Anche i sostenitori più accaniti di
blockchain non hanno mai nascosto che dietro ai ledger distribuiti c'è sempre l'ombra di un problema: quello della
interoperabilità. Man mano che l'approccio dei ledger distribuiti si diffonde, nascono varie blockchain. Che in teoria sono mondi non comunicanti. Anche perché possono essere state realizzate con tecnologie differenti e non compatibili. Ma comunque, in generale, le blockchain sono considerate
sistemi chiusi. Con proprie strutture dati e regole.
È però ovvio che, in prospettiva, blockchain anche diverse
devono in qualche modo potersi scambiare dati. Altrimenti non si può realizzare una vera diffusione delle tecnologie a ledger distribuiti. Se l'incomunicabilità restasse una caratteristica delle blockchain, ogni azienda che deve dialogare con i sistemi basati su blockchain di altre imprese dovrebbe
occuparsi in prima persona delle necessarie interfacce. Troppo complesso. E infatti nel tempo sono nate molte iniziative per far "parlare" tra loro blockchain differenti.
Il limite di queste iniziative è che sono progetti specifici e indipendenti fra loro. Magari anche utili, ma che non si possono considerare standard. Ora invece la
Linux Foundation ha dato il via a un nuovo progetto ad ampio spettro:
Hyperledger Cactus. È la combinazione e la formalizzazione del lavoro che
Fujitsu e
Accenture hanno portato avanti in campo blockchain. Tradotto però in un progetto open source Hyperledger a cui possono partecipare anche altre realtà.
Il problema affrontato con Hyperledger Cactus è che il vantaggio principale delle blockchain - la loro capacità di garantire la veridicità e la
non modificabilità delle transazioni - può diventare un punto di debolezza man mano che il loro utilizzo si diffonde. Non si può accedere dall'esterno ai dati di una blockchain come se ci si collegasse genericamente a un database. Chi opera su una blockchain deve, idealmente, esserne un "membro" certificato.
Cercare di ammorbidire questa rigidità in nome dell'apertura sarebbe controproducente. Così l'approccio più robusto alla comunicazione fra blockchain è
farla transitare attraverso uno "snodo" di interfaccia. Che faccia in un certo senso da "garante" allo scambio di dati. Che sia cioè una entità affidabile per entrambe le blockchain che devono dialogare. Accenture
aveva seguito questa strada nello sviluppo del suo
Blockchain Integration Framework. Che ora fa da base per Hyperledger Cactus. Combinandosi con la tecnologia di sicurezza
ConnectionChain sviluppata da Fujitsu. Entrambe le tecnologie sono state ovviamente cedute in open source.
Ora che Hyperledger Cactus è un progetto Hyperledger
vero e proprio - ha spiegato
Brian Behlendorf, Executive Director di Hyperledger - aumenterà il numero delle risorse e il volume della community che vi si dedicherà. Con il risultato, si spera, di arrivare in breve tempo al
lancio sul mercato di tecnologie standard per l'integrazione fra blockchain. Al momento, il progetto abilita già lo scambio dati fra blockchain basate su Besu, Hyperledger Fabric, Corda, Quorum.
L'obiettivo è ampliare le piattaforme blockchain compatibili. E soprattutto realizzare una integrazione completa. In cui cioè
non ci siano discrepanze tra i dati inseriti nelle diverse blockchain. Se ad esempio una singola operazione coinvolge due diverse blockchain, le rispettive transazioni devono avere il medesimo timestamp. Solo in questo modo la combinazione delle blockchain è affidabile e veritiera come le singole blockchain.