In questi mesi tutti hanno analizzato l'impatto che l'esperienza dei lockdown avrà sul modo di lavorare e di gestire i flussi di informazioni in azienda. Parliamo
diffusamente di
lavoro ibrido - un po' in ufficio, un po' a casa, potenzialmente ovunque - ma spesso non consideriamo abbastanza quanto l'hybrid working sia un cambiamento non solo per i lavoratori ma
anche per le componenti tecnologiche e di metodo che lo devono sostenere.
Da questo punto di vista - spiega
Sergio Patano, Associate Director, Research and Consultng di IDC Italia - la pandemia non ha solo cambiato il modo di lavorare di molti, ha anche avuto un impatto sulle strategie IT a lungo termine delle imprese. Per cui parlare di hybrid working va bene ma rischia di essere limitante. Va considerato per IDC il
concetto più ampio di hybrid workspace: è lo spazio di lavoro nel suo complesso che cambia, non solo la postazione. In una evoluzione che non si ferma a quello che abbiamo già visto ma che va verso gli
Intelligent Digital Workspace: spazi di lavoro che si auto-adattano alle esigenze sia del lavoratore "ibrido" sia dell'azienda, specialmente per quanto riguarda la sicurezza delle informazioni e dei processi.
In questa evoluzione, ricorda Patano, "
Cambia il modello di delivery dei servizi IT, con una accelerazione verso il cloud e con l'automazione di interi processi attraverso applicazioni dedicate. In una logica online-first: favorire le attività che non richiedono la presenza fisica". Quello che abbiamo visto nel 2020 sarà probabilmente il picco del remote working, almeno a medio termine, con percentuali di diffusione di oltre il 70%. Ma anche per il futuro
IDC ritiene che le percentuali resteranno alte, stimando per il 2025 una diffusione del remote working al 54%. Un bel salto in avanti rispetto al 28% del 2019.
Ovvio che queste trasformazioni tocchino da vicino come devono circolare le informazioni tra aziende e dipendenti. Non è una questione solo tecnologica, ricorda
Pierluigi Fioretti, Document Solutions Sales Director di Canon Italia: "
I processi di gestione documentale nei lockdown sono diventati improvvisamente prioritari per garantire l'accesso corretto alle informazioni. In questo la tecnologia era pronta, c'era semmai una resistenza al cambiamento di persone ed organizzazioni".
Dal punto di vista di Canon l'evoluzione più significativa ora riguarderà
il ruolo dei Managed Printing Services, i servizi di
stampa gestita che possono diventare "
veri e propri servizi per la trasformazione digitale", spiega Fioretti. In cui il focus non è la semplice gestione dei device di stampa - per quanto la stampa
si stia parcellizzando per seguire i dipendenti, con micro-isole di stampa e stampa da remoto per l'home-office - ma
dei processi di business veri e propri. Una evoluzione che riguarda tutti ma in particolare la PA, che di informazioni certo ne gestisce molte e che deve fornire servizi sempre più a valore ai cittadini.
Insomma,
nel mondo post-Covid la stampa non è meno importante ma cambia. Ai servizi MPS si affiancano servizi più evoluti, in uno scenario che certamente si fa più articolato e complesso. Al primo aspetto si risponde con l'ampiezza dell'offerta, secondo Canon, mentre al secondo con la capacità di gestire proprio la complessità in generale. Non da soli ma
con l'aiuto dei system integrator. "
Gestire la complessità - sintetizza infatti
Stefano Necci, Sales Manager Corporate & Government Large Account Area di Canon Italia -
significa in fondo cercare la semplificazione. Per questo le aziende si rivolgono ai system integrator, che hanno la capacità di mettere insieme una pluralità di componenti e tecnologie trasformandole in soluzioni per i clienti finali".