Circa tre anni fa Intel e Micron Technology presentavano un
nuovo tipo di memoria che non esitavano a definire rivoluzionaria:
3D XPoint. E le premesse per una portata rivoluzionaria c'erano tutte: nel settore non si registravano novità tecnologiche importanti dalle memorie NAND degli anni Novanta, poi 3D XPoint prometteva di
colmare il gap tra la memoria DRAM tradizionale e lo storage SSD. La velocità della DRAM (o quasi) e l'ampia capacità degli SSD messe insieme, cosa che apriva interessanti possibilità di applicazione in qualsiasi campo.
A tre anni dal lancio di 3D XPoint assume un valore quasi simbolico che in questi giorni Intel e Micron abbiano
annunciato la fine della loro collaborazione tecnologica per metà dell'anno prossimo. È un segno che il cammino della tecnologia 3D XPoint
non è stato proprio quello immaginato dai più ottimisti, soprattutto per Micron Technologies. In parte forse non poteva esserlo, questo però non vuol dire che la tecnologia abbia perso la sua carica innovativa.
Le buone premesse infatti restano e potrebbero concretizzarsi meglio proprio grazie, paradossalmente, alla fine dello sviluppo congiunto.
Per capire meglio la vicenda occorre capire meglio 3D XPoint. Si tratta in estrema sintesi di una
nuova generazione di memorie non volatili, in cui le celle che contengono i bit sono posizionate in una matrice tridimensionale (XPoint sta infatti per “cross-point”) di due strati sovrapposti collegati da conduttori microscopici perpendicolari. Questa architettura, insieme al fatto che non si usano transistor per accedere alle singole celle, garantisce un
accesso molto veloce alle informazioni.
Per dare un'idea, le prestazioni stimate al debutto indicavano una velocità di accesso mille volte superiore a quella degli SSD e
pari a un decimo di quella delle memorie DRAM. Da un certo punto di vista, quindi, 3D XPoint fa
perdere di significato la distinzione tra DRAM e storage: un ottimo punto di partenza ma anche uno scenario completamente nuovo per il quale non tutti erano preparati.
Agli utenti, infatti, 3D XPoint in sé interessa fino a un certo punto. Quello che conta davvero è
cosa ci si può fare e con che tipo di prodotti. In questo senso Intel e Micron si sono trovate per le mani un "mattoncino" di base (un die da 128 Gigabit) con cui hanno capito di
poter fare tre cose: unità di storage concettualmente simili agli SSD ma molto più veloci, memorie di sistema simili alle DRAM ma un po' più lente e non volatili, cache particolarmente veloci da associare a dispositivi di storage lenti.
Intel ha iniziato a seguire tutte e tre le strade, rendendosi però conto abbastanza in fretta che passare dalla teoria di 3D XPoint alla pratica non era semplice e richiedeva il suo tempo. È arrivato comunque un brand commerciale (
Intel Optane) e, a un anno circa dall'annuncio della tecnologia, anche i primi prodotti. Molto diverse le vicende di Micron, che ha definito un suo brand (
QuantX) ma non è andata sostanzialmente oltre. Non è esagerato dire che 3D XPoint
oggi coincide con Optane ed è difficile immaginare che in futuro le cose cambieranno.
Una unità SSD Intel Optane DCLe concretizzazioni più ovvie di 3D XPoint sono quelle arrivate per prime. Innanzitutto unità di storage (commercialmente, la linea
Optane SSD DC P4800X) veloci e studiate per il tipo di applicazioni che meglio potevano sfruttarle, ossia la gestione di grandi database e gli analytics. Poi, anche per dare un appeal più generalista alla tecnologia, soluzioni per il caching "evoluto" dei dischi tradizionali per il mercato potenzialmente di massa: i prodotti
Optane Memory che vedremo diffondersi sui PC di chi cerca prestazioni elevate nella gestione dei dati.
Ma la filosofia di 3D XPoint
prevedeva molto più di questo. L'idea di Intel e Micron era superare la tradizionale gerarchia a due livelli DRAM-storage per arrivare ad una con più livelli a differenti prestazioni, tra cui i dati si spostassero liberamente in funzione della probabilità di essere consultati. Per questo non serve solo uno storage più veloce ma anche una
stretta integrazione tra memorie, storage, processori e controller. La sensazione del mercato è che la complessità di questa integrazione abbia rallentato Intel e messo fuori gioco Micron.
In questo senso la prima vera chiusura del cerchio per 3D XPoint sta nel lancio delle memorie
Optane DC Persistent Memory, che per ora sono nelle mani solo di un gruppo ristretto di aziende tester. Si tratta di DIMM fisicamente compatibili con le normali DDR4 ma basate su die da 128 Gb di 3D XPoint. Con questa novità a disposizione è teoricamente possibile realizzare
architetture a quattro livelli in cui i dati sono spostati secondo necessità tra DRAM, DIMM Optane, SSD Optane e SSD convenzionali (dal supporto più veloce a quello più lento).
Una DIMM Optane DC Persistent MemoryDa qui alla prevista disponibilità di massa delle DIMM Optane (la seconda metà del 2019) Intel e i suoi partner lavoreranno su come ottimizzare l'utilizzo delle DIMM Optane da parte delle applicazioni. Si tratta infatti di un tipo di memoria completamente nuovo
su cui le software house devono lavorare prima di arrivare a utilizzarlo al meglio. Serve anche in questo caso una stretta integrazione tra memorie, software e CPU (le DIMM Optane sono pensate per i processori Xeon SP). L'obiettivo è una
concreta persistenza dei dati a livello applicativo, una funzione molto utile in diverse applicazioni da datacenter.
A questo punto le linee di sviluppo Intel sembrano delineate. Da qui a metà 2019 la collaborazione con Micron resta attiva e porterà alla
seconda generazione delle memorie 3D XPoint, con una capacità per die superiore ai 128 Gigabit. Da allora in poi Intel sarà libera di sviluppare la "sua" tecnologia 3D XPoint e probabilmente puntare a prodotti Optane
sempre più integrati con i suoi processori e le sue piattaforme software. C'è voluto del tempo, insomma, ma probabilmente la promessa di 3D XPoint si sta concretizzando davvero.