Perché il low-code è la nuova frontiera dello sviluppo

Le piattaforme che abilitano la creazione di applicazioni più rapidamente e con una quantità minima di codice sono oggi essenziali, spiega Fabio Invernizzi, Sales Director Emea South di Boomi

Autore: Fabio Invernizzi

Forrester è stata la prima società di analisi, nel 2014, a utilizzare il termine low-code per definire le piattaforme che abilitavano la creazione di applicazioni più rapidamente e con una quantità minima di codice. Sette anni più tardi, in un’analisi pubblicata lo scorso febbraio, Gartner ha stimato per l'anno in corso una crescita del 23% del mercato delle tecnologie di sviluppo low-code, prevedendo che entro il 2024 il 65% dello sviluppo delle applicazioni sarà basato sul low-code.

Ma quali sono i motivi di tutto questo successo? L’accelerazione della digitalizzazione di processi esistenti o la creazione di nuovi, spinta dal remote working ma ancor di più dalla crescente necessità di governo del processo e del dato, porta le aziende ad aumentare costantemente la propria base applicativa, sia sviluppando software ad-hoc sia personalizzando profondamente le applicazioni in essere. Di conseguenza, i numeri stanno crescendo molto rapidamente e porteranno a un traguardo di oltre 500 milioni di applicazioni create tra il 2018 e il 2023 (dati IDC). Di fronte a un tale volume, è impossibile pensare di aumentare all'infinito anche il numero degli sviluppatori che se ne dovranno occupare, non solo per svilupparle ma anche per mantenerle.


Specializzare lo sviluppo

Produrre e distribuire applicazioni in un breve lasso di tempo richiede all’azienda velocità e agilità sempre maggiori. Le pratiche Dev Ops, la programmazione agile, i metodi di sviluppo e integrazione continui (CI/CD) sono tutte iniziative che hanno un elemento in comune: ottenere questo risparmio in termini di tempo. Queste e, in parallelo, altre iniziative che riguardano direttamente la programmazione, permettono di ridurre (low-code) o eliminare (no-code) il codice delle applicazioni.

Di fatto, i vantaggi del low-code sono numerosi: risparmiare tempo, naturalmente, ma anche evitare di sovraccaricare di lavoro gli sviluppatori, già fortemente impegnati sul fronte dell’integrazione. In un tempo minimo, uno sviluppatore è in grado di creare applicazioni complete grazie a un approccio virtuale e alle interfacce grafiche offerte dalle piattaforme low-code. 451 Research ha dimostrato che utilizzando un approccio low-code le aziende possono risparmiare il 50-90% del tempo di sviluppo necessario rispetto a un approccio di puro sviluppo. Si tratta quindi di una piccola rivoluzione per i dipartimenti IT che, fino a oggi, hanno fortemente impegnato le proprie risorse per scrivere (e mantenere) migliaia di righe di codice.  

Low-code e no-code aprono la porta ai "non esperti", un aspetto sul quale si interroga fortemente il mondo degli sviluppatori. Ma, pensando al numero crescente di applicazioni e integrazioni che nascono nelle aziende, essere in grado di scaricare i compiti di programmazione che richiedono più tempo non può essere considerato un aspetto negativo. Gli sviluppatori potranno concentrarsi con maggiore rapidità su progetti strategici o a più alto valore aggiunto, come l’usabilità e una pianificazione a livello superiore. Allo stesso tempo, il mondo delle applicazioni rimane alla portata delle aree di business in azienda, che possono accedere in autonomia alla struttura di alcuni progetti applicativi senza dipendere totalmente dalla disponibilità del team IT.



Low-code, prezioso per l'integrazione 

Per poter prosperare in un'economia sempre più digitale, le aziende stanno intraprendendo vasti progetti di modernizzazione dei propri sistemi IT come l’adozione di moderne applicazioni Best-of-Breed, l’adozione di un modello cloud ibrido, dell'intelligenza artificiale e l’esplosione dell’ecosistema digitale rappresentato, per esempio, dai device connessi (es. IoT). Tutti questi progetti, come abbiamo spesso raccontato, richiedono pesanti sforzi in termini di integrazione dei dati e l’adozione di un Middleware moderno che abiliti l’innovazione, invece di rallentarla. 

Inoltre, l'automazione dei flussi di lavoro tramite le piattaforme low-code rappresenta un interesse reale, che può essere esteso alla maggior parte dei processi e che semplifica l’orchestrazione dati attraverso il vasto ecosistema applicativo aziendale. Non dimentichiamo che con la programmazione manuale, la manutenzione dell'integrazione rischia di trasformarsi in un incubo, senza dimenticare i rischi di perdita di Know-how e Governance. Questo problema non sussiste con le piattaforme di integrazione as-a-service (iPaaS) che utilizzano il low-code/no-code. Già nel 2007, la prima soluzione iPaaS al mondo era basata sul funzionamento no-code, consentendo di ottenere integrazioni e flussi di lavoro in un tempo cinque volte inferiore rispetto alle

Fabio Invernizzi di Boomi
tecniche di programmazione manuale.  

Di fronte a una domanda sempre crescente di poter sfruttare i dati dispersi nell’ecosistema delle applicazioni dell’azienda, è necessario cogliere l'opportunità di staccarsi dai metodi tradizionali di scrittura delle righe di codice senza interruzioni. Dato che i team di sviluppo non si possono espandere all'infinito e non tutti i dipendenti possiedono le competenze in termini di sviluppo, sono le piattaforme low-code/no-code a rendere più rapide le attività di sviluppo e integrazione. Come conferma Fabrizio Biscotti, analista di Gartner, "le conseguenze economiche della pandemia Covid-19 confermano il valore della proposta del low-code".

Fabio Invernizzi è Sales Director Emea South di Boomi

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