Se da diverso tempo si parla di
cloudification delle Telco, è perché effettivamente è in atto una profonda trasformazione delle infrastrutture di telecomunicazioni. La spinta è quella del
passaggio al 5G, che sin dall'inizio è stato pensato - a livello infastrutturale - non in logica storicamente "telco" ma secondo un
approccio in stile IT. Per evitare l'eccessiva rigidità delle reti telco tradizionali, in sintesi, si è adottato lo stesso approccio degli ambienti cloud.
È una bella differenza rispetto alla storicità delle reti di telecomunicazioni, in cui - estremizzando ma non troppo - i singoli servizi sono abilitati da parti specifiche dell'infrastruttura. E cambiare un servizio significa(va) spesso
cambiare buona parte dell'infrastruttura o delle sue configurazioni. Il che, tra l'altro, rende impossibile per una rete telco molto tradizionale aumentare o diminuire dinamicamente le sue prestazioni in funzione del carico o del numero di utenti connessi.
Così un punto chiave della transizione al 5G è la
cloudification della cosiddetta core network, in sintesi delle infrastrutture centrali delle reti di telecomunicazione. Tanto che la futura core network di un operatore di telecomunicazioni - sottolinea
Raffaele D’Albenzio, Manager, Systems Engineers Global SP Accounts, EMEA di F5 - "
potrebbe essere scambiata con una qualsiasi architettura a microservizi del mondo cloud-native".
Anche le piattaforme infrastrutturali sono in sostanza le stesse. Idealmente, con
microservizi e funzioni di rete virtualizzate che poggiano su ambienti a container, con ovviamente Kubernetes come elemento di orchestrazione. Una architettura che garantisce elasticità ed apertura: "
Il 5G è stato disegnato per una infrastruttura 'orizzontale' - sottolinea D'Albenzio -
in cui le funzioni di rete possono potenzialmente essere fornite da vendor differenti, in un approccio best of breed che è in linea con la concezione del 5G".
Verso ambienti cloud "carrier grade"
Attenzione, però. Le tecnologie del cloud "da IT" non risolvono tutti i problemi delle core network 5G, che hanno
esigenze proprie e peculiari. F5 ha maturato esperienze e sviluppato soluzioni per entrambi gli ambiti, quindi ritiene di avere in questa fase un punto di vista più privilegiato di altri nel comprendere
cosa manchi agli ambienti Kubernetes per essere piattaforme "da Telco". le direttrici da seguire sono, secondo F5, principalmente due: una legata ai protocolli di telecomunicazioni, l'altra ai temi della sicurezza e del controllo.
Il primo ambito deriva dalla constatazione che quasi nessuna Telco può fare un salto integrale e immediato al 5G abbandonando quello che aveva prima. Quindi
il 5G deve convivere con le tecnologie cellulari precedenti. E per questo i protocolli del cloud devono dialogare con i protocolli di telecomunicazione tradizionali, in particolare quelli della parte di segnalazione. Il compito di fare - tra l'altro - da ponte fra i due mondi è affidato a
BIG-IP Service Proxy for Kubernetes. Che
sostanzialmente opera da "snodo" tra ambiti diversi e aggiunge anche funzioni per il controllo del traffico da/verso cluster Kubernetes.
Un secondo modulo -
Carrier-Grade Aspen Mesh - si concentra invece sulla
visibility del traffico tra cluster Kubernetes e all'interno dei cluster stessi. Un aspetto che nelle implementazioni classiche degli ambienti containerizzati non è gestito al livello che richiedono invece le implementazioni "carrier grade". Un aspetto particolarmente importante, quello del controllo e della visibilità, perché
si connette al tema più ampio della sicurezza e della compliance delle infrastrutture di telecomunicazioni.
Insomma, il salto delle tecnologie cloud dal mondo IT alle Telco non è proprio immediato. Anche per questo "
i service provider - spiega D'Albenzio -
non si stanno trasformando in aziende IT ma stanno prendendo il meglio dell'IT, come la scalabilità e l'elasticità, unendolo all'aspetto affidabilità tipico delle reti telco". Il
ritardo percepito nello sviluppo del mercato 5G è dovuto anche al fatto che si vuole appunto
procedere con cautela nella trasformazione delle core network, anche se le direttrici di questo sviluppo sono chiare. E insite nella concezione iniziale del 5G stesso.
Anche perché insieme all'evoluzione tecnologica deve esserci anche una
evoluzione delle proposte di nuovi servizi verso il mercato. "
Le Telco devono valutare le possibilità che il 5G dà loro di sviluppare business case e revenue stream differenti", spiega D'Albenzio: "
Il 5G non solo più banda ma anche servizi come il Private 5G, che tra l'altro si sposa perfettamente con le architetture cloud-native, o l'IoT spinta sino al livello di Smart City". In questo senso le Telco adotteranno davvero
il modello degli hyperscaler, avendo la possibilità di attivare servizi mirati, magari anche per poco tempo, come una
rete privata 5G che operi solo per qualche giorno in una determinata area.