All'evento Red Hat Summit Connect, sull'asse Roma-Milano, il vendor traccia gli scenari di mercato e ribadisce i punti cardine della propria strategia che si declina in un'offerta infrastrutturale e applicativa completa per accompagnare le organizzazioni nel loro viaggio di trasformazione
Autore: Barbara Torresani
Novembre: è tempo dell'appuntamento annuale di Red Hat, quest’anno denominato Red Hat Summit Connect, il più importante sul mercato italiano dedicato al mondo open source. Un format ibrido nelle due tappe di Roma e Milano, con una serie di sessioni in presenza, accessibili anche in diretta streaming.Sul palco salgono i manager e gli esperti Red Hat nonché aziende clienti in sessioni coinvolgenti, focalizzate sui temi emergenti quali cloud, modernizzazione IT, edge computing, big data, IoT e mobile.
Alla sessione plenaria nel corso della mattinata sono seguite sessioni parallele pomeridiane in cui si è dato spazio ad approfondimenti tecnologici su temi centrali per la roadmap innovativa del paese, quali hybrid cloud e modernizzazione applicativa.Incisive le testimonianze di trasformazioni digitali di clienti come Agos, Dab Pumps, Enel, Fastweb, INPS, Poste Italiane e SIAE.
Rodolfo Falcone, Country Manager Italy, Red HatRodolfo Falcone, Country Manager Italy, Red Hat, apre la giornata ribadendo ancora una volta il ruolo giocato da Red Hat, il ‘partner ideale’ per la trasformazione e il cambiamento delle aziende clienti, con condizioni a contorno favorevoli e opportunità tutte da cogliere.
Falcone traccia lo scenario, riportando numeri indicativi: l’incidenza del mercato digitale sul PIL cresciuta dello +0,4% tra il 2017 e il 2020; 19 milioni di nuovi consumatori on line (tra gennaio e maggio dello scorso anno); più di 50 milioni di utenti Internet, oltre 6 milioni di certificati Spid, oltre 6 milioni di lavoratori in smart working e circa 19 milioni di cittadini in possesso della carta d’identità elettronica.
“L’Italia si è in parte innovata – dichiara. Oggi dobbiamo essere pronti alle rivoluzioni e non alle evoluzioni. Lo scorso anno la vita personale e professionale di ciascuno di noi è cambiata profondamente. La situazione emergenziale ha impresso una fortissima accelerazione, tanto che la trasformazione digitale delle organizzazioni – private e pubbliche – pianificata nel giro di un paio di anni, è stata realizzata in pochi mesi”. “Nel 2020 si è lavorato come avremmo lavorato dieci anni dopo. Oggi l’ufficio tradizionale non esiste più: è ibrido, un mix di remoto e fisico, un meeting point. Questa è la ‘new normal’", sottolinea.
Le previsioni di PIL mondiale e italiano, anche se al momento negative, tendono a migliorare spingendosi verso il segno più, mentre sul tavolo ci sono 222 miliardi di euro di investimenti stanziati con il PNRR per l’Italia da utilizzare in 48 diverse linee di spesa, di cui 49 miliardi dedicati solo alla digitalizzazione. “L’innovazione digitale è trasversale a tutti gli ambiti e il budget disponibile per tutti gli operatori è molto ampio. Si può fare un salto epocale, oggi, non domani. Le occasioni da cogliere sono immense. Si tratta di unarivoluzione tecnologica paragonabile a quella Internet negli anni 2000”, rimarca.
Nel frattempo la tecnologia continua a evolvere: gli abilitatori tecnologici di mercato su cui ci si focalizzerà maggiormente sono infatti cloud, IoT, mobile business, fortemente interconnessi tra loro, trasversali a tutto. Così come la sicurezza, concepita in una nuova accezione, che va ben oltre il firewall e il cloud. I settori merceologici che saranno maggiormente impattati da questa trasformazione, molto pervasiva, saranno industria, banche e telecomunicazioni… "per non parlare della Pubblica Amministrazione italiana, che sta facendo passi da gigante rispetto al passato”, afferma Falcone. “In molti casi oggi la nostra PA corre più del settore privato”.
