Molte aziende del manufacturing hanno sposato i principi del modello Industry 4.0 puntando tra l'altro a quelle che si definiscono
Digital Supply Network (DSN): supply chain che vanno dalla progettazione di un prodotto alla sua manutenzione e in cui c'è un elevato
scambio di informazioni digitali. Manutenzione predittiva, digital manufacturing,
smart factory, connected customer sono solo alcune delle tematiche e delle funzioni che in vario modo vengono abilitate dalle DSN.
Ma in questa corsa verso il manufacturing (e non solo) digitale si stanno mostrando diverse
incoerenze pericolose, spiega ora
Deloitte in base a
uno studio che ha condotto con la Manufacturers Alliance for Productivity and Innovation (MAPI). La prima e fondamentale è che le aziende
pensano di essere più avanti di quanto effettivamente non siano. Il 51 percento del campione ritiene infatti di avere un livello di "DSN maturity" superiore alla media, ma solo il 28 percento ha effettivamente iniziato a implementare soluzioni di tipo DSN.
Un'altra importante questione che emerge dallo studio è che tra le iniziative di sviluppo collegate alle DSN e da mettere in atto nei prossimi 12 mesi spicca (36 percento di citazioni, secondo solo al demand planning) il
miglioramento dell'infrastruttura tecnologica. Questo passo però non può essere una iniziativa: è piuttosto un
prerequisito per implementare effettivamente soluzioni di DSN, peraltro
non banale per le molte imprese che non hanno fondi sufficienti per un miglioramento tecnologico su larga scala.
Forse anche per questo, le tecnologie su cui stanno investendo maggiormente le aziende del manufacturing sono vecchie conoscenze:
analytics, cloud, modellazione, IoT. Restano in coda altre che invece avrebbero molto senso nell'ottica della condivisione sicura delle informazioni (come ad esempio
blockchain) o di processi sempre più digitali (come la
stampa 3D).
In parte questo è dovuto a un fenomeno
poco tecnologico ma culturale: è facile intuire i benefici di una DSN ma è difficile valutarne precisamente il ritorno economico e, di conseguenza, ottenere l'
approvazione del top management per l'avvio di progetti davvero evoluti e "disruptive". Si preferisce quindi puntare su tecnologie più comprese e con un ritorno sugli investimenti più evidente. In particolare le grandi imprese, sottolinea Deloitte, fanno fatica ad
abbandonare tecnologie e processi noti e collaudati per affidarsi al nuovo.
E anche chi riesce a farsi approvare progetti più o meno innovativi non ha risolto tutti i suoi problemi. Quando indicano gli
ostacoli più importanti nell'avvio delle inziative collegate alle Digital Supply Network, i manager appaiono come navigatori senza una mappa, una nave solida e un equipaggio preparato. Mancano infatti le
competenze necessarie all'esecuzione del progetto, ma spesso anche la
chiarezza su come iniziare e da dove, con il problema che la "base" IT aziendale su cui poggiare il progetto non è adeguata.
In questo scenario i
consigli di Deloitte per avvicinarsi prima alla creazione delle proprie DSN sono essenzialmente tre e ben noti a chi deve introdurre in azienda nuove tecnologie che impattano su processi consolidati: pensare in grande, partire in piccolo e crescere velocemente.
Pensare in grande perché i vantaggi più importanti delle reti digitali si possono cogliere solo tenendo presente che si deve arrivare a una rivisitazione completa della supply chain lineare tradizionale.
Partire in piccolo perché i fondi ormai sono pochi per tutti e conviene iniziare con progetti mirati che portino un ROI tangibile ed a breve termine.
La parte più complessa è probabilmente quella della crescita veloce, lo
scale fast. Una volta che un progetto ha dimostrato la sua validità, bisogna estenderlo a tutta l'impresa cercando di ottenere subito le risorse necessarie. In questo conta riuscire a presentare tatticamente il progetto come un
elemento di differenzizione competitiva, introducendo gradualmente le DSN come un elemento strategicodi più ampio respiro.