La tecnologia preferenziale per la
copertura indoor è di norma il WiFi. A maggior ragione con le evoluzioni introdotte da
WiFi 6. Non è però l'unica: diverse aziende, e soprattutto diversi operatori mobili, puntano su tecnologie cosiddette
Private LTE. Ossia che permettono di usare le reti cellulari LTE in ambienti limitati e controllati.
È un approccio che si è diffuso soprattutto negli Stati Uniti. Qui gli operatori si sono posti l'obiettivo di
diversificare i servizi mobili "conquistando" una parte dello spettro non regolamentata. Tanto che la FCC statunitense ha poi ufficializzato i servizi
CBRS (Citizens Broadband Radio Service). Da cui derivano varie soluzioni catalogate come Private LTE. Oppure, per usare il marchio commerciale ideato dalla CBRS Alliance, come
OnGo.
Ma lo spettro non è regolamentato allo stesso modo ovunque. Per questo le soluzioni e i servizi LTE "privati" si sono diffusi
a macchia di leopardo e con normative diverse. In generale l'approccio è usare frequenze che non sono regolamentate o che non richiedono licenze specifiche. Frequenze che si sovrappongono a quelle del WiFi o che vi sono adiacenti. Ad esempio, le soluzioni europee LTE-Unlicensed (
LTE-U) e License Assisted Access (
LAA) operano nella banda dei 5 GHz.
Denominazioni e frequenze a parte, le varie forme di LTE "al chiuso" sono nate come
soluzioni di nicchia. Reti cellulari LTE private, progettate per coprire solo una determinata area o struttura, come un edificio. E mantenendo altrettanto privato il traffico voce e dati. Queste soluzioni hanno trovato spazio in particolare nel campo
dell'hospitality o delle grandi strutture commerciali. Con lo specifico obiettivo di creare una rete voce/dati più efficiente del WiFi e più ricca di funzioni del DECT.
Private LTE cresce con l'IoT
Ora però il mercato delle soluzioni in stile Private LTE si sta sviluppando anche oltre. Le cifre sono ancora piccole (globalmente il settore vale 2,4 miliardi di dollari) ma i tassi di crescita sono interessanti. Pari secondo le stime a un
+13 percento annuo che porterà il comparto a 4,5 miliardi di dollari nel 2023. Il motivo di questo sviluppo non è legato alle applicazioni più tradizionali quanto all'utilizzo delle tecnologie cellulari nelle
applicazioni IoT.
Si va dal collegamento dei macchinari in fabbrica alla creazione di
celle LTE in ambienti "estremi". Come miniere, impianti, porti, aeroporti. Inoltre, le soluzioni Private LTE possono evolvere con una certa semplicità verso Gigabit LTE e in prospettiva il
5G. Il che dà loro un
raggio d'azione ancora maggiore.
Una crescita che si capisce meglio considerando che gli approcci in stile LTE-U si sono storicamente mossi a partire da due esigenze. Una, più di mercato, è degli
operatori mobili. Che cercavano (e cercano ancora) di differenziare la loro offerte verso le grandi imprese, andando oltre la pura connettività.
L'elasticità del mobile
La seconda, più concreta, è dei
grandi clienti. Che cercavano di realizzare reti indoor con performance elevate e prevedibili. Che il WiFi non poteva offrire prima della versione 6. Resta poi sullo sfondo una distinzione sempre più labile ma importante, in molte applicazioni. WiFi è comunque una
tecnologia dati "nomadica": il singolo client si muove sì, ma non in maniera completamente libera. Mentre LTE e le altre tecnologie cellulari sono davvero mobili.
Il futuro del Private LTE dipende, soprattutto in Europa, dagli operatori mobili.
Dalla loro volontà di dare alle aziende i mezzi per creare e gestire "isole" LTE proprie. La tecnologia non è un vero problema. Esistono già
servizi cloud in grado di gestire la parte di controllo della rete LTE lasciando in locale quella dati. Non è nemmeno un problema gestire il
passaggio di un nodo mobile dalla rete LTE privata a quella pubblica dell'operatore. Gestendo tutto questo come complemento a WiFi 6, e non più come alternativa.