Noi lo chiamiamo Nettuno. Ma nel mondo anglosassone è
Neptune. Come il nome dato da
Lenovo alle nuove tecnologie sviluppate per
migliorare l’efficienza dei data center, senza comprometterne le prestazioni e senza ridurne la densità. Presentato in occasione dell’International Supercomputing Conference (ISC), svoltasi dal 24 al 28 giugno a Francoforte,
Neptune costituisce un approccio olistico al raffreddamento a liquido dei data center, con l’idea di migliorare l’efficienza fino al 50 per cento.
Più in dettaglio, si tratta di un “tridente” di tecnologie di raffreddamento: quello ad
acqua non refrigerata DTN (Direct-to-Node), lo
scambiatore di calore “rear door” RDHX e le
soluzioni ibride TTM (Thermal Transfer Module), che combinano il raffreddamento ad aria con quello ad acqua. Queste soluzioni hardware avanzate sono sostenute dal
software EAR (Energy Aware Runtime) di Lenovo che ottimizza i sistemi per efficienza energetica e prestazioni a partire dai singoli componenti fino allo chassis. Come sottolinea la stessa azienda, Neptune non si può definire come hardware o software, quanto piuttosto un approccio all’uso del raffreddamento ad aria o a liquido per estrarre calore dai sistemi, liberandone il potenziale di prestazioni.
Misurando in termini di efficienza di utilizzo energetico con gli indicatori PUE, ovvero Power Usage Efficiency, utilizzati comunemente nell’ambito dei data center, il cui valore ideale è 1,0, è noto che tipicamente un sistema raffreddato ad aria ha un PUE tra 1,5 e 2,0, mentre una soluzione RDHX avrà un PUE di 1,2 – 1,4. Una soluzione DTN come quella di ThinkSystem SD650 ha un PUE inferiore a 1,1:
l’obiettivo di Lenovo con le tecnologie Neptune è di fare in modo che presto il PUE diventi un parametro altrettanto importante dei gigahertz o dei teraflops nella scelta di una piattaforma di server.
In questo senso, l’installazione delle tecnologie Neptune rappresenta un importante passo verso la riduzione dei consumi energetici complessivi nei data center. Non è quindi un caso se i responsabili delle
installazioni di cluster HPC, per i sistemi con processori che consumano 200W e più, stanno iniziando a prendere in considerazione il raffreddamento a liquido gestito con l’approccio Neptune per governare la massima potenza di calcolo possibile.