Molte aziende si stanno avvicinando alle loro prime vere implementazioni in stile
Internet of Things, andando oltre i progetti pilota che sono fioriti in questi ultimi anni. Approcciare
l'IoT in produzione significa anche fare una scelta architetturale ben precisa, stabilendo se l'elaborazione dei dati raccolti sul campo (in senso lato) debbano essere elaborati
localmente o centralmente. Le due strade sono sempre state presenti nell'evoluzione dell'IoT, quella dell'elaborazione centralizzata si è fatta in questi mesi più appetibile per la nasciti di diverse piattaforme cloud ad hoc.
L'elaborazione in cloud dei dati raccolti in locale è già l'
approccio dominante per i sistemi IoT consumer, ad esempio quelli di Smart Home per la sicurezza, la climatizzazione o la domotica. In campo business
la questione è meno ovvia. I dati raccolti sono informazioni aziendali spesso critiche,
da proteggere adeguatamente. Inoltre possono richiedere reazioni in tempo reale, anche secondo procedure ben definite e con precisi requisiti in termini di sicurezza e compliance.
Se si usa una piattaforma cloud, questa deve quindi essere
prima di tutto sicura e reattiva, ovviamente con esigenze diverse a seconda delle singole implementazioni. Premesso questo, per molte imprese il cloud ha anche in campo IoT il vantaggio della
semplicità. Non c'è da costruire una propria infrastruttura pensata per l'IoT ma ci ci appoggia a
quella del proprio vendor preferenziale, probabilmente quello che già ci fornisce applicazioni o servizi cloud in campo industriale.
La promessa delle piattaforme cloud per l'IoT è anche quella dell'
interoperabilità. Attraverso il cloud dovrebbe essere più semplice interfacciare il proprio sistema IoT
con piattaforme esterne e con un gran numero di dispositivi e macchinari (purché compatibili). Questo aspetto conta anche per la parte analitica, se l'azienda utente vuole
combinare i dati raccolti in produzione con quelli provenienti da fonti diverse ed esterne.
Infine, come qualsiasi piattaforma cloud anche quelle destinate all'IoT non obbligano l'azienda utente a
preoccuparsi di patch, estensioni e aggiornamenti. Se il provider scelto è adeguato, cura tutti questi aspetti in maniera ottimale e così rappresenta
un investimento protetto nel tempo.
Quando è meglio in locale
Il cloud ha sempre un punto potenzialmente debole: per quanto sia ben costruito, un servizio cloud
non ha valore se è impossibile raggiungerlo perché non c'è una connettività adeguata. Ecco perché molte implementazioni Internet of Things saranno
comunque on-premise, laddove ci sia un rischio anche minimo di prestazioni insufficienti e invece la necessità di essere sempre connessi.
Pensiamo ad esempio agli
impianti industriali che si trovano in zone poco o affatto connesse a Internet. In questi casi un sistema IoT che si limiti a raccogliere dati può anche fare affidamento sul cloud come risorsa intermittente. Non può, invece, se si ha bisogno di
analisi dei dati in tempo reale e
magari anche di reazioni immediate. Se si verifica un malfunzionamento di un sistema, non si può aspettare che un cloud remoto risponda anche solo dopo un paio di secondi. Anche una connettività presente ma via satellite potrebbe avere una
latenza eccessiva.
Questo è l'ambito del cosiddetto
edge computing, un campo in cui molti vendor stanno investendo con decisione e che è destinato a evoluzioni importanti anche grazie allo sviluppo di
componenti e sistemi sempre più miniaturizzati e allo stesso tempo potenti. Tanto che secondo IDC la metà circa dei dati relativi a sistemi IoT sarà elaborata in locale.
Certo non è necessario fare una scelta di campo "totale". Le implementazioni IoT in cloud o in locale
non sono totalmente alternative. Spesso la soluzioni ideale è intermedia fra le due, un
cloud IoT ibrido in cui parte delle informazioni viene gestita localmente e parte
viene inviata al cloud. È una architettura che è stata definita già agli albori dell'IoT come mezzo per contenere il traffico dati tra centro e periferia della rete, ora serve soprattutto a garantire che i dati
siano elaborati dove è più opportuno a seconda delle specifiche esigenze applicative.