La previsione di
IDC è netta:
entro il 2023 la spesa mondiale collegata al cloud arriverà a valere complessivamente quasi 1.000 miliardi di dollari. Sempre nello stesso arco temporale,
il 30% di tutti i sistemi IT aziendali, installati nei data center o sull'edge, erogherà servizi basati su public cloud. E sempre entro il 2023, grazie a tutte le emergenti metodologie di sviluppo legate al cloud, saranno realizzate più nuove applicazioni di quante ne siano state scritte in 40 anni.
Il cloud si conferma quindi il pilastro principale per lo sviluppo delle strategie di trasformazione digitale. Non solo. Con il continuo aumento del consumo di servizi cloud, interni ed esterni, sempre più aziende stanno maturando la consapevolezza che i
l multicloud stia diventando la nuova normalità come modello di delivery all’interno di un’infrastruttura IT ibrida, dove on-premise e off-premise convivono fianco a fianco.
Questo approccio è fondamentale per riuscire a innovare sia i prodotti e i servizi da canalizzare verso l’esterno, sia i processi IT e di business che costituiscono il motore interno.
Il 31% dei CIO italiani, cioè praticamente uno su tre, considera il cloud indispensabile per raggiungere gli obiettivi di Digital Transformation.
Tuttavia, esiste una profonda differenza tra adottare semplicemente più tipologie di cloud e possedere risorse e processi consoni a gestire efficacemente un tale ambiente: “
gestire la transizione agli ambienti ibridi mantenendo l'IT service delivery è oggi la vera sfida, che crea complessità nella roadmap evolutiva”, spiega
Sergio Patano, Associate Research Director di IDC Italia.
Sebbene i vantaggi che il cloud porta in termini di agilità, flessibilità e time-to-market siano ormai consolidati, la
sicurezza gioca un ruolo ancora importante e ambivalente: da un lato è vista come un driver all'implementazione, dall'altro come un freno. Il digital divide è un ulteriore freno, specie in alcune aree dell’Italia, così come il controllo dei costi e la governance, soprattutto in ambito multicloud.