Il futuro software dello storage

Le funzioni più importanti per gli utenti sono sempre più legate alle piattaforme software che gestiscono lo storage e meno all'hardware. Anche sulla spinta del modello cloud-native.

Autore: Redazione ImpresaCity

Il mondo storage sta attraversando una fase di decisa evoluzione, sulla spinta delle logiche cloud. Anche le aziende più conservative sul "dove" sono i loro dati vogliono sfruttare lo storage in modi nuovi e più efficienti. In sostanza, non vogliono perdere le opportunità dell'as-a-Service e delle tecnologie "da cloud".

Gartner stima che entro il 2025 oltre il 40% dello storage tradizionale sarà sostituito da servizi di storage as-a-Service. Sempre entro il 2025, oltre il 70% della capacità di storage enterprise "accesa" dalle grandi aziende sarà sotto forma di servizi a consumo. Una accelerazione nella "servitization" dello storage che, va detto, non è strettamente legata a dove si trovino i sistemi di memorizzazione. Si possono avere tecnologie e servizi cloud-style anche nel proprio data center.

Queste evoluzioni man mano delineano un nuovo mercato storage. Non a caso, è da un po' che i risultati finanziari dei principali nomi del mercato premiano in modo particolare chi ha saputo accelerare sulle offerte as-a-Service, sul supporto alle tecnologie per l'accesso ai dati ad alta velocità, sullo storage software-defined. Non è un fenomeno passeggero.

Nel valutare qualsiasi tendenza tecnologica va però sempre considerato come la possono vedere gli utenti chiave dello storage, ossia le grandi e grandissime imprese. Queste hanno sempre mostrato notevole pragmatismo. Sono capaci di adottare velocemente quelle che portano vantaggi chiari e tangibili. Ma lasciano in secondo piano quelle che non fanno altrettanto.

Il caso tipico è il passaggio dagli array tradizionali a quelli ibridi prima e full-flash poi. Il maggior costo delle soluzioni basate su SSD certo è stato tenuto in considerazione. Ma il vantaggio di un più veloce accesso ai dati era chiaro e il mercato si è spostato verso il full-flash con una velocità che molti inizialmente avevano escluso. Qualcosa del genere dovrebbe avvenire per le tecnologie che portano lo storage verso il cloud-native.

Attenzione: cloud-native non è sinonimo di as-a-Service. Usare lo storage con le dinamiche economiche e funzionali dell'as-a-Service è una cosa, un approccio propriamente cloud-native è un'altra. È adottare le piattaforme software del cloud nello sviluppo delle nuove applicazioni e dei nuovi servizi. Questo significa guardare l'IT in generale in maniera nuova, il che coinvolge anche lo storage e dà una sempre maggiore preminenza al suo lato software invece che a quello hardware.

Lo storage e i container

Si può parlare di cloudification anche per lo storage? Forse è meglio partire da più lontano. Già ai tempi dell'iperconvergenza, uno dei punti chiave era proprio considerare anche lo storage come un insieme di risorse "scomposte" attraverso la virtualizzazione e messe al servizio di un hypervisor. Fu l'inizio del Software-Defined Storage.

Il concetto è pienamente estendibile agli ambienti di containerizzazione. Rendendo ancora più labile la distinzione fra lo storage come oggetto hardware e lo storage come insieme di funzioni di data management codificate in software. In passato la prima componente prevaleva nettamente sulla seconda, in futuro sarà l'opposto. I vendor tecnologici dell'ambito storage mostreranno valore aggiunto se offriranno prima di tutto piattaforme complete e innovative di data management.

Così lo storage oggi deve adattarsi a quello che si considera "l'atomo" applicativo per antonomasia, ossia il container. Ciò che i tecnici chiamano container-native storage è quindi, in sintesi, portare agli ambienti Kubernetes forme di storage persistente per le applicazioni containerizzate. Le risorse hardware sono virtualizzate in un pool, più o meno esteso ed eterogeneo, a cui i container possono accedere senza dipendenze esterne. Un workload containerizzato così integra tutto quello che gli serve, compresi i volumi di storage.

Le funzioni "sopra" i dati

Si può andare anche oltre. Lo storage "containerizzato" è infrastruttura, il lato software dello storage aumenta d'importanza anche a livelli più "alti". L'evoluzione è già evidente nello storage management, per l'aumento rapido nella quantità dei dati da gestire, nella frammentazione delle risorse di storage, nella rapidità che viene richiesta a tutte le operazioni di gestione. Da qui la necessità crescente di funzioni di automazione. Che sempre più si affideranno a componenti di intelligenza artificiale e machine learning.

AIOps e MLOps diventeranno così temi chiave anche per chi in azienda si occupa di storage management. Tanto che per i vendor tecnologici sarà necessario integrare tali componenti direttamente nelle loro piattaforme. Sperando tra l'altro nello sviluppo di standard aperti o di mercato in questo campo, perché i clienti chiederanno funzioni "intelligenti" di automazione e orchestrazione che sappiano guardare a tutte le risorse, non solo a quelle di un certo brand.

Qualcosa del genere accade per le funzioni di protezione dei dati, anche se in misura minore. Data protection e cyber security sono stati a lungo ben distinti ma la spinta a integrarli è sentita. Per questioni di compliance e business continuity, innanzitutto. Ma anche perché i cyber criminali guardano ai dati aziendali come a una risorsa preziosa da conquistare.

Gestire la cyber security come un layer "sopra" la gestione dei dati può non bastare più. Da qui l'integrazione di funzioni di protezione mirata direttamente nelle piattaforme di storage. Una evoluzione che al momento guarda soprattutto alla prevenzione dai danni da ransomware ma che, in realtà, ha ampio spazio di sviluppo.


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