Consys.it: lo smart working supera la prova dell'emergenza

Molte aziende sono rimaste produttive grazie allo smart working. E questa è una lezione da tenere presente per il futuro.

Autore: Redazione ImpresaCity

In queste settimane lo smart working è stata una ancora di salvezza per le aziende. Almeno quelle che hanno potuto sfruttarlo per continuare a operare. Nonostante il blocco degli spostamenti imposto dal coronavirus. Già dopo il primo stop del Governo agli spostamenti non necessari, le aziende che avevano già attiva una piattaforma di smart working hanno cercato di potenziarla. Tra le aziende che non l'avevano, molte hanno cercato di attivare una qualche soluzione. Anche temporanea.

Questa dinamica l'ha vissuta direttamente anche Consys.it, che tra le sue attività sviluppa anche progetti di accesso remoto. Basandosi sulle tecnologie di produttori come F5 Network, Palo Alto Networks e Zscaler. Come racconta Gianluigi Crippa, Strategic Business Development Manager di Consys.it, da venerdì 28 febbraio e soprattutto dal lunedì successivo "tutti i maggior clienti hanno chiesto di intervenire per aumentare la capacità dei servizi, anche mettendo in campo budget non preventivati".

Non è detto, in generale, che sia facile aumentare la capacità della propria piattaforma di accesso remoto o smart working. Nel caso di molte implementazioni di Consys.it si può fare perché la soluzione di base, quella di Zscaler, è un servizio di accesso protetto in modalità as-a-Service. Per altre soluzioni non-aaS le cose sono ovviamente più complesse. Per molte aziende, è un freno.

"Stiamo vendendo che chi ora non può lavorare chiede in tutti i modi di farlo", spiega Crippa. E una situazione di emergenza come quella creata dal coronavirus può avere un minimo effetto positivo. Mostrare in concreto che lo smart working, nelle sue varie forme tecnologiche, ha un valore. "Le aziende vedono che chi lavora in smart working è produttivo e garantisce la continuità del business d'impresa". Un concetto che, per diverse aziende, era concettualmente piuttosto remoto.

Ma, sottolinea Crippa, non immaginiamo che l'emergenza coronavirus porti rivoluzioni tecnologiche a breve termine. "In emergenza si mantiene l'architettura che si ha - spiega Crippa - ed è difficile passare a una più evoluta". Una posizione anche comprensibile, in fondo. Implementare una piattaforma di smart working richiede comunque una fase di pianificazione e di test. Anche per verificare (e proteggere) l'accesso alle applicazioni custom o legacy.

Il messaggio a favore dello smart working e delle sue evoluzioni è stato comunque ricevuto. "Probabilmente - sottolinea Crippa - questa finestra temporale darà a molte aziende dati significativi per future analisi sugli investimenti". Quelli per lo smart working ora possono essere agevolati perché se ne vede il ritorno. Meglio per chi li aveva già messi in campo, sottolinea Consys.it, che questo ritorno lo sta già vedendo in produttività.

Il tema della cultura degli investimenti è importante in generale. Lo smart working e le tecnologie collegate non fanno eccezione. Perché laddove trovano ostacoli non sono di norma tecnologici o legati alla connettività. "Possono essere legati alle normative, specie nelle grandi imprese nei grandi gruppi", spiega Crippa. Non a caso, nell'emergenza coronavirus il Governo ha sbloccato appunto questi vincoli. Permettendo lo smart working senza accordo individuale, su tutto il territorio nazionale e fino a fine luglio. Quando l'emergenza, si spera, sarà ormai ampiamente scemata.

Un ostacolo altrettanto forte resta quello concettuale. Gestire dipendenti e collaboratori in smart working può essere una novità per molti, evidenzia Crippa. Si ragiona - e si valuta - per obiettivi e progetti. Non più per ore lavorate e lotti di produzione. Si può perdere la sensazione "tangibile" del lavoro. Ma il valore dello smart working adesso appare altrettanto concreto.

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