È sempre più l’ora del multicloud. Ma è anche vero che una buona percentuale delle aziende f
atica ancora a garantire una piena interoperabilità tra i vari cloud, finendo quindi per non sfruttarne appieno tutti i benefici. Una recente indagine condotta su scala mondiale da
IDC, che ha coinvolto oltre 2.000 imprese utenti di cloud, evidenzia infatti le difficoltà nel governare efficacemente ambienti complessi composti da cloud privati on-premise, cloud privati gestiti (managed private cloud) e più cloud pubblici. Più di un terzo dei rispondenti, esattamente
il 36% del campione, ritiene che non riuscirà a raggiungere un livello di interoperabilità significativo, tra i vari cloud in uso, entro due anni.
Utilizzando più cloud pubblici, le aziende possono scegliere le migliori tecnologie, ridurre i costi ed evitare il vendor lock-in. Tuttavia, se non si dispone di uno strumento unificato per gestire i vari cloud, il risultato saranno silos di workload e di dati, andando così a ricreare gli stessi problemi dei data center legacy.
I cloud ibridi, ove l’interoperabilità è il fattore distintivo, offrono ulteriori vantaggi: OpEx ridotte, migliore sicurezza e conformità, facilità di monitoraggio, di orchestrazione e di gestione, posizionamento ottimale dei carichi di lavoro, accesso ai dati per le diverse applicazioni, automazione completa e molto altro.
La buona notizia, prosegue IDC, è che
diversi fornitori IT e fornitori di servizi cloud stanno sviluppando gli strumenti idonei per fornire un'esperienza cloud ibrida coerente. Pertanto, è probabile che
tra due anni la maggior parte dei clienti aziendali disporrà di cloud ibridi o, quantomeno, di ambienti multicloud con un significativo livello di interoperabilità. Il tema sarà affrontato il 27 febbraio prossimo all’evento
Cloud Tech Up Tour, durante il quale sarà possibile confrontarsi con analisti, imprese ed esperti del settore proprio su questi argomenti.