Se i percorsi di trasformazione sembrano essere avviati e il senso di urgenza nel farli è forte, rimane ancora molto da fare: secondo l’Osservatorio Cloud del Politecnico di Milano in uno studio sulla migrazione cloud emerge che il 16% ha effettuato re-factoring, il 35% repurchasing, il 17% replatforming e il 32% lift & shift/rehosting. Il fatto grave è che solo il 10% delle applicazioni sono cloud native: “Non si innova ancora in modo profondo, radicale, sistemico, ma si interviene soprattutto in modo tattico. Occorre ragionare in modo nuovo: le applicazioni cloud native sono la chiave del futuro al netto della piattaforma utilizzata”, chiarisce Falcone.E per questo serve fare un cambiamento culturale ed è necessario colmare la carenza di competenze: “In Italia mancano circa 330 mila professionisti; il gap da colmare in termini di competenze secondo 141 Cio e Ceo di grandi aziende per essere più performanti e competitivi riguarda soprattutto la gestione hybrid e multicloud (45%), lo sviluppo cloud native (41%), metodologie e strumenti di DevOps/Agile (33%) e strategie di cloud migration (29%)", illustra.
I clienti cercano qualcuno che li guidi in queste attività e Red Hat si pone come 'trusted advisor', in grado di sedersi ai loro tavoli di discussione per capirne a fondo le esigenze e aiutarli a costruire il loro percorso di trasformazione, facendo leva e prendendo spunto da numerosi business case reali.Oggi infatti il vendor copre le esigenze tecnologiche ricercate dalle aziende: IT automation e management, cloud native development, hybrid cloud infrastructure: "Red Hat è ‘il partner completo’ per la trasformazione e il cambiamento", sottolinea. E come dice la società di analisi Forrester, Red Hat OpenShift è la multicloud container development platform numero 1 a livello mondiale: “Quasi la metà del market share mondiale e italiano è di OpenShift”, conclude Falcone.
Strategia e vision
E' Giorgio Galli, Senior Manager Solution Architecture Presales Team Italia, Red Hat a descrivere dal palco la capacità di Red Hat di abilitare i processi di trasformazione delle aziende clienti: “L’Open Source non è la nuova norma, ma è la norma. Oggi rileviamo che quando si parla di progetti di innovazione e trasformazione le aziende scelgono l’open source; un mondo in cui Red Hat è profondamente immerso da oltre 25 anni con elevate competenze e un’offerta innovativa di tecnologie applicate a livello enterprise.”
Sono molte le aziende che poggiano il loro modello di business di successo su tecnologie open source: nel recente passato le start up diventate poi aziende 'unicorno' hanno iniziato a disegnare e sviluppare tecnologie non reperibili sul mercato, ma negli sviluppi successivi hanno scelto le comunità open source come ‘vendor’ di riferimento, non avendo trovato risposte nei vendor tradizionali. E come riporta ‘The Economist’ se si guarda la stragrande maggioranza delle infrastrutture Internet queste sono open source.
Le realtà innovative sono costantemente alla ricerca di velocità, flessibilità e scalabilità per supportare il business. Tre requisiti che stanno alla base della proposta targata Red Hat.
E’ questo lo scenario di riferimento di Red Hat: un player di riferimento il cui percorso tecnologico segue due direttrici portanti: open hybrid multicloud e trasformazione delle applicazioni in chiave moderna, come disegno e modernizzazione delle applicazioni secondo i paradigmi cloud native.
Come risulta da molte analisi di mercato l’hybrid cloud è la scelta di riferimento del mercato. Spiega Galli, se alle origini Red Hat si è focalizzata sulla costruzione del sistema operativo, Red Hat Enterprise Linux, nel tempo ha sviluppato intorno ad esso una serie di tecnologie che lo rendono stabile, sicuro e utilizzabile a livello aziendale.Un paradigma replicato quando, con il passare del tempo, la virtualizzazione ha cominciato a essere una commodity e si iniziava a lavorare su nuove tecnologie; da qui la scelta dei container, con Kubernetes come orchestratore di riferimento.
Quella attuale di Red Hat non è una semplice ‘container platform’ ma una ‘platform as a service’, costituita da una serie di elementi tecnologici open source che completano la piattaforma e la rendono utilizzabile a livello enterprise.
