Quanto conta ancora la stampa nelle
strategie di comunicazione e marketing delle aziende? A guardare i risultati finanziari dei giganti della pubblicità online verrebbe da pensare che conta poco. Ma se si analizzano i comportamenti di acquisto e le strategie dei reparti marketing delle aziende si scopre un panorama ben diverso. Che
dà ancora un ruolo chiave alla stampa, con effetti ovviamente benefici su tutto il comparto del production printing. Ma che richiede anche un bel salto evolutivo a chi offre servizi di stampa, dall'esterno come anche
dall'interno delle aziende stesse.
Canon ha portato avanti una analisi del genere
nell'area EMEA, coinvolgendo i clienti effettivi e potenziali dei Print Service Provider. Ossia degli operatori business che dovrebbero essere a diretto contatto con le idee e soprattutto le esigenze degli utenti. L'analisi però mostra la presenza di
un doppio gap che penalizza la stampa. Un gap di percezione sulle potenzialità del mezzo "fisico" nell'ambito di una strategia di marketing multicanale. E un gap strategico nel ruolo che i clienti chiedono ai PSP di svolgere e che questi non sempre espletano.
La constatazione di fondo è che il digital marketing è cresciuto largamente e ha tolto risorse alla comunicazione stampata. Ma non completamente: il 97% delle aziende esaminate da Canon
prevede comunque campagne marketing che coinvolgono il printing. La regola è quindi la multicanaltià, solo che in questa normalità c'è una
percezione falsata del rapporto tra digitale e stampa. Troppo a favore del primo - considerato come semplice, efficace,
tracciabile - ed a sfavore della seconda: considerata lenta, dai risultati non valutabili, costosa.
La percezione è falsata perché
il digitale non è tutto positivo e la stampa non è così problematica. Ma i reparti marketing oggi non hanno davvero modo di fare analisi approfondite e ad ampio spettro. Devono mettere insieme esigenze spesso contrastanti per
obiettivi che sono chiari ma anche molto estesi, dalla fidelizzazione del cliente all'aumento delle vendite. Mentre si chiede alla loro stessa funzione di diventare più flessibile ed adattabile. E in tutto questo, ogni loro decisione deve essere giustificata di fronte al resto dell'azienda. In un tale scenario, la scelta dei canali digitali permette quantomeno di non essere troppo criticati, dopo.
È una constatazione che valeva già in passato - il 95% delle aziende hanno spostato i loro investimenti al digitale negli ultimi due anni, osserva Canon - e che
a maggior ragione si è imposta nel periodo della pandemia. Le aziende hanno vissuto una riduzione dei budget ma allo stesso tempo hanno alzato le aspettative sul successo delle campagne. Portando di fatto il digitale ad essere una specie di
scelta di default.
Eppure l'analisi di Canon indica che gli uffici marketing
hanno già evidenti prove della "digital fatigue" dei destinatari stessi delle campagne. Ossia dei consumatori, che sono sempre meno coinvolti dal digital marketing. I tassi di conversione calano, le campagne sono sempre più indistinte, c'è un elevato rumore di fondo, gli ad blocker spopolano e - elemento anche più grave - si sta affermando una
crescente sfiducia verso le comunicazioni digitali.
Il multicanale è più efficace
La soluzione è in fondo fatta di banale buon senso. Superare l'artificiosa contrapposizione tra digitale e fisico ed adottare
campagne multicanale che puntino su una buona dose di creatività. Capace di esprimersi meglio proprio grazie alla coesistenza di canali diversi. Il campione coinvolto nell'analisi di Canon ha d'altronde confermato che
il "premium feeling" della stampa è ancora percepito. Anche i consumatori vi vedono uno
sforzo di creatività e di produzione che non è paragonabile con quello di una newsletter via email. E in generale una campagna anche "fisica" è considerata più affidabile ed autorevole di una tutta digitale.
Non sembra quindi necessario tornare a convincere i dipartimenti marketing dell'efficacia delle campagne tradizionali. E
c'è la disponibilità a investire di più nella stampa: il 40% degli esperti di marketing intervistati da Canon ha dichiarato che spenderebbe maggiormente nella stampa se i budget fossero raddoppiati. Restano però i gap cui facevamo cenno prima.
Un gap di percezione: gli uffici marketing vogliono capire come sfruttare le nuove tecnologie di stampa, come applicarle in campagne multicanale "blended" tra digitale e fisico, come misurare l'efficacia della stampa all'interno del marketing mix. E
un gap di offerta: le aziende si aspettano che queste competenze vengano anche e soprattutto dai PSP, che però non sempre sono in grado di offrirle.
Questo gap è un segnale che
vale come un richiamo per tutto il mercato, sottolinea Canon. "
Esiste un divario tra ciò che i clienti vogliono e ciò che ricevono", spiega
Mathew Faulkner, EMEA Senior Marketing Manager del segmento Professional Print di Canon Europe: "
I PSP possono ampliare il loro potenziale e aiutare i brand a ottimizzare l'efficienza della stampa. Hanno anche l'opportunità di comprovare il ROI della stampa, dimostrando che è possibile ricorrervi per massimizzare l'impegno o provocare una reazione nelle varie fasi del rapporto con il cliente".
Il salto richiesto a molti PSP è quello di
non essere più semplicemente figure esecutive ma consulenziali, andare cioè oltre una relazione fatta solo di transazioni commerciali, per quanto ben eseguite. Percentuali molto alte del campione della ricerca Canon indicano che ai PSP oggi si chiedono informazioni e consigli su come applicare al marketing i nuovi approcci e le innovazioni tecnologiche nel settore della stampa. Serve
acquisire dall'esterno - ed è qui l'opportunità per i PSP - competenze che aiutino a realizzare gli obiettivi del marketing attraverso la comunicazione.
È una opportunità ma ovviamente
anche un rischio, se non viene colta. Solo una azienda su sette indica che il proprio Print Service Provider agisce in effetti come un consulente di livello. Le altre sei sono alla ricerca di idee, strategie e creatività che se non verranno dal proprio PSP - a cui vorrebbero essere fedeli, perché la stabilità del rapporto è ricercata dall'80% del campione -
saranno alla fine fornite da altri. Magari dalle digital agency che, pur venendo dal digitale "puro", hanno anch'esse capito il valore della comunicazione multicanale e sono pronte ad ampliare il loro raggio d'azione.
I Print Service Provider devono quindi uscire da quella che Faulkner chiama "
trappola della commodity". Devono andare oltre il business consolidato, aggiungere valore alla propria offerta ed arrivare così a stabilire un rapporto più approfondito con i loro clienti. Partendo da quelli che già ci sono per poi conquistarne di nuovi.
Creatività, competenze, capacità consulenziali, elasticità, multicanalità, proattività sono alcune delle caratteristiche che un PSP deve acquisire, secondo Canon.
Per facilitare questa evoluzione Canon ha sviluppato il
Canon Ascent Programme. Supporta la formazione di PSP e centri stampa aziendali per metterli in grado di potenziare la loro offerta e i loro servizi a valore. Il programma comprende anche approfondimenti, workshop, consulenze e condivisione delle conoscenze
all'interno della community Canon. All'interno del programma i PSP possono anche avere
analisi più personalizzate, come ad esempio una consulenza individuale sul proprio business plan o sulla propria proposizione al mercato.