobile/cloud mentre in relazione a dati/informazioni il focus va alla trasformazione del data center attraverso cui erogare i servizi.
Per Oracle rivedere i processi di business in chiave digitale significa guardare al cloud computing come paradigma di accelerazione al cambiamento: “Il cloud standardizza i processi, abbatte la complessità, avvicina al business, è veloce, flessibile, efficiente e non richiede investimenti iniziali che potrebbero rappresentare una barriera al cambiamento”, spiega Spoletini.
Da parte sua il Data Center, come elemento abilitante nell’era digitale, invece, nei disegni Oracle deve essere: performante – per reggere un numero di interazioni di ordini di grandezza maggiori rispetto al passato; real-time su dati e processi; sempre disponibile; sicuro; in grado di gestire grossi e differenti volumi  di dati; capace di gestire nuovi workload, non sempre predicibili. La strategia complessiva di Oracle poggia sul concetto di semplificazione, che fa leva su due elementi portanti: uno stack completo di prodotti - best-of-breed, aperti, in grado di gestire al meglio l’integrazione verticale, con extreme performance e sistemi ingegnerizzati; e il cloud completo - on premise, privato, pubblico e ibrido:Annunceremo il più vasto portafoglio di offerta in cloud, con l’impegno che tutti i prodotti on premise siano disponibili anche in cloud”, sostiene Spoletini. E prosegue: “Le aziende vedono nel cloud un vantaggio competitivo nel loro processo di trasformazione e il fattore differenziante di Oracle oltre alla completezza dell’offerta sta nella capacità di deployement. Oracle è in grado di fornire tutte le forme di cloud e la chiave del successo sta nella definizione di una strategia ibrida, dando la massima flessibilità e interoperabilità”. 

E’ l’ora del di full cloud
E’ Giovanni Ravasio a dettagliare la strategia cloud di Oracle: “Oracle è fornitore dell’infrastruttura di 9 dei 10 più grandi cloud provider al mondo; ha l’offerta più ampia sul mercato, ha clienti in cloud ibrido e vanta il Marketplace, l’application store enterprise in cui è possibile trovare le applicazioni di numerose aziende che hanno sviluppato applicativi completamente integrati con il pubblic cloud di Oracle”.
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Giovanni Ravasio, Country Leader Applications
Guardando al cloud, in Italia Ravasio indica un mercato che sta evolvendo velocemente. “Il cloud è trasversale a tutti i settori merceologici, coinvolge le aziende pubbliche e private, grandi, medie e piccole. Parla il linguaggio del business, è standardizzazione dei processi. Non è un salto tecnologico ma un abilitatore del business e un acceleratore dell’innovazione”.
Per Oracle significa fatturato e clienti in crescita, a un ritmo del 25% e un’incidenza sul business totale per un 3%. E da questo mese Oracle parla di ‘full cloud’. “E’ una grande opportunità per le aziende italiane, soprattutto quelle medio-piccole, a cui offriamo in cloud l’offerta applicativa - Erp, BI, planning, procurement, sales, marketing, social engagement...
E l’enfasi va anche al Marketplace: Un modo moderno di pensare l’ambiente di sviluppo e gli applicativi dei clienti. E’ un marketing tool che non richiede fee, dà visibilità globale agli Isv e ai partner che sviluppano l’applicativo ed è direttamente accedibile dal mercato italiano e non”. Già, i partner: “In questo disegno i partner giocano un ruolo fondamentale, diventando fattore critico di successo. Dopo un approccio timido sul cloud, molti ora stanno investendo e con noi portano ai clienti un messaggio di come trasformare l’IT in chiave moderna”, afferma Ravasio. Tra le novità da citare anche Oracle Customer2Cloud , un processo attivato da qualche mese che riguarda la maintanance in ambito HCM e Crm; offre un’analisi di dettaglio con i clienti e trasforma il servizio cloud, riducendo il time to market - questione di giorni - e dà possibilità alle aziende di sperimentare, fare test senza spese ingenti.
Le ultime novità in materia cloud annunciate nel corso dell’imminente Oracle OpenWorld saranno presentate a Milano il prossimo 21 ottobre nel corso dell’appuntamento “A modern cloud for a modern business”.  

Il data center moderno è software defined
E poi c’è il data center. Oggi il processo di ottimizzazione dei data center è arrivato a un punto critico: da una parte le aziende devono innovare ma sono alle prese con un’ulteriore necessità di riduzione dei costi e gestione di workload molto differenti.
