Tecnologie 2022, occhio alle bolle: gli NFT

Diverse evoluzioni tecnologiche catturano l'attenzione degli utenti e cercano di attrarre capitali. Ma cosa c'è di concreto nei probabili fenomeni del 2022? Partiamo dagli NFT.

Autore: f.p.

Già da diverso tempo circola, tra i venture capital e gli investitori tradizionali, un certo timore sulla crescita costante del mercato genericamente "digital". L'innovazione certo non manca, e non mancherà, ma oggi c'è più scetticismo sul fatto che una tecnologia presentata come "disruptive" poi lo sia davvero. D'altronde, lo sviluppo del mercato tecnologico ha sempre bisogno di novità. Le tecnologie già collaudate crescono troppo piano. Bisogna mettere sul piatto sempre qualcosa di nuovo che stimoli la curiosità (e gli investimenti).

Così, anche nel 2022 diverse tecnologie assurgeranno agli onori della cronaca, anche finanziaria. Noi ne abbiamo scelte cinque, tra quelle più vicine agli ambiti di cui ci occupiamo, che ci sembrano le più capaci di suscitare interesse. Quindi di crescere, se l'interesse è motivato da elementi concreti. O di diventare una bolla a rischio di scoppiare, in caso contrario. Iniziamo con i Non-Fungible Token.

Gli NFT sono certamente stati la tecnologia "hype" del 2021. Tutti ne hanno parlato, non solo i tecnologi, tanto che per il dizionario Collins "NFT" è la parola simbolo dell'anno appena chiuso. Con un giro d'affari proporzionale alla quota di entusiasmo: secondo JPMorgan, a fine 2021 il mondo NFT muoveva qualcosa come due miliardi di dollari al mese. Una cifra destinata ad aumentare in fretta. Basta guardare come è cresciuto il transato complessivo di Opensea, il principale marketplace di NFT: 95 milioni di dollari a febbraio 2021, 147 a marzo, 2,75 miliardi a settembre, oltre dieci miliardi a novembre.

Perché tutto questo scalpore? L'idea di fondo dietro gli NFT è valida, sebbene non nuova. In sintesi, garantire via blockchain l'unicità di artefatti digitali che di per sé sono, proprio perché digitali, intrinsecamente replicabili. La parte digitale della nostra vita sarà sempre più importante, quindi lo diventerà anche trasporvi concetti come l'unicità e la proprietà certificata di beni virtuali.

Il rischio-bolla però è dietro l'angolo. Gli NFT hanno conquistato facilmente mondi come quello dell'arte e del piccolo collezionismo. Mondi cioè dove la questione della riproducibilità delle opere è ben nota e in cui le quotazioni degli oggetti creano una economia tutta propria. Con logiche e cifre anomale per chi non è interessato. Estremizzando, oggi un NFT si vende quasi solo perché è un NFT più che per l'oggetto a cui è collegato.

I fenomeni speculativi sugli NFT sono all'ordine del giorno, evidenti. Chi avesse tempo e voglia di creare un NFT collegato a qualcosa anche di banale, potrebbe probabilmente alla fine venderlo anche senza alcuna pretesa di valore artistico. Non necessariamente a guadagnarci, dato che entrare nela galassia NFT richiede una certa dose di denaro: serve criptovaluta come minimo per pubblicare le proprie "opere" e associarvi un token. E i costi indiretti in energia elettrica per "minare" restano comunque rilevanti.

Di certo il mondo NFT adesso è nella fase del "voglio esserci", per molte imprese. Va di moda, così tanti brand anche notissimi (vale per tutti l'esempio di Adidas, che però non è assolutamente l'unico possibile) cercano di mettere in campo iniziative legate ai Non-Fungible Token. Anche se potrebbero magari restare piccole cattedrali nel deserto. Oggi, quindi, il punto critico è chiaro: i Non-Fungible Token riusciranno davvero ad andare oltre l'attuale scenario, onestamente molto autoreferenziale?

L'interesse è tangibile, perché hanno potenzialmente tantissime applicazioni. I dubbi lo sono altrettanto. Come minimo c'è l'impatto ambientale di qualsiasi cosa basata su blockchain, un impatto forse accettabile per le applicazioni "serie" ma più difficile da presentare per le applicazioni ora associate agli NFT. È il classico elefante nella stanza, per dirla all'anglosassone, che non si può continuare a ignorare per molto. Cosa succederebbe - energeticamente parlando - se milioni di aspiranti commercianti di NFT iniziassero a produrre token a pioggia, per specularci su?

Un'altra questione sempre meno ignorabile riguarda la concentrazione delle tecnologie e delle prime applicazioni NFT. Sono in mano a qualche decina di aziende o realtà che in buona parte sono finanziate e controllate da pochissimi grandi venture capital. Che hanno tutto l'interesse perché queste tecnologie crescano rapidamente, anche al di là dei loro meriti. Un elemento di perplessità che riguarda in generale molte tecnologie collegate alla decentralizzazione e che in più di un senso annulla la loro carica "democratica". Qui il dibattito è già piuttosto acceso.

Basta tutto questo per catalogare gli NFT come un fenomeno passeggero da "tech bro" della Silicon Valley? No, perché le buone idee tecnologiche riescono sempre a superare le loro nicchie iniziali. Ma basta per essere quantomeno prudenti e per non stupirsi se la grande corsa agli NFT sarà meno entusiasmante di quanto non sembri al momento.


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