Da tempo si afferma che l'analisi più o meno evoluta dei dati
è la base per rendere più efficaci e performanti le applicazioni di business. E quindi,
di conseguenza, i processi stessi che queste applicazioni gestiscono. Focalizzare l'attenzione sulla componente di data analytics è naturale. Ma può far perdere di vista il fatto che questa componente
opera all'interno di una sorta di supply chain delle informazioni. A monte, deve essere collegata alle sorgenti dati che forniscono le informazioni più appropriate. A valle, le conclusioni della parte analitica devono essere recepite dalla componente applicativa.
Serve quindi una vera e propria
data strategy trasversale all'azienda. Una "strategia per i dati" che viene complicata dal fatto che i dati stessi sono oggi eterogenei e distribuiti. In casa
SAP questa eterogeneità
viene indicata con la distinzione tra gli "O data" e gli "X data". I primi sono i
dati "operativi" residenti nei sistemi IT collegati alle operations tradizionali: la parte genericamente ERP. I secondi sono i
dati "esperienziali" collegati alle applicazioni di nuova concezione e, sempre più, al cloud.
I dati operativi sono di solito già
strutturati, con modelli e sorgenti dati abbastanza stabili ed omogenei. I dati esperienziali sono invece molto più
eterogenei e distribuiti. A questo punto l'esigenza delle imprese diventa "
unire questi due mondi facendo muovere i dati il meno possibile, puntando sulla virtualizzazione delle informazioni", spiega
Fabrizio Moneta, Head of Platform & Technology, SAP Italia e Grecia.
Questo è impossibile, nella visione di SAP, se la parte di analytics non viene sia
integrata nelle applicazioni, sia allo stesso tempo aperta verso le possibili fonti di dati. La prima constatazione è anche alla base della progressiva
reingegnerizzazione delle applicazioni di business SAP. Che sono state "rifondate" attorno ad Hana. Il che ha permesso in concreto di "
fondere il mondo del transazionale con gli analytics, abilitando una real time analytics", spiega Moneta. Cosa possibile perché le applicazioni possono
nativamente vedere in tempo reale i dati là dove si trovano. Senza aspettare il completamento delle vecchie operazioni di estrazione, pulizia e caricamento.
La reigegnerizzazione del mondo applicativo SAP ha anche aperto la strada ad evoluzioni successive e mirate delle componenti di analytics. Tra queste ha un ruolo importante
SAP Analytics Cloud. Anche perché il suo successo - circa 200 aziende clienti in Italia negli ultimi due anni, per un totale di circa 25mila utenti - è un indice della capacità di SAP di proporsi come fornitore di
soluzioni analitiche e non solo di business application. Per chi lo usa, SAC prende infatti il posto di altre applicazioni di Business Intelligence e analytics. "
Essendo questo un mercato essenzialmente di sostituzione, non si conquistano clienti se non si ha una proposta davvero convincente", sottolinea Fabrizio Moneta.
Apertura e focalizzazione
Ovviamente, nella dotazione IT delle imprese non ci sono solo componenti di analytics,
applicazioni e database SAP. Serve quindi
una buona dose di apertura per le tecnologie della software house tedesca. Che per prima cosa ha traghettato Hana alla filosofia PaaS con
SAP Hana Cloud. Poi su questa base ha realizzato
SAP Data Warehouse Cloud, che diventa il punto di concentrazione e snodo dei dati provenienti da qualsiasi sorgente. Dati che vengono virtualizzati, riclassificati ed armonizzati. Per essere disponibili in tempo reale alle applicazioni, SAP e non SAP, e ai motori di analytics e Business Intelligence. Anche in questo caso, SAP e non SAP.
L'integrazione di componenti di analytics con le applicazioni di business ha però a che fare non solo con questioni tecniche o di piattaforma. È anche una questione concettuale e di approccio. "
Bisogna far uscire il machine learning e l'intelligenza artificiale dai progetti sperimentali e dalle applicazioni verticali. Il problema non è tecnologico o di maturità delle aziende, è di industrializzazione: rendere enterprise qualcosa che oggi è ancora di nicchia", sottolinea Fabrizio Moneta.
Fabrizio Moneta, Head of Platform & Technology, SAP Italia e GreciaMolto ruota intorno alla figura del
data scientist e al suo modo di lavorare. I tentativi di semplificare le sue attività per arrivare alla figura complementare del citizen data scientist hanno portato risultati meno soddisfacenti di quanto alcune software house speravano. Il data scientist
resta una figura specifica, ma spesso troppo autonoma. Le sue analisi devono invece essere integrate nei processi di business, per chiudere positivamente il ciclo che va dai dati al miglioramento progressivo dei processi stessi.
SAP Data Intelligence è nato appunto per chiudere questo loop. Copre tutte le fasi che vanno dall'identificazione dei dati alla creazione di un modello di machine learning e alla sua distribuzione.
Senza stravolgere il modo di lavorare del data scientist, perché ad esempio può integrare nel suo flusso gli strumenti open source e di terze parti che già usa. Ma riuscendo comunque a "
ingegnerizzare il ciclo di vita degli algoritmi di machine learning e soprattutto semplificarne l'innesto nelle applicazioni di core business, SAP e non-SAP", spiega Moneta.
Per SAP, se questa integrazione non fosse semplice sarebbe in fondo come se la promessa degli analytics non venisse mantenuta. Ma in generale, prosegue Moneta, "
se le applicazioni non prevedono già uno 'spazio' per gli algoritmi si tratta di una operazione molto complessa... Data Intelligence rende invece disponibili all'esterno le logiche degli algoritmi, senza che si debba modificare esplicitamente l'applicazione". Questo tra l'altro permette di utilizzare uno stesso algoritmo in più applicazioni, cosa che ne migliora genericamente il ciclo di vita e l'addestramento.