Stiamo parlando di Red Hat OpenShift, uno ‘strato’ che permette di disaccoppiare le scelte tecnologiche sottostanti (per utilizzare data center esistenti, fisici o virtuali, cloud privato o estendere verso il cloud pubblico), dalla parte sovrastante, ossia le applicazioni, cuore di tutto.Una piattaforma flessibile in grado di supportare il mondo tradizionale - "anche se fare lift&shift non rappresenta il vero valore" – ma anche di muoversi sulle applicazioni cloud native, serverless, event driven,…E’ in quest’ultima direzione che si è lavorato su OpenShift al fine di renderla facilmente gestibile – in termini di installazione, configurazione, … - funzioni ed elementi in cui l’automazione è cardine nell’adozione del modello cloud, nonché per fornire una serie di funzionalità per lo sviluppo e il rilascio delle applicazioni; per esempio, funzionalità di continuous integration e continuous delivery. Tra le tecnologie a supporto, da segnalare Red Hat Advanced Cluster Management for Kubernetes per supportare e gestire il ciclo di vita dei cluster OpenShift ma non solo, anche quelli degli hyperscaler … , in termini di provisioning e decommissioning del cluster. Implemente inoltre, altre funzionalità come la definizione delle policy o relative al rilascio non solo dell’infrastruttura ma anche dell’applicazione stessa secondo modelli GitOps, ovvero dichiarativi, per cui si dichiara qual è l’infrastruttura su cui queste applicazioni vanno rilasciate.
Una tecnologia sempre più omnicomprensiva, OpenShift come Paas, attenta anche ad aspetti di sicurezza, e qui si innesta a pieno titolo l’acquisizione di StackRox, e il rilascio di Red Hat Advanced Cluster Security for Kubernetes per una maggiore sicurezza dell'ambiente Kubernetes, ma, più in generale, per una sicurezza a tutto tondo, che adotta il paradigma shift-left per un controllo della sicurezza già nella fase iniziale di creazione e rilascio delle immagini, in modo tale da avere un processo DevSecOps reale, anche in grado di governare i container quando sono in esecuzione, per arrivare fino a un repository centralizzato in grado di gestire le immagini per configurazioni geograficamente distribuite.Da ricordare che i container richiedono tecnologie in grado di supportare l’automazione e la gestione: in quest’ambito entra in gioco Ansible, componente fondamentale nei processi cloud.
Red Hat dà quindi la possibilità di fare provisioning di ambienti container bar metal/ fisico, virtuale (da segnalare la recente partnership siglata con Nutanix per l’iperconvergenza), nonché creando cluster sugli hyperscaler.
In ultimo, il vendor ha lavorato per far sì che tale tecnologia potesse essere utilizzata anche nel mondo Edge; da qui il rilascio di OpenShift Edge Single Node che apre scenari interessanti in termini di business case, con la possibilità di avere una piattaforma containerizzata anche su singolo nodo, appunto all’edge.
La piattaforma può essere utilizzata non solo in modalità on premise self managed, ma anche ‘managed’ dai diversi hyperscaler (AWS, Azure, IBM, Google Cloud…) o da altri partner che forniscono un servizio cloud su Red Hat OpenShift.
Cloud Native Application: il vero valore
E’ questa la seconda direttrice tecnologica abilitata da Red Hat. In quest’ambito c’è ancora molta strada da fare; secondo un’indagine degli Osservatori del Politecnico di Milano risulta che solo un 10-11% del campione analizzato si è mosso verso applicazioni in grado di sfruttare al meglio l’infrastruttura sottostante, facendo riferimento ad architetture cloud native e a moderni paradigmi di sviluppo e scalabilità. Da applicazioni tradizionali quindi ad applicazioni cloud native, ma anche nuovi interessanti modelli come quello del Function as a service e dell’event driven architecture.
Ultima direzione intrapresa riguarda il rilascio di tecnologie in modalità managed, ovvero la tecnologia come servizio. Ad oggi sono disponibili: API Management, OpenShift Stream per Apache Kafka per lo streaming dei dati e OpenShift Data Science che si basa su Open Data Hub, un progetto open source per disegnare algoritmi di Machine Learning e Artificial Intelligence.
E per colmare il gap tra l’innovazione tecnologica continua e le competenze mancanti Red Hat mette in campo la componente di servizi professionali e training con l'obiettivo di definire percorsi e traiettorie lineari e semplificate, potendo contare anche sul supporto dell’ecosistema dei partner.
Il viaggio di Red Hat al fianco dei clienti passa da qui.