"
L'open source e Linux hanno mantenuto la promessa di essere motori innovativi per tutte le imprese, ma abbiamo visto solo l'inizio di quello che possono fare":
Paul Cormier, Presidente e Chief Executive Officer di Red Hat, sottolinea già dalle prime battute del Red Hat Summit 2021 una
constatazione di fondo che sicuramente fa bene ai sostenitori del software libero. Ad affermarsi negli ultimi anni non sono stati tanto prodotti e piattaforme, spiega Cormier,
quanto un modello di sviluppo - e non solo di sviluppo software - fatto di condivisione e collaborazione.
Red Hat c'era "
quando l'open source non era nemmeno considerato un modo sensato di sviluppare software aziendale", sottolinea Cormier. Ma in realtà i segnali a favore di un approccio aperto c'erano, se li si voleva guardare. Le prime forme di condivisione del codice
datano agli anni Cinquanta del secolo scorso e hanno portato, tra l'altro, alla nascita di Internet stessa. Ed ancora oggi è la condivisione ad aver permesso ad esempio la creazione di
ROS: il
Robot Operating System che sta aiutando lo svliuppo della robotica più degli approcci proprietari.
Il "Linux della robotica" è uno fra tanti esempi che si possono fare per sottolineare
il valore degli approcci comunitari nello sviluppo tecnologico. Anche perché - ricorda Cormer, che lo ha ribadito in
varie occasioni - "
Nessuna azienda, per quanto grande, può risolvere da sola i problemi odierni e di domani... Per questo il modello collaborativo dell'open source è vincente". Certo non basta un'idea comunitaria per conquistare le aziende e qui Red Hat rivendica il suo ruolo storico. Per sfondare nelle imprese a Linux
servivano "attributi" enterprise che non aveva: Red Hat Linux e poi RHEL sono nati proprio per colmare questo gap.
Facciamo avanti (un po') veloce nel tempo e la conquista dell'IT enterprise è diventata poi la
conquista del mondo cloud. Iniziando con i primi servizi RHEL di AWS per arrivare oggi alla disponibilità di servizi RHEL, container e in particolare OpenShift sui cloud di AWS, Microsoft, Google, ovviamente IBM. Come anche presso i cloud provider di dimensioni minori, che agiscono magari su scala locale. Uno scenario che Cormier definisce "
una naturale evoluzione" proprio perché
Linux e l'open source sono alla base del cloud e delle nuove applicazioni cloud-native.
Il modello complessivo è quello dell'
open hybrid cloud, che Red Hat
porta avanti ormai da una decina di anni fa e che oggi è realtà: "
Nessuna azienda può decidere di puntare su un solo cloud, lo sappiamo perché i nostri clienti ce lo dicono ogni giorno. Il nostro compito è dare loro la possibilità di scegliere le soluzioni migliori", spiega Cormier. Ma anche l'open hybid cloud
non è un totem immutabile: il mercato si è convinto della sua validità, ed è un bene per Red Hat, ma si aspetta anche che il modello evolva in funzione delle necessità degli utenti.
Red Hat lo sa: Paul Cormier evidenzia che "
il passo successivo è ora l'estensione integrale del cloud all'edge, portare intelligenza a device nuovi, sfruttare i dati dove sono, esplorare nuove frontiere". Ampliare il concetto per arrivare al "
open hybrid cloud to the edge", che ha infiniti potenziali casi d'uso. Anche i più estremi, come lo
Spaceborne Computer-2 di HPE oppure la
Mayflower Autonomous Ship dotata dell'intelligenza artificiale di IBM. Entrambi con piattaforme Red Hat.
Red Hat Summit 2021, le novità di piattaforma
Le applicazioni edge computing di gran parte delle imprese saranno, presumibilmente, meno avveniristiche. Ma è un dato di fatto che
le esigenze tecnologiche degli utenti cresceranno: "
L'open hybrid cloud è stato il mezzo attraverso cui moltissime aziende hanno potuto modificare e reinventare i loro processi per adattarsi alle necessità imposte dalla pandemia", spiega
Matt Hicks, Executive Vice President Products and Technologies di Red Hat. E l'appetito vien mangiando: dopo aver compreso quanto hanno potuto fare in condizioni di emergenza, le aziende
si aspettano altrettanta - ed anche più - capacità innovativa nelle condizioni di nuova normalità.
Questo per Red Hat significa muoversi lungo diverse linee di sviluppo comunque complementari. La prima è il
potenziamento di OpenShift in quanto elemento
al centro della strategia open hybrid cloud. In questo senso va vista l'acquisizione
qualche mese fa di StackRox, che ora consente a Red Hat di presentare
Red Hat Advanced Cluster Security for Kubernetes, una soluzione che integra nativamente funzioni di sicurezza in Kubernetes. Questo modulo è l'ampliamento chiave, ma non l'unico, di OpenShift che dà vita alla nuova piattaforma Red Hat OpenShift Platform Plus.
Dato poi che OpenShift cresce soprattutto sotto forma di servizio gestito, Red Hat ne ha predisposto una versione mirata -
Red Hat OpenShift Dedicated - che "gira" nel cloud di AWS o Google e che si può collegare direttamente al data center dell'azienda utente. In piena logica di cloud ibrido. "
I clienti chiedono in generale più servizi cloud gestiti, non solo OpenShift", sottolinea Matt Hicks. E Red Hat risponde con tre novità sempre legate al mondo di Kubernetes:
OpenShift Streams for Apache Kafka, per collegare le applicazioni ai flussi di dati in tempo reale;
OpenShift Data Science, per sviluppare e testare più semplicemente modelli di machine learning da poi "containerizzare";
OpenShift API Management, per semplificare la gestione delle applicazioni basate su API e microservizi.
Il debutto di Red Hat Edge
Altra linea di sviluppo è ovviamente quella focalizzata sull'edge.
L'edge è la nuova frontiera dell'open hybrid cloud - ribadisce Hicks - ma servono "
una sicurezza trasversale e continua, Linux ovunque, funzioni di gestione che crescono alla scala dell'edge computing stesso". Non è banale mettere insieme tutto questo, Red Hat ha definito l'iniziativa
Red Hat Edge per portare alla periferia delle reti le stesse funzioni del cloud ibrido.
Si tratta di un portafoglio di componenti che adattano l'approccio open hybrid cloud ad ambienti e
casi d'uso verticali ben diversi dai data center.
RHEL dalla versione 8.4 fa da elemento unificante, proponendosi anche come sistema operativo "leggero" ma solido, per gli ambienti edge. Anche OpenShift è stato adattato per
girare su nodi molto semplici, pur mantenendo le funzioni di clustering. In questa offerta, che man mano si amplierà,
Ansible resta la componente chiave per le funzioni di
automazione che sono, data la complessità degli ambienti cloud-to-edge, indispensabili.
Red Hat Edge è una estensione "fisica" dell'open hybrid cloud, ma lo è anche concettualmente: l'idea di fondo è sempre dare una visione tecnologica - e
soprattutto strumenti coerenti e "neutrali" - per gestire ambienti eterogenei che spaziano dai data center al cloud, sino all'edge. Per, come sintetizza Matt Hicks, "
incontrare i clienti là dove hanno bisogno che l'open hybid cloud sia". Man mano che Red Hat Edge si articolerà meglio, la scommessa "open" di Red Hat
potrebbe essere vinta alla periferia delle reti come è già stata vinta al centro. Stavolta, però, senza la diffidenza iniziale del mercato.