VMworld 2019: la promessa di elasticità di VMware

Al VMWorld 2019 di Barcellona la scena è soprattutto di Project Pacific. Ma per VMware l'obiettivo generale è una cloud foundation agnostica verso ogni tecnologia.

Autore: f.p.

VMware la chiama figurativamente "tech in the age of any" ma la si può definire, più semplicemente, una digitalizzazione sempre più pervasiva. Che interessa sempre più aspetti della nostra vita professionale e personale. Cambiando anche i mercati - oggi si spende in app qualcosa come 180 miliardi di euro l'anno - e presentando nuove esigenze a chi in vario modo deve creare e gestire le nuove infrastrutture IT.

Come al VMworld 2019 statunitense, è questo il filo conduttore anche dell'edizione europea di Barcellona. Che quindi conferma come la visione multicloud di VMware si stia estendendo ad un modello ancora più articolato di "any cloud, any app, any device". Modello davanti al quale il paradigma del cloud - sottolinea Pat Gelsinger, CEO di VMware - sembra non mantenere le promesse iniziali.

Il cloud è certamente la piattaforma principale nella creazione di applicazioni e servizi ma in questo ambito, spiega Gelsinger, "Siamo di fronte a un panorama di complessità nonostante la promessa di semplicità... Ci sono molte opzioni su come creare ed eseguire applicazioni, una molteplicità di servizi cloud e di piattaforma di gestione". Un caos più o meno organizzato che può essere una opportunità per chi contribuisce a limitarlo ed a gestirlo. Per VMware questo avviene tecnologicamente, in primis, ma anche grazie alle relazioni create nel tempo con tutti i principali public cloud provider.


Ma è sicuramente la parte infrastrutturale che caratterizza VMware. E qui l'evoluzione chiave è il ruolo crescente di Kubernetes, considerato come un "magic layer" tra lo sviluppo di applicazioni e servizi e le operations delle infrastrutture. Per VMware Kubernetes è molto più che orchestrazione dei container, ma proprio questa sua intrinseca flessibilità può anche rendere le cose complesse allo staff IT.

Per "addomesticare" Kubernetes senza perdere nulla dei suoi vantaggi, VMware ha messo insieme le tecnologie portate in dote dalle acquisizioni di Bitnami, Heptio e Pivotal. Ciascuna agisce nel suo ambito di competenza: dallo sviluppo delle applicazioni cloud-native agli strumenti per la produttività DevOps, dalle app Java di nuova concezione ai cataloghi di applicazioni configurabili ed attivabili in qualsiasi momento. Questi ultimi con una maggiore focalizzazione enterprise grazie a Project Galleon, lanciato tempo fa.

Già sappiamo che in prospettiva la risposta alla complessità del multicloud è Project Pacific, quindi l'integrazione tra Kubernetes e vSphere. E anche, non va dimenticato, con le tecnologie portate da Pivotal attraverso la sua visione, leggermente diversa e impostata su Cloud Foundry, del multicloud. VMware Tanzu è il primo passo concreto di questa evoluzione. E dal palco VMware ribadisce che VMware PKS - il "suo" Kubernetes - è la strada verso il futuro di Tanzu, anche per assicurare alle aziende un percorso fluido di transizione al nuovo ambiente.


Dal punto di vista delle aziende, lo scenario è ovviamente meno tecnologico e più di alto livello. "Gli investimenti cloud - spiega Pat Gelsinger - sono stati visti inizialmente come una fonte di innovazione, tanto che per alcune aziende ora sono un fattore dominante nei budget. Questo pone il problema di un possibile lock-in su determinate piattaforme". Il tema chiave diventa quello dell'interoperabilità, dell'apertura, della semplicità di gestione. Senza dimenticare che il multicloud si appresta a diventare un "multicloud regionale", perché le aziende hanno sempre più interesse a mantenere applicazioni e dati in prossimità.

Oltre lo sviluppo

In sintesi, l'obiettivo principale per VMware diventa garantire agli utenti quell'elasticità che in fondo era alla base del paradigma cloud. Ma che spesso non si concretizza come sperato quando le aziende cercano di far evolvere i propri sistemi e le proprie applicazioni. In questo senso la società di Pat Gelsinger gioca su tutti i tavoli necessari a coprire le esigenze delle imprese. Quelle che hanno ancora molto on-premise e continueranno ad averlo, quelle che puntano alle infrastrutture ibride, quelle che vedono nelle piattaforme VMware ospitate dagli hyperscaler una "scorciatoia" efficace per la propria evoluzione. In questo ambito cresce in particolare la collaborazione con Azure e AWS.

Il futuro è comunque Project Pacific, con Tanzu tanto on-premise come ospitato dagli hyperscaler. Secondo VMware l'interesse delle aziende per la prima limitata beta "chiusa" dimostra che la strada è giusta. O che quantomeno va nella direzione richiesta dai clienti. Intorno ci sono molte altre evoluzioni proprie di VMware, come la parte sicurezza, o in generale del mercato, come il 5G e l'edge computing.

Tutte queste evoluzioni portano nella parte infrastrutturale sempre più funzioni. Stavolta con una focalizzazione meno "centralista" rispetto alla visione iniziale del cloud. Tanto che secondo Pat Gelsinger "il paradigma infrastrutturale emergente dei prossimi dieci anni sarà probabilmente legato a come gestire una galassia di microservizi in un ambiente fortemente distribuito". Forse non saranno i container e Kubernetes che vanno di moda adesso. Ma l'approccio VMware di creare una "cloud digital foundation" il più possibile agnostica promette di adattarvisi senza grossi problemi.

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