E’ Cesare Avenia, Presidente di Confindustria Digitale a sintetizzare la posizione della
Federazione e delle sue associate Anitec-Assinform e Asstel, invitate dal Mibact (Ministero per i beni e le attività culturali) a commentare la
bozza di decreto sull’aggiornamento dei compensi per copia privata presentata dal Ministero: “
Riteniamo che la proposta di decreto sul compenso per copia privata, posta a consultazione dal Mibact, sia frutto di una visione del tutto anacronistica rispetto alle reali abitudini dei consumatori. La rapida evoluzione dei device, la crescente offerta di contenuti on-line da piattaforme specializzate e l’accesso a costi decrescenti alle reti a banda larga fisse e mobili, hanno radicalmente cambiato le abitudini di consumo legale di contenuti e oggi lo streaming è la modalità largamente prevalente di fruizione dei contenuti digitali. La copia privata è del tutto residuale e mantenere in vita il compenso, addirittura prevedendone l’aumento, assume sempre più il significato di un balzello sull’innovazione tecnologica, oltretutto in contrasto con le esigenze di modernizzazione del Paese, emerse con forza nella drammatica emergenza che stiamo vivendo. Per questo invitiamo il Ministro Franceschini anzitutto a soprassedere all’aumento del compenso per copia privata, che è totalmente ingiustificato, e di ripensare anche all’intero istituto della copia privata riformando la norma che lo ha istituito.”
Cesare Avenia, Presidente di Confindustria DigitaleC’è sconcerto nell’osservare che
il Ministero non ha tenuto in alcun conto le indagini sulle abitudini dei consumatori italiani realizzate in questi anni che confermano la netta prevalenza di fruizione dei contenuti tutelati utilizzando le piattaforme di
streaming e/o
download su licenza.
Tra queste, la
ricerca Nielsen dello scorso febbraio, indica che solo
per quanto riguarda gli smartphone, il
numero di consumatori che hanno ascoltato musica tramite servizi di streaming on-demand è pari all’84% del totale. Una proposta di decreto che non tiene conto neanche delle evidenze dello
studio Istat, commissionato dal Ministero stesso e citato nella premessa del decreto, che già nel 2017 fotografava una situazione in cui solo il 15% dei consumatori di contenuti musicali e il 10% dei consumatori di contenuti video ricorreva ancora all’abitudine di produrre la cosiddetta ‘copia privata’.
A due anni di distanza,
la percentuale di consumatori che ricorre ancora alla copia privata tende a zero. Incredibilmente, di fronte a queste evidenze l
a bozza di decreto predisposta dal Mibact prevede un aumento delle tariffe sui telefoni (7% per gli smartphone dai 32 ai 64 Gb e 21% per quelli dai 64 ai 128 Gb)
e sui pc (32,7%), e per la prima volta vengono
assoggettati al compenso per copia privata anche i cosiddetti ‘wearables’, i device indossabili quali gli smartwatch e i fit-traker, da considerarsi
in realtà come accessori di un dispositivo principale come lo smartphone, che è già soggetto al pagamento del compenso.
“
Confidiamo che il Ministro Franceschini fermi l’iter di emanazione di un decreto che è profondamente sbagliato, tanto più in questo momento: si andrebbe infatti ad aggravare il prelievo per copia privata sui dispositivi che gli italiani stanno utilizzando per proseguire le proprie attività lavorative da casa, per continuare le attività didattiche e di studio, per mantenere le proprie relazioni sociali –
conclude Avenia –
Oggi il settore digitale è pienamente mobilitato per assicurare al Paese lo svolgimento delle attività nel rispetto delle regole sull’isolamento. Vi sono in corso, da parte delle aziende tecnologiche, decine e decine di iniziative volontarie di messa a disposizione gratuita di connettività, servizi e piattaforme, anche accogliendo l’appello lanciato dal Ministro dell’Innovazione Paola Pisano con il programma “Solidarietà Digitale”. Un decreto che penalizzi l’innovazione sarebbe un segnale del tutto inopportuno e controproducente”.