ImpresaCity Magazine n57 anno 2022

Ciò che è illegale offline  dovrebbe essere illegale anche online”: quante volte lo avete sentito dire? È una affermazione allo stesso tempo banale, perché è semplice buon senso, ma anche rivoluzionaria, perché siamo talmente abituati.

Autore: Redazione ImpresaCity

Ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online”: quante volte lo avete sentito dire? È una affermazione allo stesso tempo banale, perché è semplice buon senso, ma anche rivoluzionaria, perché siamo talmente abituati (male) alle storture dell’online che nemmeno ci pensiamo più. E quando qualcuno mette sullo stesso piano reale e virtuale, ci spiazza.

Così la frase banal-rivoluzionaria oggi assume tutta la sua importanza perché è una dichiarazione ufficiale di Ursula von der Leyen, Presidente
della Commissione europea, fatta per annunciare il Digital Services Act. La legge sui servizi digitali con cui - spiega Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva per Un’Europa pronta per l’era digitale - l’Europa vuole fare in modo “che le piattaforme siano chiamate a rispondere
dei rischi che i loro servizi possono comportare per la società e i cittadini”.

Dove le piattaforme in questione sono i giganti dei servizi online, da Facebook e Google in poi. Il Digital Services Act potrebbe essere archiviato come un ennesimo “caso GDPR”, ossia la messa in cantiere di una norma che contrappone idealmente il liberismo tecnologico della Silicon Valley (come luogo metaforico più che fisico, ormai) con la rigidità dell’Europa. Se non fosse che poco dopo il DSA è arrivata la “Declaration for the Future of the Internet”, un documento decisamente più generico ma sottoscritto tanto dalla UE quanto dagli Stati Uniti e da una trentina di altre nazioni del mondo.


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