AWS: come si diventa aziende high-frequency

Il cloud permette di gestire alte frequenze di cambiamento dell'IT. Sempre che la tecnologia venga accompagnata da un approccio nuovo, in controtendenza con il legacy.

Autore: f.p.

La principale promessa del cloud è quella di portare agilità all'IT delle imprese. La promessa in sé è concreta, per molte aziende sta però diventando quasi una fissazione. "Negli incontri con i manager delle aziende il termine 'agility' viene fuori in media ogni sei minuti. Lo so perché ho tenuto io stesso il conto", spiega Jonathan Allen, Enterprise Strategist & Evangelist di AWS, al pubblico dell'AWS Transformation Day di Milano. Che probabilmente vive anche direttamente come questa ricerca di agilità stia diventando pressante. Se è vero, come afferma McKinsey, che la quasi totalità delle imprese sta affrontando la digitalizzazione ma solo il 16 percento sente che lo sta facendo nel modo migliore.

Così Jonathan Allen preferisce parlare meno di agilità e più di come diventare un'azienda "high frequency". Ad alta frequenza del cambiamento, cioè. Sviluppando la capacità di modificare e migliorare processi e sistemi molto spesso, con cicli di innovazione brevi. È una capacità che richiede nuovi strumenti, e qui gioca un ruolo chiave il cloud e quindi anche AWS. Ma richiede soprattutto un approccio nuovo, opposto a quello che molte imprese si sono abituate a seguire.

Il cloud porta quindi con sé una (quasi) controcultura IT che si concretizza in quelli che Allen definisce anti-pattern. Comportamenti nuovi che vanno contro quelli consolidati in molte imprese. E che, se seguiti, permettono di gestire cambiamenti davvero ad alta frequenza. Il che permette poi di recepire i vantaggi delle evoluzioni tecnologiche che, di volta in volta, si presentano alle imprese.

Il primo approccio da evitare è quello per cui l'innovazione si fa con i grandi progetti "epocali". Questi partono in grande ma diventano ancora più impegnativi man mano che si sviluppano, perché tutti vogliono parteciparvi. E un progetto troppo grande richiede molto tempo in fase di studio, ha implementazioni complesse, è un rischio per l'azienda. Perché prima o poi qualcosa andrà storto ed è infatti necessario - seguendo un altro anti-pattern - abbandonare l'approccio del "best case scenario". Quello in cui una nuova applicazione o un nuovo servizio funzioneranno sempre bene, tranne eccezioni da affrontare caso per caso. Cyber attacchi, guasti e difetti ci saranno sicuramente, non sono affatto eccezioni.

Molto meglio, spiega Allen, impostare il rinnovamento IT su piccoli progetti mirati, che portano valore in maniera incrementale ma con frequenza molto maggiore dei super-progetti. Tanto maggiore che si tratta in sostanza di un refactoring continuo dei processi e dei sistemi, senza che figure IT o di business difendano lo status quo. E in che direzione muoversi devono deciderlo i dati, non la "pancia" delle persone, anche se manager. L'elasticità serve anche a testare velocemente le nuove idee - perché riduce il lead time dall'idea all'implementazione - ed a validarle con indicatori misurabili.

Nel quotidiano dell'IT, high-frequency significa ovviamente anche DevOps. Che, sottolinea Allen, "non è un modo per mettere insieme sviluppatori ed operations, è un modo per creare valore". Per questo si creano team che comprendano persone IT e di business, capaci di focalizzarsi su quello che è più importante - le esigenze dei clienti, esterni o interni - e non sui sistemi. E "il team migliore è quello che già avete", mette in evidenza Allen. Persone che hanno già esperienza e competenze, da mantenere aggiornate con il reskilling, più che con il solo training.


E sempre nel quotidiano dell'IT si vede uno dei principali valori del cloud: non dover reinventare per forza la ruota. Più che massimizzare il lavoro svolto c'è da massimizzare quello che non è necessario: "Scegliere cosa fare direttamente e cosa no oggi è una delle più importanti decisioni per un CIO, è una scelta che pesa nel raggiungimento della velocità del business... Quello che conta sono business logic, dati, interfacce, sicurezza. il resto non è necessario che sia pensato o fatto all'interno".

Ma la carica rivoluzionaria del cloud sta concretizzandosi anche in Italia? Di certo la domanda del mercato italiano - spiega Miguel Alava, Director di AWS - è una spinta sufficiente per aumentare gli investimenti di AWS. Le sedi ufficiali sono ormai quattro, tra Milano, Roma, Palermo ed Asti, dove si trova l'acquisita Nice. Il numero di PoP aumenta e la tanto attesa Region italiana, già annunciata, dovrebbe concretizzarsi all'inizio del 2020. Vale come segnale anche il raddoppio dell'AWS Summit, che l'anno prossimo avrà sede sia a Milano (19 maggio) sia, per la prima volta, a Roma (26 maggio).

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