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I fattori critici della trasformazione digitale

Trasformazione digitale, Massimo Palermo, country sales director di Avaya Italia individua i fattori critici di questo percorso

Mercato e Lavoro
* Intervento a cura di Massimo Palermo, Country Sales Director Avaya Italia

Dopo aver presentato le 10 previsioni per il 2016, IDC, il primo gruppo mondiale specializzato in ricerche di mercato in ambito IT e TLC, ha ribadito che le imprese si trovano ormai ineluttabilmente di fronte alla scelta “trasformarsi o sparire”, poiché nei prossimi anni sarà la digital transformation a guidare “tutto ciò che è rilevante nel settore IT”.

Il messaggio è forte e chiaro, e deve necessariamente risuonare come un allarme per molte aziende, che sono così obbligate a ricordarsi della strada, lunga, tortuosa e, per certi versi, leggermente scoraggiante, che si apre davanti a loro, considerato che questa necessità spinge a cercare nuovi vantaggi competitivi attraverso nuove offerte di prodotti e servizi, a valutare nuovi modelli di business, cercare nuovi clienti e sviluppare nuove relazioni con i clienti stessi, i fornitori ed i distributori.

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Moltiplicare le possibilità di successo domani non significa solo avere la capacità di utilizzare le tecnologie abilitanti dell’economia digitale come mobile, cloud, big data, IoT, ma le imprese devono mettere in atto ove necessario una discontinuità nelle loro strutture organizzative, processi e sistemi tradizionali.

Nell’intraprendere il cammino verso la trasformazione digitale, è bene che un’azienda consideri una serie di aspetti, prima di catapultarsi quindi in questo viaggio: quale strategia, quale percorso si vuole seguire, quando e dove fermarsi per poter fare un primo bilancio della situazione e fare un aggiustamento della strategia, quanto deve durare il viaggio.

Durante il processo di pianificazione, è altrettanto fondamentale che l’azienda prenda in considerazione tutti gli ostacoli che potrebbero bloccarla. Per aiutare le aziende a prepararsi per questo viaggio, vorrei provare a evidenziare quelli che, a mio avviso, sono i cinque principali fattori che possono inibire la Digital Transformation, e che quindi, se non ben indirizzati, possono rendere questo viaggio molto tortuoso se non proprio incerto nell’esito.

Processi manuali – “L’automazione è una grande opportunità per le imprese digitali, oltre che un’opportunità per i dipendenti di distaccarsi dai vecchi compiti svolti manualmente, che per loro natura rallentano il ritmo aziendale, portandolo a una ‘velocità umana’, che per definizione sarà inferiore a quella digitale e che aumenta la probabilità di commettere errori. Grazie all’automazione, le imprese potranno beneficiare di processi più fluidi e affidabili, che si svolgeranno alla ‘velocità del digitale’. I processi manuali limitano i risultati che si possono ottenere dagli altri investimenti effettuati a livello aziendale, anche quando si ha la certezza che questi siano innovativi e assolutamente coerenti con la propria strategia di trasformazione digitale. Senza il supporto dell’automazione a guidare le attività aziendali, si sarà sempre costretti a “collegare “ manualmente quei processi (molti dei quali essenziali per l’azienda) che coinvolgono o attraversano le varie componenti dell’impresa, come ad esempio, piattaforme e applicazioni utilizzate in dipartimenti o unità diversi, in varie località. Tradizionalmente, questo modo di agire lascia a disposizione poche risorse per concentrarsi su quello che è il disegno più grande – e, oserei dire, più importante – dell’impresa digitale, ossia come utilizzare la tecnologia in maniera innovativa per ottenere un vantaggio competitivo”.

Sistemi rigidi – “Molte aziende sono colpevoli, oggi, di voler mantenere sistemi legacy troppo a lungo, pensando ‘visto che funzionano ancora, possiamo andare avanti così’. Spesso questi sistemi sono il risultato di investimenti effettuati negli anni passati, che devono essere ammortizzati a tutti i costi anche se ormai superati e inadeguati per il raggiungimento degli obiettivi aziendali attuali. A mio avviso, i problemi in questo caso sono due: prima di tutto, sappiamo bene che circa l’80% dei budget IT vengono spesi per “non staccare la spina”; in questo modo, però, resta molto poco a disposizione per investire nell’innovazione che davvero guida la trasformazione digitale. In secondo luogo, ma non per questo da considerarsi meno importante, ogni sistema cosiddetto ‘monolitico’ implementato da un’azienda la distoglie dalle sue capacità di trasformazione digitale, poiché spesso è proprio il ‘vecchio’ sistema il limite per cui non si può progredire ed innovare realmente. La rete spesso è proprio l’anello debole dei disegno evolutivo in quanto ancorata a vecchi schemi ed architetture. Possiamo vederla semplicisticamente in questo modo: aggiungere un’app a una vecchia rete nel tentativo di renderla più agile e competitiva equivale ad abbellire la nostra macchina magari con un alettone, sebbene sia molto più necessario dare un’occhiata sotto al cofano e far revisionare il motore.  Oltre che liberarsi di tecnologie e sistemi superati come ad es. database antiquati e sistemi PBX-legacy, le aziende devono anche liberarsi dalla mentalità ‘rip-and-replace’, lavorando per offrire nuove funzionalità agli utenti, che rispondano in tutto e per tutto alle loro esigenze. Non si tratta di aggiornamenti ma di applicazioni, e di introdurre caratteristiche per sottoinsiemi specifici tramite applicazioni ad hoc (snap-in).

