Senza nemmeno troppa fanfara, il
Cybertech Europe si è man mano affermato come l'evento più importante in Italia per venire a contatto con tutti gli aspetti della cyber security. Non solo la
sicurezza IT in senso stretto, che ne rappresenta l'anima più evidente, ma anche ambiti meno ovvi che spaziano dal cyber warfare alla protezione dei
sistemi ciberfisici. Un panorama molto ampio che d'altronde oggi risulta indispensabile, perché rispecchia come sta cambiando tutto l'ambito della sicurezza digitale.
Tanto che parlare di cyber security
rischia persino di essere riduttivo. Il rischio è percepire la sicurezza digitale come un tassello da aggiungere a prodotti e soprattutto servizi che già ci sono. Mentre è importante che diventi un
elemento infrastrutturale, pervasivo. Meno ambito da addetti ai lavori - fatte salve le debite distinzioni tra chi le tecnologie le sviluppa, chi deve implementarle, chi le usa - e più requisito di base.
Se infatti il tema sottotraccia al Cybertech 2018 era stato il passaggio dalla difesa "puntuale" (per ogni tipo di minaccia, la sua soluzione) ad una visione più ampia di risk management, quest'anno il concetto espresso con maggiore frequenza dalle aziende e dagli esperti riguardava la necessità di
riconquistare "fiducia" nelle tecnologie digitali.
È la conseguenza di un biennio 2018-2019 che da un lato ha portato in evidenza, e giustamente, le problematiche collegate alla
tutela delle informazioni, anche grazie al debutto del
GDPR. Ma che dall'altro è stato costellato da
brecce, furti di dati e comportamenti impropri che hanno coinvolto
grandi aziende con milioni di utenti o clienti. E che ne hanno inevitabilmente rovinato l'immagine.
Questione (anche) di immagine
Il rischio, sottolineato a Roma, è che si arrivi in qualche modo ad un
"rigetto" delle tecnologie e dei servizi digitali proprio per una loro presunta
poca sicurezza. Una ipotesi che dal punto di vista degli esperti e dei tecnici è quasi insensata, perché in campo cyber security in fondo non sta accadendo
nulla di davvero rivoluzionario o imprevedibile. Ma che ha una sua concretezza anche come espressione - non certo l'unica - di una nuova diffidenza verso l'establishment tecnologico della Silicon Valley in generale.
Sono questioni
socio-politiche e non tecnologiche? In parte sì, ma sarebbe pericoloso metterle da parte per questo. Perché è indubbio che le tecnologie sono così intessute nella vita quotidiana dei cittadini e delle imprese che ne sono in effetti
una componente fondante. E come tale dovremmo potercene fidare, perché la nostra vita digitale non è separata dalla vita "normale", che di sicuro tuteliamo in ogni modo possibile.
Perdere di vista o sottovalutare questa trasformazione sarebbe un errore, spiega anche
Amir Rapaport, fondatore del Cybertech. "
Oggi il termine cyber va inteso in un senso più lato. Non è un ambito separato dal resto ma riguarda tutti gli aspetti della nostra vita". Questo ha ovviamente impatti sul mercato della sicurezza, che man mano si estende e si modifica. "
L'ambito della cyber security sta diventando sempre più ampio, e qui in Europa le aziende e le organizzazioni sono ben disposte a seguire questo trend di crescita", spiega Rapaport.
Una nuova rivoluzione cyber
Non è però solo questione di business e fatturato. O quantomeno non solo. "
È l'inizio di una nuova era per il mercato ed anche in generale... Siamo tutti coinvolti da una sorta di rivoluzione cyber, una rivoluzione digitale che tocca tutto e che tra qualche anno ci metterà davanti a un mondo ben diverso da ora". Un mondo che diversi vendor ed esperti hanno già in parte delineato - "
molti di quelli che partecipano al Cybertech considerano già da tempo le cose sotto questo punto di vista", sottolinea Amir Rapaport - e di cui la sicurezza è una parte integrante. Forse meno evidente, ma più pervasiva.
Il messaggio chiave del Cybertech Europe 2019 è quindi più di approccio e di sistema che non tecnologico. Anche perché le tecnologie per affrontare le minacce digitali ci sono, e sempre in progressivo sviluppo. Quello che serve davvero è la
consapevolezza generale - dei cittadini, delle imprese e di chi offre loro prodotti e servizi - che il digitale sarà anche immateriale ma oggi è comunque molto concreto. In molti ambiti, rappresenta persino
la parte più concreta della vita delle persone o delle imprese. E va tutelato di conseguenza. Con una sicurezza che a rigor di termini è ancora cyber, ma giusto come categorizzazione di mercato. O poco più.