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Emanuele Ratti, Country Leader Systems
“E’ il momento della terza piattaforma, che succede alla prima rappresentata dal mainframe, e alla seconda che si identifica nel client/server. E’ una piattaforma che riguarda miliardi di utenti, trilioni di smart device collegati, con workload differenziati e complessi, con device e applicazioni mobili e in cloud, e impredicibilità dei carichi, che porta a una richiesta di capacità computazionale estremamente variabile. Il grosso problema non è più sullo strato di computing ma si sta abbassando a livello di networking e di storage”,
introduce Emanuele Ratti. Sulla terza piattaforma poggiano i nuovi workload che vanno sotto l’acronimo Smac - social, mobile, analitycs, e cloud - che stanno modificando l’assetto dei data center e della capacità computazionale. Prima i workload erano prevalentemente ascrivibili all’area transazionale (circa il 70% - Erp, Scm, Crm, …); oggi la distribuzione è molto diversa: secondo Idc il carico transazionale pesa il 36%, mentre si fanno spazio workload in crescita che riguardano: Archiving (32%, compliance, data retention,  ), Content serving (19%, stremaing video, Vdi, web serving & backup); High Performance Computing (10%), Big Data/analitycs (3%). Tutto ciò sta impattando sulla struttura dei costi. “Da qui ai prossimi anni occorre chiudere un gap sui costi del data center da recuperare all’interno dei sistemi informativi”, dice Ratti.
Nel tempo i data center di seconda generazione per rispondere a richieste di maggiori prestazioni del business hanno reso molto più complessa la parte di networking, e di conseguenza, il canale di comunicazione tra la parte di computing e quella di storage, determinando in azienda la presenza di silos, dove si sono create moltissime inefficienze e alimentato ulteriormente l’incremento dei costi.
Anche in questo caso la ricetta Oracle punta a: semplificazione, integrazione verticale e hardware e software ingegnerizzati per lavorare insieme con l’obiettivo di dare una risposta adeguata al business e costruire la nuova piattaforma per l’erogazione di servizi e di modernizzare i data center costruiti nel passato per renderli interoperabili con la nuova piattaforma dell’era digitale.
Nel disegno di Oracle il Data Center oggi è software-defined per semplificare le infrastrutture esistenti dei clienti ma soprattutto aumentare l’efficienza all’interno dei sistemi informativi, attraversando i silos. In sostanza, Oracle fa riferimento a un “una singol fabric”, molto potente dal punto di vista hardware, basata su tecnologia  InfiniBand (sulla stessa tecnologia si basano i sistemi ingegnerizzati), 80 GB/s di capacità di trasmissione all’interno, che si collega con tutte le risorse di computing e di storage e dove, hardware e software sono ingegnerizzati per lavorare insieme, mentre lo strato software che sta intorno alla fabbrica permette di fare integrazione tra virtual machine e virtual machine e tra virtual machine e risorse storage. Per Oracle questa è la semplificazione hardware e software, trasferita a livello di networking.
Oracle Defined Data Center è un percorso evolutivo per la semplificazione del data center, un modo con cui Oracle buca i vari silos e mette a disposizione tutte le risorse all’interno del data center per ogni workflow”, sottolinea Ratti.
Guardando alle componenti principali dell’offerta societaria, da citare: Oracle Virtual Computing Appliance, l’appliance più recente rispetto ai sistemi ingegnerizzati per realizzare Iaas, soluzione chiave in mano per consolidare workload piccoli e legacy indipendentemente dalla piattaforma operativa; Oracle Enterprise Cloud Architecture, la risposta per carichi di workload medi; Oracle 3-Tier Architecture relativa allo storage, una proposta hardware e software ingegnerizzata, che porta il tape all’interno dello storage del cliente agendo fisicamente sul troughput tra tape e storage.
E in termini di semplificazione e integrazione vanno citati i sistemi ingenerizzati (10 mila macchine vendute a livello mondiale) – Exadata, Exalogic, Exalytics, SuperCluster. “Sono la punta di diamante dell’offerta Oracle per la gestione dei workload di nuova generazione - come next generation portal & pervasive security le e Oltp estremo – e per l’information management con la piattaforma dati completa per la gestione delle informazioni”.
Questi i tasselli portanti di una strategia che nei prossimi giorni si arricchirà di elementi aggiuntivi nel corso dell’annuale appuntamento Oracle OpenWorld a San Francisco, che ogni anno vede riuniti clienti e partner provenienti da tutto il mondo. Non resta che attendere
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