Elbrus: da curiosità tecnologica diventa piattaforma patriottica da portare avanti per sostituire i prodotti bloccati dalle sanzioni internazionali
Autore: f.p.
In Russia e in Cina c'è sempre stata una tradizione di IT "autarchica" legata allo sviluppo di prodotti e piattaforme autonome, in grado di sostituire i prodotti occidentali nel momento in cui questi non dovessero essere più disponibili per motivi che hanno a che fare più con la politica che con il mercato. Così ad esempio la Cina si fa da anni i suoi supercomputer con relativi processori Shenwei. Ed esistono varianti di Linux russe e cinesi che sono nel tempo state presentate come sistemi operativi "nazionali" di riferimento.
La Russia non manca di tradizione tecnologica ma non ha, nel passato relativamente recente, portato avanti sviluppi nazionali realmente importanti in campo IT. Le aziende tecnologiche russe hanno certamente sviluppato prodotti in qualche modo di rilievo - tanto per fare un esempio, KasperskyOS oggi è un prodotto pubblico ma per qualche anno è stato distribuito e implementato solo in Russia - ma per le aziende in generale risultava molto più semplice acquistare tecnologia dall'Occidente.
Oggi la situazione è decisamente diversa: per ragioni patriottiche ma anche pratiche, sviluppi una volta di secondo (e terzo) piano stanno assumendo una maggiore importanza. E le aziende pro-Mosca stanno sottolineando come gli sforzi di sviluppo interni possono compensare la mancanza di prodotti americani ed europei. C'è sempre la Cina come potenziale fornitore, ma l'impressione è che la Russia non voglia trovarsi a dipendere da nessuno per la sua IT.
Così in Russia è iniziata la corsa alla sostituzione dei prodotti hardware e delle piattaforme occidentali, con un "interregno" in cui la pirateria software sarà di fatto legalizzata. Tecnicamente le nuove leggi russe la chiamano "importazione parallela", di fatto una importazione che non richiede l'autorizzazione ufficiale del produttore. Ma non è più l'Unione Sovietica degli anni Ottanta-Novanta: oggi le aziende tecnologiche russe hanno effettivamente le capacità per fare a meno delle competenze occidentali. Almeno in parte e in determinati settori. Il grande dubbio, in questi casi, riguarda le piattaforme hardware. Fare software è un conto, progettare microprocessori adatti alle imprese è un altro.
La Russia ha già, da alcuni decenni, una "sua" famiglia di processori: la piattaforma Elbrus. Attualmente il suo sviluppo viene portato avanti dal MCST (Moscow Center of SPARC Technologies), che nel 2015 fece debuttare un primo processore - Elbrus 4C - teoricamente utilizzabile nelle applicazioni business. Una CPU di per sé semplice (quattro core, 800 MHz di frequenza operativa, litografia a ben 65 nanometri) ma almeno "presentabile". Oggi l'Elbrus di punta è un suo erede a 16 core con frequenza operativa di 2 GHz, prodotto con microlitografia a 16 nanometri.
In condizioni normali Elbrus 16C sarebbe una piattaforma assolutamente sui generis, adottata solo in ambienti governativi e poco più. Come in effetti è stato sinora. Un progetto dal valore essenzialmente patriottico, valore che può far dimenticare un livello di performance scarso in confronti agli odierni processori Intel e AMD. Ma la Russia non vive condizioni normali ed ecco che Elbrus diventa una piattaforma di punta per chi vuole mandare in pensione i processori occidentali.
Ad esempio, il conglomerato russo RSK (PCK) ha presentato una piattaforma server adattabile ad ambienti di supercomputing e di storage che si basa sui processori Elbrus, oltre che sui processori "esteri" x86. Il sistema operativo è, per quel che se ne sa, il classico Elbrus Linux. E un'altra azienda russa - AS - fornisce un ambiente di sviluppo no-code (Datamaster) adattato rapidamente per il mondo Elbrus. Questa combinazione Elbrus-Datamaster rappresenta, sostiene il MCST, "una concreta alternativa per il settore pubblico, le grandi aziende, l'industria e le piccole imprese".
Ma a Mosca le cose si vedono diversamente, oggi. Ad esempio, l'importazione di software e codice straniero in Russia non è più libera dalla fine dello scorso marzo, almeno per i progetti legati alle infrastrutture critiche. Gli enti pubblici e molte imprese private poi non potranno usare affatto software o codice proveniente dall'estero dall'inizio del 2025. In arrivo anche una stretta sull'uso di prodotti hardware, sempre legati al momento alle infrastrutture critiche. Ma nuovi divieti arriveranno, mentre gli inviti a sviluppare tecnologie "di casa" per sostituire quelle occidentali sono già arrivati.
Volenti o meno, le aziende russe devono pensare all'autarchia tecnologica. Allora Elbrus è quantomeno una base da cui partire, investendo nel suo sviluppo e puntando sulla produzione dell'alleato (per ora) cinese. Più in generale, molte aziende tecnologiche russe oggi si stanno presentando come possibili campioni nazionali della digitalizzazione libera dall'Occidente. Se le sanzioni continueranno nel lungo periodo, e se come risposta il mercato russo chiuderà le poche altre possibili porte per l'IT straniera, potrebbe essere l'unica strada per chi si troverà oltre la nuova Cortina di Ferro.