Il settore Internet of Things non sta dando grandi soddisfazioni a Google, almeno per quanto riguarda le piattaforme software per i singoli dispositivi.
Dave Smith, Developer Advocate for IoT di Big G,
ha spiegato infatti che
Android Things, la piattaforma Google lanciata un paio di anni fa proprio per abilitare una nuova generazione di device connessi e smart, ha ridotto di molto le sue ambizioni iniziali.
Android Things sembra avere avuto successo solo come
software per gli smart speaker e gli smart display, motivo per cui in Google hanno deciso di focalizzare, da qui in avanti, la piattaforma proprio su questi ambiti. Android Things sarà quindi utilizzata dai
partner OEM di Google per realizzare prodotti analoghi a quelli indicati, mentre gli altri sviluppi a più ampio respiro non saranno più supportati.
Questo non significa che i
singoli sviluppatori non possano più usare Android Things come piattaforma
di test e sviluppo. Sarà sempre possibile scaricare le versioni di Android Things per le board hardware più diffuse, come i moduli Raspberry Pi, ma è ovvio che
senza il supporto per implementazioni commerciali il "valore" di Android Things si riduce notevolmente.
Android Things, peraltro, non ha mai avuto una vita facile. È l'erede di un altro progetto altrettanto sfortunato -
Brillo - che aveva ambizioni analoghe: diventare una
piattaforma unificante per una vasta gamma di dispositivi smart, in ambito tanto business quanto consumer. Brillo ha debuttato nel 2015 e non ha mai raggiunto una vera massa critica, "rivisitandosi" poi in Android Things.
Google ovviamente non intende abbandonare il mondo IoT. Lo sta affrontando
con molto più successo lato cloud, con piattaforme di sviluppo come Cloud IoT Core e Cloud IoT Edge, attraverso
l'integrazione di Google Assistant con altri servizi nella "nuvola" e con lo sviluppo di componenti di machine learning che si associano facilmente allo sviluppo di smart device.