Gli operatori mobili hanno indicato il 2020 come anno di lancio dei
servizi commerciali 5G. Mancano solo una decina di mesi,
il tempo stringe e il rischio di non mantenere le promesse si sta facendo sensibile un po' per tutti. E spinge ad
alleanze anche impreviste pur di accorciare i tempi di realizzazione delle infrastrutture mobili di nuova generazione. Vale anche per
Vodafone e TIM, che hanno definito un memorandum (non vincolante, ma comunque significativo) che definisce una
potenziale partnership per condividere parte della futura infrastruttura 5G.
Più in dettaglio, l'ipotesi è quella di sviluppare insieme le nuove infrastrutture 5G, condividendo quella che tecnicamente indicano come rete attiva, ossia
principalmente gli apparati che gestiscono il traffico voce/dati e abilitano i vari
servizi a valore aggiunto associati al 5G. Ovunque essi siano installati, si intuisce, quindi dalla rete di accesso a (quasi) quella di core. È chiaro che, lavorando insieme, Vodafone e TIM potrebbero
coprire più velocemente il territorio italiano e lo farebbero, stimano le due aziende, anche ad un costo inferiore.
La collaborazione potrebbe riguardare
anche le infrastrutture esistenti delle reti 4G. È una ipotesi che resta autonoma dalla principale (la condivisione della rete attiva 5G) ma che la complementa bene, perché dovrebbe complessivamente
facilitare la migrazione dal 4G al 5G. È ipotizzabile - ma le due aziende non entrano nel merito - che questa condivisione supplementare agevolerebbe lo sviluppo di servizi "
quasi 5G", se, se gli apparati coinvolti possono essere aggiornati a tecnologie che fanno da ponte tra 4G e 5G.
In generale il vero problema della condivisione
non sarebbe tecnico ma commerciale. Avere una rete 5G "sovrapposta" non dovrebbe obbligare Vodafone e TIM a portare le stesse offerte di servizi sul mercato. Tanto che le due aziende mettono in evidenza come - specie
nelle grandi città, che saranno il primo bacino d'utenza (e banco di prova)del 5G - "ciascuna società potrebbe voler
mantenere flessibilità strategica e assicurare la propria capacità di rispondere alle esigenze dei rispettivi clienti".
L'ipotesi di condivisione in ottica 5G tocca anche un accordo che le due aziende hanno già in essere, legato alla
condivisione delle infrastrutture passive di rete. Al momento Vodafone e TIM "convivono" in circa diecimila torri per la copertura cellulare, ma nel complesso
ne controllano oltre il doppio: 22 mila. Ora l'idea è quella di condividere anche le 12 mila torri "monouso", arrivando a una coabitazione su base nazionale.
La condivisione potrebbe essere anche societaria. Se le loro 22 mila torri di telecomunicazione diventassero realmente tutte condivise, cioè, Vodafone e TIM
le conferirebbero a Inwit, la controllata di TIM che già gestisce le torri di quest'ultima. In tal caso Vodafone e TIM si dividerebbero equamente il capitale e i diritti di governance in Inwit, che a sua volta avrebbe
un bel rilancio come gestore, aperto ad ospitare anche operatori terzi, del principale parco di torri wireless italiano. Non male per un'azienda quotata in borsa ma il cui ruolo viene
messo in discussione ogni volta che TIM definisce un suo piano di sviluppo.
Tutte strategie interessanti, ma
siamo ancora al livello di ipotesi. Per ora il memorandum d’intesa di Vodafone e TIM è solo una dichiarazione d'intenti, per quanto molto importante. Le varie idee di condivisione delle infrastrutture si dovrebbero concretizzare con ulteriori accordi vincolanti, che inoltre sarebbero soggetti alle consuete approvazioni antitrust. Se ne saprà di più nel corso del 2019.