Il
passaggio di
Pat Gelsinger da CEO di VMware a guida di Intel non è semplicemente uno dei frequenti cambi di poltrona dell'IT. Non solo perché in questo caso si tratta comunque di due poltrone di lusso, ma soprattutto perché le due aziende coinvolte si trovano, per motivi diversi, entrambe
in fasi importanti della loro storia. E anche perché Pat Gelsinger non lo si può considerare come un manager qualsiasi. È tra i non tantissimi alla guida di aziende "top" in grado di
mettere insieme competenze manageriali e tecniche. Una caratteristica chiave, oggi che fare bene solo il business o solo la tecnologia non porta più molto lontano.
VMware è l'azienda "abbandonata" ma, tra le due, sta affrontando la fase migliore. Dopo una lunga parabola di crescita che in parte si deve proprio a Pat Gelsinger. Quando nel 2012 ne prese le redini venendo da EMC, VMware aveva già mosso i primi passi - non tutti lo ricordano, ma
Cloud Foundry è una piattaforma nata proprio in VMware - verso quello che
sarebbe diventato il mondo cloud. In poco meno di dieci anni però Gelsinger ha fatto sì che l'azienda diventasse un
fornitore chiave delle tecnologie per il cloud nel senso più ampio possibile. E all'inizio non era certo presumibile.
È chiaro che la crescita di VMware è dovuta a tutto il suo staff negli anni, alle sue tecnologie, allo sviluppo del mondo cloud in generale. Ma avere come CEO una
figura credibile anche a livello tecnologico ha indubbiamente aiutato. Soprattutto perché la crescita di VMware è legata anche alla capacità di proporsi come vendor tecnologico
in un ambito sempre più esteso. È partita dalla server virtualization classica degli ambienti di cloud privato, quando ancora non si chiamava nemmeno così. Oggi propone tecnologie e piattaforme che cercano sempre più di
astrarsi dall'hardware, da dove questo si trova e anche dal tipo di virtualizzazione perseguita. Non proprio una evoluzione banale, in relativamente pochi anni.
Da questo punto di vista l'eredità che Pat Gelsinger lascia a VMware è di aiuto.
La strategia definita in questi anni è chiara: mettere in grado gli utenti di
eseguire e gestire qualsiasi workload in qualsiasi "posto" si trovi. Aver man mano aumentato il livello di astrazione da quello che c'è "sotto" la parte di gestione è importante. Una garanzia per chi ha scelto VMware in passato e
non vede così motivo per cambiare idea, se la software house è in grado di fare proprie rapidamente le prossime evoluzioni tecnologiche legate al cloud.
Il problema principale del
prossimo CEO di VMware potrebbe essere proprio mantenere
questa elasticità. Solo ai tempi della prima contrapposizione tra macchine virtuali e container VMware ha mostrato una rigidità potenzialmente rischiosa, difendendo le proprie posizioni di fronte a una evoluzione (i container) che aveva già preso velocità. La posizione tecnologica di VMware
non è cambiata, anche perché era tautologica: VM e container sono per forza due cose diverse. Ma la difesa delle prime a danno dei secondi ha lasciato abbastanza rapidamente la strada a
una visione "ecumenica" per cui si può gestire tutto, nel rispetto delle ovvie differenze.
VMware deve riuscire a restare altrettanto "agnostica" anche in futuro. Capace di lavorare con tutto e con tutti, o quasi. Cosa che potrebbe anche essere facilitata, per certi versi, dallo
spinoff dalla galassia Dell Technologies di cui si parla in maniera ricorrente. E che è tornato di moda dopo l'addio di Pat Gelsinger. Si dice spesso che VMware è il gioiello della corona di Dell, se questa se ne privasse per fare cassa la software house potrebbe avere più mano libera. Ma è presto per dirlo.
Le sfide di Intel
E lato Intel? Pat Gelsinger nel suo nuovo ruolo
deve affrontare diverse criticità. Ha lasciato l'azienda da CTO avendo tra l'altro associato il suo nome allo sviluppo del processore 80486, uno dei più longevi e riusciti dell'azienda. Ora ritrova una Intel che proprio sul fronte CPU deve affrontare una concorrenza in crescita e, come non succedeva da anni, lo sviluppo di piattaforme alternative credibili. Il risultato anche di un progressivo
"spacchettamento" del computing, in cui la CPU resta centrale ma in stretta collaborazione con chip dedicati a compiti specifici. Dall'AI alla gestione dei dati passando per il networking.
La Intel dell'ultimo Krzanich e di Bob Swan ha ovviamente colto queste evoluzioni ma non ha sempre risposto nella maniera a posteriori ideale. Sono state fatte
acquisizioni importanti (Altera, Saffron, Nervana, Movidius...) ma non è stato facile
mettere ordine tra tutte le tecnologie e i prodotti acquisiti. Parallelamente, Intel ha incontrato più di un problema nel
migliorare le sue linee di produzione con tecnologie di microlitografia sempre più raffinate. Restando di fatto indietro rispetto alla concorrenza. Tanto che l'ipotesi di appaltare all'esterno la produzione di parte dei chip appare sempre più concreta.
Intel
non ha bisogno di essere reinventata, questo è sicuro, ma né Krzanich né Swan l'hanno lasciata con una strategia tecnologica che si possa definire ben definita a lungo termine e nei dettagli. Il primo ha lasciato l'azienda repentinamente, il secondo non è un tecnico. Oggi per Intel alcune priorità sono chiare sia lato tecnologico (come l'eterogeneità multi-xPU del computing) sia per la parte di execution (capire come gestire o delegare la produzione di chip). Manca forse un fil rouge -
verrebbe da dire una "narrazione" - che proprio una figura tecnologica e manageriale - tra l'altro formata in Intel - come Gelsinger può dare.
Un fil rouge che è importante anche perché Intel ha obiettivi molto più ambiziosi rispetto a un'azienda come VMware. Storicamente Intel è il nome rappresentativo del computing, cosa che in un certo senso la obbliga - almeno nella percezione del mercato - a
giocare sempre in attacco e mai di rimessa. Ci si aspetta che Intel faccia più e meglio degli altri, anche se ovviamente questo non è sempre possibile.
Il primo vero esame di Pat Gelsinger sarà
portare un nuovo impulso che vada in questa direzione. Non a caso ha già ricominciato a circolare un
recente tweet di Gelsinger stesso, in cui afferma che "i tecnologi hanno un vantaggio intrinseco nel guidare aziende tecnologiche" e che "ricostruire un'azienda non è mai un compito semplice". Parlava di Satya Nadella, ma oggi il tweet
ha il sapore di una anticipazione.