Trasformazione digitale: perché l’approccio ‘business as usual’ non basta

Le tecnologie non mancano, per una vera trasformazione digitale serve però anche una visione d'insieme che le ponga al centro di una strategia complessiva

Autore: Danilo Maggi

Proprio come la Rivoluzione Industriale del 18mo e 19mo secolo ha cambiato la nostra vita con l’introduzione delle macchine, la Digital Transformation rivoluzionerà le organizzazioni moderne. Attuali modelli di successo diventeranno obsoleti e le imprese cresciute con tecnologie rigide e strutturate basate su processi ripetibili e prevedibili potrebbero trovarsi a dover affrontare la minaccia del “Darwinismo digitale”. Ma per quelle organizzazioni in grado di visualizzare le possibilità offerte da innovazione e creatività data-driven, le opportunità sono lì da cogliere.

Che cosa spinge la trasformazione digitale?

Le forze principali che guidano il business digitale sono tre, la prima delle quali sta modificando la domanda degli utenti. I brand più noti hanno "formato" i clienti in modo efficace affinché utilizzino prodotti complessi per vivere vite più semplici, convenienti e connesse. Anche i dipendenti stanno usando innovazioni digitali per determinare dove, quando, come e perché lavorare. Dimentichiamo Gen-X, Millennial e Baby Boomer: l’età non rappresenta più una determinante nell’adozione della tecnologia, lo è la competenza digitale.

Anche lo scenario competitivo sta cambiando. Le dimensioni, una volta un vantaggio significativo, oggi rappresentano una responsabilità dato che la tecnologia offre ad aziende di qualunque dimensione, anche start-up, di contrastare realtà consolidate. Pensiamo a Uber, Netflix e AirBnB. I negozi tradizionali stanno chiudendo e le strade dello shopping sono sempre più deserte, ora che il retailing omnichannel ha preso piede. Le imprese che non dispongono di una vista unica sui propri clienti sono vulnerabili nei confronti delle nuove realtà emergenti “born digital” che si fanno strada con un approccio customer-centrico basato su servizio e semplicità.

E, naturalmente, la tecnologia continua ad evolvere a una velocità impressionante. Avendo superato lo hype iniziale, il cloud oggi sta dimostrando il suo valore per il business, supportando l’innovazione senza richiedere un drammatico rip-and-replace. La mobilità sta rapidamente diventando un abilitatore di interazioni tra l’utente e le cose, i dati, le persone e i luoghi, non solo un mucchio di app.


Il costo dei sensori in calo e le tecnologie di networking a bassa potenza stanno avvicinando l’Internet of Things a diverse organizzazioni, che oggi devono gestire l’esplosione dei dati generati da device connessi e convertirli in insight in base ai quali agire. Il software open source, una volta considerato di nicchia, è un componente chiave dei cluster HPC di nuova generazione necessari per analisi e applicazioni Big Data, oltre a costituire la base per gestione e sviluppo mobili enterprise-grade.

Le barriere per diventare "digital first"

Quindi, cosa impedisce alle aziende di puntare su un futuro digitale? Una eredità di silos organizzativi, un parco applicativo obsoleto e processi di gestione della tecnologia datati sono i limiti più diffusi. Tuttavia, i ritardatari sono bloccati anche da un approccio legacy: una resistenza culturale al cambiamento, una mancanza di immaginazione e di desiderio di prendere dei rischi, e una carenza di digital leader.

Il digital è una strategia, non una tattica

Piuttosto che fermarsi ai margini adottando singole tecnologie con un focus operativo limitato, le imprese devono sviluppare la conoscenza digitale necessaria per articolare il valore strategico della tecnologia per il futuro del business – rispecchiando le richieste di clienti, dipendenti e partner della supply chain – e partire da lì. La Digital Transformation dovrebbe, in pratica, non essere altro che il continuo miglioramento dell’azienda che ogni organizzazione dovrebbe perseguire per rimanere competitiva. Il riconoscimento va ben oltre la sopravvivenza: coloro che hanno successo registrano una maggiore crescita di fatturato e profitti rispetto ai loro concorrenti.

Danilo Maggi è Marketing Manager di Red Hat Italia

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