La Commissione Bilancio della Camera
ha approvato la cosiddetta "web tax" tanto temuta dalle aziende del mondo digitale italiano e non. Ma si tratta di una web tax letteralmente dimezzata,
ridotta al 3 percento invece del 6 previsto inizialmente, e limitata alle cessioni di servizi. Si salvano quindi le attività di ecommerce, con una web tax che quindi
va a colpire essenzialmente l'advertising online gestito dalle grandi imprese (interessa solo le entità che effettuano oltre tremila transazioni di servizi nell’anno solare). Ma potenzialmente
anche il cloud, quindi c'è bisogno di una maggiore chiarezza. L'intenzione è definire precisamente entro il prossimo aprile quali servizi tassare.
La web tax italiana è stata concepita in parte per compensare la
mancanza di una legislazione europea in merito alla tassazione di alcuni servizi digitali. L'Unione Europea vorrebbe che gli Stati membri non seguissero questa strada delle legislazioni locali, ma la definizione di una normativa comunitaria viene
frenata dai Paesi che vogliono ospitare i grandi giganti del web e dell'economia digitale, come Irlanda, Malta o Lussemburgo.
La Commissione Bilancio ha anche esteso il superammortamento al 140 per cento a
nuovi beni immateriali, tra cui le soluzioni per la realtà aumentata o virtuale e le piattaforme e applicazioni in logica IoT per il coordinamento della logistica.