Se si guarda a quanto
Cisco ha fatto durante gli ultimi anni in campo
comunicazione aziendale e collaboration, si nota una sorta di fil rouge evolutivo che unisce gli annunci di prodotto, gli sviluppi tecnologici e anche le acquisizioni di altre società specializzate. Da un lato si nota un progressivo
arricchimento di funzioni che parte dal "vecchio" VoIP per passare alla collaboration per come la intendiamo oggi. Dall'altro lato c'è la necessità di
adeguare le piattaforme a come cambia
il modo stesso di lavorare insieme in azienda, dato che i tool di collaboration servono a poco se obbligano le persone ad adattarsi a loro, e non viceversa.
Alla confluenza di questi due filoni della collaboration oggi, secondo la visione di Cisco, si posizionano le
funzioni di intelligenza artificiale, con tutto quello che si portano dietro per quanto riguarda il machine learning e la data analytics. Portare elementi di intelligenza artificiale alla
collaborazione in azienda - una evoluzione che Cisco definisce in generale
Cognitive Collaboration - ha tre principali valenze: rende più semplice l'utilizzo dei sistemi di collaborazione e videoconferenza, migliora le loro prestazioni, permette alle aziende nel complesso di ottimizzare le sessioni di comunicazione.
Il primo aspetto è ovviamente quello più evidente. Usare i sistemi di videoconferenza e Unified Communication non è mai stato semplice, mentre ora gli utenti si aspettano la stessa
immediatezza d'uso che trovano in prodotti analoghi ma consumer, da Whatsapp allo streaming video in stile Netflix. Cisco
qualche tempo fa aveva fatto passi significativi in tal senso "impacchettando" i servizi enterprise in un'offerta cloud tripartita a marchio Webex: la videoconferenza di
Meetings, la collaboration di
Teams e la comunicazione di
Calling, disponibile sul mercato italiano dallo scorso maggio.
Un'offerta "
cloud first ma non cloud only", come spiega
Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry Digitization Leader di Cisco Italia: "
Non chiediamo ai clienti di fare un salto abbandonando quello in cui hanno investito in questi anni, i servizi cloud possono integrare quello che già hanno, decidendo inoltre cosa attivare in maniera puntuale". Ad esempio, la sede centrale di una impresa può continuare a usare i prodotti tradizionali, mentre per le sedi decentrate si possono adottare, per velocità e semplicità, le soluzioni in cloud.
La Cognitive Collaboration, in sintesi
La Cognitive Collaboration è qualcosa in più: in primo luogo l'utilizzo di
funzioni di intelligenza artificiale per
semplificare al massimo anche i più banali aspetti operativi della collaboration, dall'attivare una sessione di comunicazione alla scelta facilitata degli interlocutori. Come altre aziende, anche Cisco punta in questo caso su un assistente virtuale -
Webex Assistant - con cui si interagisce semplicemente parlando (qui si vedono i frutti dell'acquisizione di MindMeld e delle sue
interfacce conversazionali), comprende cosa vogliamo fare e man mano impara dalle nostre richieste. E anche abitudini professionali, dato che è in grado di esaminare le nostre "relazioni" più frequenti per suggerirci gli interlocutori più probabili.
Cisco vede un fattore importante della Cognitive Collaboration proprio in questa capacità, che le piattaforme Webex acquisteranno man mano, di
cercare e organizzare informazioni contenute nei sistemi aziendali e anche in altri repository pubblici come Facebook o Linkedin, fatte salve le ovvie
considerazioni di privacy. Così, in prospettiva, sarà il sistema stesso di collaboration a
riconoscere gli interlocutori inquadrati, mostrare i loro nomi e farci accedere alle informazioni su di loro che sono conservate nelle directory aziendali (anche di terze parti, via API). O anche nei social network, preferibilmente quelli di stampo professionale (qui entrano in gioco anche le competenze di
relationship intelligence acquisite l'anno scorso con Accompany). Nel complesso, è la funzione che Cisco ha denominato
People Insights.
C'è anche un altro lato della intelligenza artificiale nella Cognitive Collaboration di Cisco. È meno evidente per gli utenti finali perché non è orientata a capire cosa vogliono fare o potrebbero voler sapere, ma comprende una serie di
funzioni mirate di più basso livello (riconoscimento facciale, face tracking, analisi degli spazi, room analytics, controllo audio, analisi dei contenuti, studio delle inquadrature...), in parte eseguite in locale dall'hardware di videoconferenza e non in cloud, che
migliorano in generale l'esperienza del videoconferencing e della collaboration per chi vi partecipa e anche per l'azienda utente.
L'idea di fondo è che, grazie alle loro caratteristiche hardware e software, i sistemi di collaboration possano esprimere (quasi) tutte le loro funzioni
in qualsiasi spazio, non solo nella classica sala conferenze. Anche questo per seguire l'evoluzione degli spazi di lavoro, che sono sempre più flessibili e ottimizzati, e della collaborazione in azienda, che sta diventando - tecnologie permettendo -
più spontanea e meno istituzionalizzata. Questa flessibilità richiede però un
maggiore controllo, altrimenti diventa difficile pensare di avere una collaboration ottimizzata dal punto di vista aziendale. Per questo la parte di analytics della Cognitive Collaboration è rivolta anche all'analisi di come e quanto le risorse di collaboration vengono usate, dando a chi le gestisce le giuste informazioni per migliorare questo aspetto.
Per avere in toto la Cognitive Collaboration di Cisco
ci vorrà un po' di tempo. Attualmente è operativo il Webex Assistant, e solo in inglese, mentre le funzioni di riconoscimento facciale collegate all'identificazione puntuale delle persone in un meeting sono in field trial. La localizzazione dell'assistente virtuale e le altre funzioni cognitive dovrebbero arrivare
nel corso del 2020. Va meglio
lato hardware: tutti i prodotti Webex in commercio da circa un anno hanno il chipset necessario a supportare le funzioni di AI.