La notizia in sé è semplice. Docker ha venduto a Mirantis
tutto il "blocco" definito enterprise collegato alla piattaforma per l'esecuzione dei container. Meno semplice è valutarne le conseguenze per il mercato della virtualizzazione. Anche per una ragione quasi paradossale. Docker è una piattaforma talmente di successo da
essere diventata quasi invisibile, per le imprese che la usano. Tanto che molte probabilmente nemmeno ricordano che Docker è anche un'azienda. Che però non ha avuto lo stesso successo dell'omonima soluzione.
Docker in quanto tale è una piattaforma open source. Quindi può essere - ed è ampiamente - usata da chiunque. Ed
inclusa in molti ambienti operativi on-premise e cloud, offerti da nomi quali Microsoft, IBM, AWS, Google e via dicendo. Docker è la piattaforma che ha di fatto "
sdoganato" la virtualizzazione a container. Le funzioni per convertire le applicazioni in container esistevano già, Docker ne ha
semplificato enormemente l'utilizzo.
Come per molti altri progetti open source, a partire da Linux, intorno a Docker si possono sviluppare offerte commerciali. Il cui valore non sta nella piattaforma in sé ma in un insieme di servizi e componenti associati. Docker come azienda è nata per offrire appunto questo, sotto forma della suite
Docker Enterprise. Ma non ha avuto un successo proporzionale a quello di Docker in sé. Soprattutto perché non è riuscita a costruire intorno a Docker un
ecosistema convincente di strumenti aggiuntivi.
Tanto per fare i due esempi più significativi,
Docker Compose e
Docker Swarm oggi sono nomi quasi dimenticati. Compose doveva servire alla configurazione e gestione automatizzata dei container. Un ruolo che molti oggi affidano al più trasversale
Ansible. Swarm serve invece per gestire ed orchestrare cluster di container. Ma ha velocemente perso la sua battaglia contro
Kubernetes, che oggi è il tool principe per questi compiti.
Un altro limite di Docker come azienda, ammesso ora esplicitamente, è la
difficoltà di servire due categorie di utenti completamente diversi. O quantomeno di farlo in maniera profittevole. Docker infatti viene usato sia dagli sviluppatori indipendenti sia dalle grandi imprese, due ambiti con esigenze molto differenti. Da qui la decisione di separare le attività.
Docker continuerà a
servire la community iniziale di utenti, ossia gli sviluppatori. Tutta la parte enterprise passerà a Mirantis, il cui business è basato sulla proposizione di uno
stack completamente open source per creare e gestire container. Con anche l'opzione di ambienti Kubernetes-as-a-Service, per semplificare la vita agli utenti che sono spaventati dalla sua complessità.
Cosa cambia per il mercato della virtualizzazione a container? Per gli sviluppatori indipendenti poco o nulla. Questi avevano e
hanno già le competenze per gestire i propri ambienti a container. E la rinnovata focalizzazione di Docker su questo ambito è un aiuto in più. Importante, non decisivo. Per le aziende lo scenario è
potenzialmente più articolato. Dipende però da quale effettivamente sia la loro percezione di Docker. E il loro profilo di utilizzo. Mirantis ha infatti nel mirino un mercato molto preciso: le aziende che intendono creare on-premise ambienti di virtualizzazione a container.
In questo
si contrappone esplicitamente a VMware e Red Hat, "accusate" di proporre soluzioni proprietarie e quindi a rischio di lock-in. Con Docker Enterprise acquista circa 750 clienti, uno staff tecnico esperto, alcune alleanze strategiche, i tool enterprise associati a Docker (ma è già indicato tra le righe che Docker Swarm andrà definitivamente in pensione tra un paio d'anni). Difficile dire oggi
se questo possa bastare a scalzare aziende più grandi e più note dai progetti enterprise. Quantomeno da quelli per cui la connotazione "open source puro" di Mirantis non è già una discriminante decisiva.