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Virtualizzazione delle reti: un concetto che promette molto

Si parla molto di questi tempi di Software Defined Network. Potrebbe essere questa la base della futura innovazione dell’It.

Cloud
Ultimo anello di una catena che ha già ceduto al fascino della virtualizzazione, dell’automazione o della flessibilità, la rete appare ancora oggi un mammut rispetto alle innovazioni introdotte con il cloud computing. Mentre in molti ambiti qualche minuto potrebbe bastare per ridimensionare un’infrastruttura hardware o software (provisioning di macchine virtuali, evoluzione delle configurazioni e così via), occorrono ancora lunghi interventi, spesso manuali, per far evolvere un’architettura di rete. Se ne può dedurre che anche la rete dovrà passare all’era del virtuale, un concetto che oggi è conosciuto con il nome di Software-defined networking (Sdn).  

Dal 2012, un’idea che si rafforza
L’idea, nata a partire dal 2012 con il consolidamento degli attori sul mercato, cela la promessa di separare i dati dall’infrastruttura fisica e facilitare così la programmazione dei flussi sulle reti. Essa implica anche l’utilizzo di standard, come il nuovo protocollo OpenFlow, che favorisca una gestione e automazione dei sistemi centralizzati via Api di controllo anch’esse standardizzate. In questo modo, là dove prima occorrevano anche settimane di intervento per riconfigurare o far evolvere una rete, ora può essere sufficiente qualche minuto con un Sdn controllato a un punto unico. Molto promettente per le imprese e gli utenti in generale, Sdn relega tuttavia gli apparecchi di rete al ruolo di commodity e questo non può piacere ai produttori. Malgrado le resistenze e la giovane età della tecnologia, il software-defined networking ha avuto un ottimo sviluppo lo scorso anno, quando i grandi attori dell’It hanno iniziato a rafforzare la propria offerta tramite acquisizioni. VmWare si è assicurata Nicira e lo stesso vale per Oracle con Xsigo, Brocade con Vyatta, Cisco con vCider e Juniper con Contrail. Non può quindi essere sorprendente che gli analisti prevedano una forte crescita del comparto: Idc, per esempio parla di un giro d’affari di 310 milioni di dollari per il 2013, ma di ben 3,7 miliardi di dollari per il 2016.  

Un’opportunità di sviluppo per l’Internet delle cose
Al concetto di Sdn è stato associato quello di “Cisco killer”, per sottolineare la possibile fine del dominio dei produttori di soluzioni proprietarie, come appunto il leader del networking. Standardizzando le Api e i protocolli, l’Sdn consentirà in effetti di supportare hardware di diversi costruttori all’interno di una stessa rete. Quindi, nonostante la citata acquisizione dello scorso anno, Cisco non dovrebbe vedere troppo di buon’occhio la crescita di questo concetto, visto che sull’hardware di rete sta ancora costruendo molte delle proprie fortune. Lo dimostra anche il fatto che per molto tempo il vendor non ha sposato la definizione corrente, preferendo parlare di “programmabilità” dei propri dispositivi. Ora la pillola sembra essere stata digerita e già si vedono indicatori che fanno pensare che Cisco intenda prendere il controllo anche di questo sviluppo. Di recente, infatti, ha dichiarato che l’Internet delle cose, un mercato anch’esso promettente, non potrà fare senza la disponibilità di reti più intelligenti e molto più flessibili…
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