L'insuccesso non piace agli imprenditori italiani

Imprenditori e professionisti italiani fanno molta fatica a superare un fallimento, anche se sono consci del fatto che dagli insuccessi si può imparare. Lo rivela una indagine Vistaprint.

Autore: Redazione ImpresaCity

Sbagliando si impara, recita il vecchio detto, ma per gli imprenditori italiani l'insuccesso non è una cosa semplice da digerire. Lo conferma una indagine che Vistaprint ha condotto su un campione di duemila piccoli imprenditori e liberi professionisti di quattro nazioni europee: Francia, Germania, Gran Bretagna e appunto Italia. La percentuale di imprenditori che non accettano il fallimento risulta la più alta in Italia (49 percento), mentre gli altri Paesi si mostrano più tolleranti rispetto agli insuccessi aziendali. In Francia e Gran Bretagna la percentuale scende infatti al 31 percento e in Germania al 18.

È perfettamente comprensibile che un fallimento segni un imprenditore, l'indagine di Vistaprint mostra semmai che il problema è riuscire ad andare oltre un evento così traumatico. Che per gli italiani questo non sia affatto semplice è testimoniato da alcune risposte quantomeno contrastanti. Se ad esempio il 55 percento circa del campione indica che sarebbe pronto ad avviare una nuova attività anche dopo un fallimento, il 23 percento non accetterebbe di avere un socio che è già incorso in un fallimento.

Eppure dai fallimenti si impara, e l'indagine lo conferma. Il modo migliore di superare un fallimento è, secondo gli italiani, imparare dai propri errori (53 percento di citazioni), cercare nuove opportunità (34 percento) e avere una mentalità positiva (30 percento).


Chi è passato attraverso un fallimento (il 28 percento circa del campione di Vistaprint) mostra poi di avere compreso abbastanza chiaramente che alcune cose avrebbe dovuto gestirle diversamente. I quattro aspetti più citati sono stati essere più diretto verso alcune persone (34 percento di citazioni), avere una strategia migliore (24 percento), pianificare meglio in anticipo (22 percento) e comprendere meglio il mercato e la concorrenza (22 percento).

In generale - comprendendo cioè tutto il campione italiano e non solo chi ha effettivamente avuto un fallimento - gli imprenditori nazionali sembrano collegare gli insuccessi aziendali alle condizioni di sistema più che ad aspetti specifici delle imprese.


Le principali cause del fallimento di un'azienda per gli italiani sono infatti le troppe tasse da pagare (69 percento di citazioni) e la situazione economico-politica e macroeconomica (44 percento). Solo dopo si citano l'insuccesso sul mercato del proprio prodotto (39 percento), l'impossibilità di finanziamenti (36 percento, un'altra condizione quasi strutturale) e il disaccordo tra soci (34 percento).

Sulla stessa falsariga si muovono anche le risposte che il campione italiano ha dato a un'altra domanda: quale fosse il problema più fastidioso che hanno affrontato nella loro attività. La maggioranza ha citato ancora una volta le tasse e la burocrazia, poi i dipendenti non idonei, la concorrenza sleale, la lentezza del pagamento da parte degli enti pubblici, i mancati incassi da parte dei clienti.

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