Qualche mese fa
HPE aveva indicato il suo
obiettivo a medio termine: diventare un'azienda completamente as-a-Service. Una scelta intuibile, quasi ovvia, per un'azienda software. Meno per una che ha una forte e fondamentale componente
hardware, come HPE. Questa trasformazione dovrebbe completarsi entro il 2022. Ora HPE ha indicato, in un incontro con gli analisti finanziari, che
il percorso per arrivare a quell'obiettivo inizia dai prossimi mesi, già nel 2020.
L'evoluzione prevista dal 2020 in poi poggia - ha spiegato
Antonio Neri, CEO di HPE - su quelle messe in atto nei bienni precedenti. Una
rifocalizzazione del business complessivo dell'azienda nel periodo 2016-2017. Una ancora più importante
ridefinizione della sua visione di base nel periodo 2018-2019. L'obiettivo ora è passare ad un modello che garantisca una crescita sostenibile del business. Puntando appunto sulla
solidità dei ricavi garantita dal modello as-a-Service.
La nuova HPE si definisce come una "
edge-to-cloud platform as-a-Service company". Intendendo con questo due elementi chiave della sua visione attuale. Il primo è che i clienti hanno apprezzato la convenienza del modello as-a-Service e ora lo pretendono per qualsiasi cosa. Anche per le infrastrutture hardware. E
bisogna essere in grado di offrire loro questa possibilità, perché è in tal senso che andranno comunque gli investimenti. Più abbonamenti e più spese a consumo, in sostanza, e meno spese di capitale.
Lato tecnologia, invece, il punto chiave è che
l'IT non si fa e non si farà nei data center ma sarà distribuita in un continuum di ambienti che va dal nuovo
edge computing alle classiche infrastrutture centralizzate. E lo stesso accadrà per i dati, che saranno generati ed elaborati in grande prevalenza fuori dai data center e dal cloud. Non va dimenticato che per HPE
il futuro è "cloudless", ossia fatto di una IT estesa e fluida, senza confini tra ambienti diversi.
Tutti i principali trend tecnologici attuali vanno verso uno scenario di
infrastrutture delocalizzate e destrutturate. Il multicloud ibrido, una molteplicità di reti wireless, lo spostamento di dati e computing verso l'edge. Ma anche la focalizzazione dello sviluppo sui
microservizi ed i container. E la creazione di applicazioni e servizi sempre più ottimizzati per i loro workload, ed integrati verticalmente.
È per gestire tutto questo con i modelli economici scelti dalle aziende clienti che bisogna diventare una "edge-to-cloud platform as-a-Service company". Il che, nella pratica, per HPE significa combinare
le tecnologie "da periferia" di
Aruba con il cuore hybrid cloud vero e proprio di HPE. Ed integrare tutto in
un ambiente esteso ma unico: connettività, servizi cloud, automazione assistita dall'AI, orchestration, visibilità, sicurezza. In buona parte questo avviene grazie ad Aruba Central.
Al cuore di tutto c'è il modello
GreenLake, che non a caso qualche mese fa si era esteso proprio all'ambito di Aruba con una offerta definita di Network-as-a-Service. L'obiettivo adesso è portare tutto al modello GreenLake, trasformando così l'IT aziendale distribuita ed eterogenea in
un complesso di servizi. Permettendo, secondo HPE, alle varie figure aziendali (CFO, CIO, sviluppatori) di concentrarsi non sulla gestione o sulle "technicality" ma su quello che effettivamente porta valore all'azienda.
Questa è una visione di scenario e tecnologia, ma
anche di business. Il vantaggio per HPE è che la "servitizzazione" di tutto
trasforma il flusso dei ricavi dell'azienda, in particolare il suo cash flow ed i suoi margini operativi. Le previsioni sono che la parte "a consumo" del business HPE cresca del 30-40 percento l'anno da qui al 2022.
Vedremo anche una maggiore attenzione dedicata alla parte, già importante, dei
servizi finanziari. HPE Financial Services viene infatti considerata un elemento strategico per il cambiamento del modello di business. È grazie alla sua offerta, secondo HPE, che le aziende utenti possono mantenersi evolute tecnologicamente, acquisire risorse per nuovi servizi, adottare politiche di
economia circolare.