Tutte le nazioni
sono a rischio quando si tratta di criminalità informatica e di cyber attacchi alle imprese. Ma certamente
in alcuni Paesi va meglio che in altri. In quali, ha cercato di stimarlo la software house ungherese Seon, che si occupa di difendere le aziende dal rischio di frodi digitali. In un suo report, ha assemblato una
classifica del rischio cyber combinando diversi indicatori di rischio che, a loro volta, derivano dall'analisi delle misure e delle politiche nazionali di cyber security.
In particolare, Seon è partita dal
National Cyber Security Index (
NCSI) combinandolo con il
Global Cybersecurity Index 2020. Ha poi considerato il
Basel AML Index, legato al rischio di riciclaggio digitale del denaro, e il Cybersecurity Exposure Index (
CEI), che misura il livello di rischio per i navigatori di Internet in ciascun Paese. In più, ha unito valutazioni proprie sul quadro normativo delle varie nazioni in quanto a cyber security.
Il risultato è un lungo elenco di
94 nazioni "fotografate" in un Cyber-Safety Score da zero a dieci. E che ha dato il podio, nell'ordine, a
Danimarca (8,91 punti),
Germania (8,76) e
Stati Uniti (8,73). La Danimarca ha prevalso perché ha avuto buoni risultati in un po' tutte le valutazioni di partenza. Germania e Stati Uniti hanno raggiunto un quasi pareggio perché hanno entrambe avuto buone valutazioni per il Global Cybersecurity Index e per il loro quadro normativo.
L'anti-podio, ossia la Top Tre delle nazioni più pericolose in campo cyber security, vede primeggiare
Myanmar (2,22 punti) seguita da
Cambogia (2,67) e
Honduras (3,13). Tre nazioni che hanno tutte indicatori deludenti e che, soprattutto, praticamente
non hanno una legislazione adatta a limitare i cyber criminali. Solo l'Honduras fa qualcosa in più delle altre due.
E
l'Italia? Nelle valutazioni di Seon occupa un non molto soddisfacente
trentaseiesimo posto, con qualcosa più della vecchia sufficienza: 6,51 su 10. Il che permette alle altre principali nazioni UE di sopravanzarci.