Secondo un nuovo studio di
F-Secure sull’esposizione delle email dei CEO,
quasi uno su tre dei più importanti CEO è stato compromesso mentre usava il proprio indirizzo email aziendale. In altre parole, mentre stavano usando un servizio a cui avevano accesso con la loro email aziendale alcuni CEO sono stati attaccati e le password utilizzate per quel servizio sono state rubate. Senza opportune pratiche per le password, questo accresce potenzialmente la loro esposizione ad attacchi mirati.
Lo studio “
CEO Email Exposure: Passwords and Pwnage” va a scavare negli indirizzi email di top executive di oltre 200 tra le più grandi aziende in 10 Paesi (Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito e USA).
I ricercatori hanno confrontato questi indirizzi con il database di F-Secure contenente credenziali rubate a seguito di violazioni di servizi online.
Tra le varie scoperte è emerso che:
- Linkedin e Dropbox sono i servizi più comuni usati dai CEO che sono stati violati e a cui è collegata la loro email aziendale.
- I Paesi con la più alta percentuale di CEO che hanno collegato le loro email a questi servizi (che sono stati poi violati) sono la Danimarca con il 62% e i Paesi Bassi con il 43%.
- L’81% dei CEO ha visto esposti online i propri indirizzi email e altre informazioni personali come la date di nascita, gli indirizzi di residenza, e i numeri di telefono, in liste di spam o database marketing rubati.
- I Paesi con il più grande numero di CEO esposti su liste di spam o liste marketing sono i Paesi Bassi, seguiti da Regno Unito, e USA, tutti al 95%.
- Solo il 18% di CEO non registra alcuna perdita associata con il proprio indirizzo email.
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Questo studio sottolinea ancora una volta l’importanza di una appropriata igiene delle password,” ha spiegato Erka Koivunen, Chief Information Security Officer di F-Secure. “
Le credenziali di un CEO possono andare perse anche quando non ha fatto nulla di sbagliato. Possiamo infatti assumere che molti dei servizi per cui abbiamo creato un account siano già stati compromessi e le nostre vecchie password siano là fuori su Internet, in attesa di attaccanti motivati che vogliano usarle per sferrare attacchi contro altri servizi.”