Al suo evento clou dell'anno - il
VMworld 2019 - VMware sta presentando diverse novità importanti. Tutte con un denominatore comune: riportare l'attenzione dell'IT su quello che più conta per gli utenti - ossia le
applicazioni - indipendentemente da come queste sono realizzate. Non importa quindi se nel cloud pubblico o privato, in cloud ibrido o classicamente on-premise. Tenendo ovviamente conto che le applicazioni sono
sempre più cloud-native, quindi nascono con una concezione estremamente
modulare.
Le
acquisizioni di Pivotal e, prima, Carbon Black hanno portato alcuni tasselli tecnologici importanti in tal senso. Dal VMworld 2019 viene
una visione più d'insieme. Sempre dedicata allo sviluppo e al supporto delle applicazioni "moderne" ma con un approccio più di piattaforma, in cui rientrano nuovi prodotti e anche soluzioni già lanciate, rivisitate però in ottica di (multi)cloud ibrido.
I vari componenti (ri)organizzati da VMware si occupano delle principali funzioni indispensabili per la gestione e l'orchestrazione degli ambienti cloud. E parallelamente VMware sta rendendo più semplice
"attivare" tutto un data center software-defined usando le sue tecnologie. In particolare con soluzioni dedicate sia on-premise su hardware Dell EMC, sia nel cloud di AWS.
VMworld 2019: vSphere sposa i container
Ma è più interessante esaminare cosa c'è stategicamente "sotto", ossia quale è la strategia di VMware per
mantenere sempre in prima fila le sue piattaforme anche nel prossimo futuro. Anche perché per molti queste restano ancora soluzioni proprietarie, sebbene con un notevole grado di apertura, in una fase in cui le infrastrutture sono sempre più open source. O almeno questo è il mantra di molti concorrenti di VMware.
I tempi però cambiano ed ecco che la novità tecnologica principale di VMworld 2019 è uno sviluppo ancora in essere, ma significativo. È
Project Pacific, un progetto che intende trasformare vSphere in una piattaforma nativa Kubernetes, di fatto
"inglobando" il modello container nella piattaforma che in origine ai container si è contrapposta.
In estrema sintesi, la re-ingegnerizzazione di Project Pacific porterà Kubernetes nel control plane di vSphere, permettendo di
gestire in maniera integrata sia macchine virtuali sia container. Questo vale sia per la parte di esecuzione in senso stretto, sia per quella di gestione. Per VMware il vantaggio di Project Pacific è chiaro: mantenere validi gli
investimenti fatti in vSphere e al contempo poter gestire ambienti applicativi di qualsiasi genere, in particolare cloud-nativi.
Un esempio delle funzioni di gestione abilitate da Project PacificL'evoluzione prevista da Project Pacific
non è banale. Non lo è tecnicamente, come spiega
direttamente VMware. E non lo è nemmeno concettualmente: vSphere non è Kubernetes e non intende diventarlo o
farsi "colonizzare" da esso. Anche perché in tal caso perderebbe una buona parte della sua ragion d'essere.
Un ecosistema per il multicloud ibrido
VMware in generale punta decisamente sul concetto di piattaforma e di ecosistema. I componenti più di basso livello come vSphere ed ESXi ne sono la base indispensabile, ovviamente. Ma sono anche "nascosti" da
un ecosistema di moduli, funzioni e soluzioni mirate che sono poi ciò che l'utente vede e valuta. In questo senso il VMworld 2019 è l'occasione per presentare quella che VMware definisce come "una nuova architettura di fatto per l'IT ibrida".
Si tratta della
VMware Hybrid Cloud Platform. Non è un nuovo prodotto in senso stretto ma una collezione di prodotti, alcuni già esistenti, tutti pensati per eseguire applicazioni in ambienti di cloud ibrido. Qui
la parola chiave è automazione, nel senso che il ruolo principale della piattaforma è rendere
il più possibile automatiche tutte le operazioni, grandi e piccole, che servono a gestire ed organizzare i workload in un ambiente ibrido. L'idea di fondo è gestire gli ambienti ibridi con la stessa (relativa) semplicità dei data center vecchio stile.
Questo avviene anche grazie alla rivisitazione in chiave cloud ibrido di due prodotti già noti:
vRealize Operations e vRealize Automation. Il primo si occupa ora di funzioni quali il monitoraggio delle risorse in ambienti multicloud, l'ottimizzazione delle loro performance, il capacity management, la compliance. VMware vRealize Automation si occupa invece della parte di automazione. In particolare della gestione dei "mattoncini" applicativi - vale a dire applicazioni, macchine virtuali e container - sempre in logica multicloud.
Lato utente, le complessità nella gestione e nell'automazione degli ambienti multicloud vengono demandate a vari componenti mirati. Ad esempio,
CloudHealth Hybrid per la gestione dei costi e della governance in ambienti ibridi, sulla scia di quanto CloudHealth "semplice" già fa per quelli di cloud pubblico.
Wavefront permette invece di avere una visibilità estesa sul comportamento dei componenti applicativi - in particolare dei container - in modo da semplificare le operazioni di troubleshooting nei flussi DevOps. Secondo VMware, Wavefront arriva a momitorare in dettaglio l'esecuzione di oltre 200 mila container simultaneamente.
Sempre per semplificare la vita degli utenti che vogliono creare e gestire ambienti di cloud ibrido, VMware ha tra l'altro potenziato le funzioni di cloud mobility offerte da
VMware HCX. Sulla base di quest'ultimo sono nati i Cloud Migration Services, la cui funzione è identificare i workload che devono "migrare" e gestirne lo spostamento. Di solito dall'on-premise al cloud, ma anche viceversa e tra cloud differenti.
Il ruolo di Tanzu
Tra il presente della VMware Hybrid Cloud Platform e il futuro di Project Pacific si colloca una delle novità del VMworld 2019:
VMware Tanzu. È la prima concretizzazione delle idee alla base di Project Pacific ed è il brand che dovrebbe contraddistinguere i futuri prodotti per la
gestione degli ambienti basati su container e su Kubernetes. O meglio su VMware PKS, la versione di Kubernetes "adattata" al mondo VMware e pronta, secondo la software house, a gestire anche ambienti multicloud di fascia elevata e mission critical.
La famiglia Tanzu
è in evoluzione - non a caso "tanzu" in swahili indica un ramo di un albero che va sviluppandosi - e mira a comprendere vari componenti per la creazione e la gestione di applicazioni cloud-native. Quindi modulari, e infatti VMware collega Tanzu anche al termine giapponese "tansu", che indica un tipo di armadietti modulari.
Per ora la linea comprende solo
Tanzu Mission Control, in versione preliminare. È una piattaforma che permette di controllare tutti i cluster Kubernetes della propria infrastruttura. Indipendentemente da come sono stati attivati: via vSphere, in cloud pubblico, attraverso servizi gestiti, direttamente. Per un
maggiore dettaglio, Tanzu Mission Control può interfacciarsi direttamente con Wavefront.