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I primi tre anni di OpenStack

Il progetto di cloud open source conta oggi su una comunità di 10mila membri e 235 aziende coinvolte a vario titolo.

Cloud
Il progetto OpenStack è nato ufficialmente nel giugno del 2010, inizialmente con il supporto di RackSpace e della Nasa. Dunque, ricorre in questo periodo il terzo anniversario del varo di una piattaforma di Infrastructure-as-a-service (IaaS) open source, che, pur in questo breve lasso di tempo, ha trovato rapidamente adepti e sostegni a vario titolo. Proposta sotto licenza Apache, la soluzione conta oggi su una comunità di oltre 10mila membri e 235 aziende (organismi pubblici, vendor, utenti finali) sono in qualche modo coinvolte nello sviluppo. Intel, Red Hat, Citrix, Hp e Dell fanno parte del lotto dei più attivi sostenitori.
L’ultima versione di OpenStack, denominata Grizzly, è il frutto degli interventi di oltre 1.000 collaboratori e si compone di 1,28 milioni di linee di codice (la prima release ne contava 44mila). Quest’ultima release ha aggiunto, fra l’altro, il supporto degli hypervisor Esx e Hyper-V, un servizio di gestione delle identità, il supporto più esteso dello storage a blocchi e maggiori funzionalità di rete.
Fra i principali punti di forza della piattaforma, molti riconoscono la flessibilità di dimensionamento, soprattutto con la possibilità di modificare a caldo le risorse cloud. Quello che ancora manca, secondo diversi osservatori, sono i grandi clienti e questo appare un limite non trascurabile nel momento in cui i concorrenti “proprietari”, come Amazon Web Services o Google Cloud Platform, ma anche Microsoft Azure o VmWare vCloud Hybrid Service, si stanno orientando pesantemente proprio sul mondo enterprise. Gli sviluppatori della comunità sono comunque al lavoro per ampliare la funzionalità di OpenStack, a cominciare dalla prossima disponilità del Database-as-a-Service e un’opzione di non virtualizzazione per l’implementazione.
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