Silos informativi e analitics– “Sappiamo tutti qual è il valore dei Big Data e quali sono le potenzialità della data science in termini di cambiamento dello scenario aziendale, specialmente per quello che riguarda la capacità di assicurare una customer experience di livello superiore e la capacità di costruire una visione a trecentosessanta gradi del cliente. Qual è, però, la reale utilità di tutti questi dati, se non si possono condividere e utilizzare all’interno dell’azienda? Per garantire ai clienti un’esperienza all’altezza delle loro aspettative, le imprese digitali si basano sulla condivisioni delle informazione e dei tasks fra le varie divisioni (come ad es.marketing, vendite e customer operations) e le persone. Senza questa trasparenza e questa condivisione l’azienda, considerata nella sua interezza, si trova ad avere una visione molto frammentaria del cliente; il risultato è che i servizi non funzionano in maniera univoca e l’azienda non si accorge di numerose opportunità addizionali di business che potrebbe indirizzare. Quel che serve è quindi un piano strutturato per una condivisione appropriata delle informazioni tra i vari dipartimenti aziendali, che crei una matrice informativa capace di stimolare la chiarezza e la collaborazione necessarie a far nascere quella “visione unica del cliente” dalla quale originare e derivare la trasformazione dell’azienda

Mobilità – “Ogni azienda che lavora per diventare un’impresa digitale non può non mettere il mobile al centro della sua strategia. Secondo quanto condiviso dall’istituto di Ricerca Forrester, sarà probabilmente il mobile a registrare la crescita più rapida tra tutti i canali digitali utilizzati dai brand per coinvolgere i consumatori (38% di Tasso Annuo di Crescita Composto). Per restare al passo con la velocità delle aziende del ventunesimo secolo e competere con quelle organizzazioni che stanno già rafforzando i propri investimenti in queste tecnologie, il mobile stesso deve diventare una delle priorità principali, e deve essere posto al centro di ogni decisione aziendale relativa all’interazione con i clienti ma anche di quelle aziendali fra le funzioni ”. Il mobile è sicuramente la leva tecnolgocica che può permettere alle imprese italiane di accelerare il passo

Sicurezza – “In questo momento la cybersecurity è, probabilmente, l’argomento più dibattuto nel nostro settore, a causa soprattutto dei noti e recenti casi che hanno coinvolto le reti di alcune aziende. Questo tema, inoltre, continuerà a dominare la strategia di business nel campo della tecnologia. Alla conferenza Black Hat, svoltasi ad Amsterdam in novembre, Haroon Meer, fondatore di Thinkst, leader nel settore della ricerca applicata, ha affermato, durante il suo discorso di apertura, che il futuro appare “fosco”, ma molto si può fare per cambiarlo. Partendo proprio da una strategia di sicurezza digitale. Per le aziende che stanno operando la propria trasformazione digitale, il primo passo nella progettazione di una strategia di sicurezza digitale è comprendere esattamente quale potrebbe essere il punto di attacco più interessante o vulnerabile per un potenziale hacker. Partendo da ciò bisogna iniziare a costruire la propria strategia end-to-end. Inoltre, vanno tenuti a mente gli inibitori di cui abbiamo appena discusso. Come elemento chiave di ogni impresa digitale, la sicurezza dev’essere automatizzata, flessibile, olistica e mobile, ma soprattutto agile. Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che complessità e rigidità non si sposano bene con la sicurezza”. Solo una evoluzione “sicura” è in grado di spingere una azienda oltre i suoi confini aiutandola ed incoraggiandola a cogliere le opportunità che derivano dall’economia digitale e dalle applicazioni. Le imprese che alla fine “sicuramente” sopravviveranno saranno solo quelle in grado di evolvere verso organizzazioni digitali. Le imprese capaci di adattare con velocità la propria organizzazione e le proprie applicazioni, migliorando la customer experience dei prorpri clienti e supportando la multicanalità, saranno quelle che otterranno un reale vantaggio competitivo.
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