Il vendor inaugura la nuova sede in città: uno spazio di collaborazione tra l’azienda, i partner, il territorio concepita all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione, per migliorare la produttività dei team distribuiti e favorire il benessere delle persone che tornano in ufficio in una fase in cui il lavoro si è trasformato
Autore: Barbara Torresani
In via Melchiorre Gioia 26 a Milano si trova la nuova sede di VMware. Dalla periferia, in via Spadolini, al centro, a due passi dalla metropolitana nel cuore pulsante della città, in una Milano vivace che si sta rimette in moto, con ancora la memoria vivida di ciò che è successo nel recente passato.
Una nuova sede in cui le parole d’ordine sono flessibilità, collaborazione, connessione, digitalizzazione, sostenibilità, socialità; tutti concetti alla base del paradigma moderno di ‘Future of work’ abbracciato da VMWare che predilige un modello di lavoro ibrido, oggi scelto dal 92% delle realtà produttività nel post pandemia.
E’ espressione di come si sta ripensando la città post pandemia insieme al mondo istituzionale, a quello accademico, all’intero ecosistema. Una sinergia tra modo privato e pubblico da assecondare per creare le condizioni ideali per lo sviluppo e la crescita del Paese.
La connessione tra le parti oggi tende a farsi sempre più intensa e profonda. Come testimoniato da Layla Pavone, Coordinatrice Board Innovazione Tecnologica e Trasformazione Digitale Comune di Milano, presente all’inaugurazione: “Il Comune di Milano sta cercando di dare forma a questo profondo cambiamento, in cui siamo stati vittime ma anche protagonisti, in cui si cerca tradurre in opportunità un nuovo modo di vivere, a partire dagli spazi”.
E’ forte anche da parte delle istituzioni, nello specifico dal Comune di Milano, la disponibilità a mettersi a disposizione di questa trasformazione proprio attraverso il concetto di Board - un gruppo di persone che rappresentano gli stackholder della città: ”E’ la prima volta che un’amministrazione accoglie contributi, suggestioni, soluzioni che arrivano dall’esterno. Teniamo alte le antenne operando secondo il paradigma dell'open innovation, per cercare di lavorare soprattutto con aziende private che, magari prima di altre e della stessa amministrazione pubblica, possono portare valore aggiunto. L’idea di fondo è riunire il mondo accademico, quello universitario, le imprese e le associazioni che le rappresentano, ma anche i cittadini stessi, in un momento di ascolto, cercando di tenere presenti le necessità di tutti in una logica di ecosistema. In una società sempre più fluida occorre infatti lavorare sempre più in squadra per cogliere appieno i cambiamenti e tradurli in servizi disponibili sempre più digitali, ma non solo”, conclude Layla Pavone.
Nella nuova sede VMware, progettata da AMA (AlberaMonti e Associati) in collaborazione con BDF Studio, gli uffici si ispirano al concetto di Neighborhoods, ovvero piccoli quartieri contigui dove svolgere diverse attività lavorative: Collaboration, Focus, Connect&Social, Relax&WellBeing e Learning. Qui il 70% dello spazio complessivo è dedicato alla collaborazione, rispetto alle aree cosiddette Focus Work (30%). Una zona dell'ufficio è riservata ai clienti e alle visite esterne, e comprende la reception e sei sale riunioni con dimensioni e attrezzature diverse, mentre una zona è solo per i dipendenti, ed è disposta secondo i principi di ‘zonizzazione’ del Future of Work. Una configurazione che fornisce un'ampia varietà di impostazioni di lavoro che accelerano la produttività dei team distribuiti e supportano anche le esigenze specifiche dei team. “Un luogo che rappresenta un giusto compromesso del lavoro ibrido, tra lavoro da casa e in ufficio per avere il massimo della produttività e della collaborazione. Un luogo bello e sostenibile, per attrarre e trattenere i talenti, dare loro libertà di scelta e massima flessibilità”, sottolinea Gigantino.
Guardando alla nuova sede, come racconta Antonio Borghi, Architetto BDF Studio, nelle fasi di progettazione e costruzione è stata posta una forte attenzione ad aspetti quali acustica (in tutte le aree), ergonomia (tutte le scrivanie sono elettriche HA, sedie dinamiche etc.), tecnologia (app di prenotazione delle scrivanie, armadietti con i badge, doppi schermi da 24", docking station universale su tutte le scrivanie), sostenibilità (tazze invece di bicchieri di carta, eliminazione delle bottiglie di plastica etc.) anche nella scelta dei fornitori definita a livello globale.
La zona Collaboration riservata ai dipendenti presenta un’ampia area con divani, tavoli e poltrone che possono essere occupati liberamente, così come non sono riservate le 20 postazioni nell’area collaborativa e le 20 in area focus work e i tre phone booth. Sono invece prenotatili tre uffici chiusi con pareti vetrate. C’è poi una cucina/caffetteria dedicata alla socializzazione. Fra l’area visitatori e quella riservata al personale è disposta la reception, identificata dal colore giallo e da tre lampade a forma di nuvola. Il concept design è stato pensato per includere un po' di stile italiano ispirandosi allo stile urbano di Milano, di ‘ufficio come città’.
La nuova sede è anche una risposta concreta allo sforzo di ridurre lo skill gap creato dalla trasformazione digitale, e accelerato dalla pandemia: “Investire in competenze digitali è un must, per questo occorre favorire e creare momenti formativi. Un esempio, Orizzonte Digitale, lanciato un paio di anni fa da VMware con CRUI, un programma di iniziative di education per accelerare la trasformazione digitale nel nostro Paese, in cui abbiamo messo a disposizione gratuitamente il software all’università”. Un percorso continuo quello focalizzato sulla formazione seguito da VMware: di recente il vendor ha lanciato insieme alla Libera Università di Bolzano e ad alcuni partner industriali un’iniziativa per creare un Master in Applicazioni Cloud Native, proprio con l’obiettivo di promuovere competenze in ambito cloud computing, sviluppo applicativo e sicurezza informatica per formare gli sviluppatori del domani: “Vogliamo essere parte attiva nella formazione dei talenti per aiutare le organizzazioni nel loro percorso di trasformazione digitale”, conclude Gigantino, ricordando che proprio il nuovo ufficio è anche luogo per fare incontrare i talenti del futuro, come gli sviuppatori open source. Sempre nella direzioen 'formativa' VMware' annuncerà a breve un accordo con un Ministero.
Serve una politica della formazione
All’inaugurazione è intervenuta anche Maria Letizia Giorgetti, Professore Associato di Economia Applicata al Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi all’Università degli Studi di Milano, Membro del Comitato tecnico e scientifico di Woman & Technologies, Task Force MISE di esperti di politica industriale, portando il punto di vista accademico e non solo: “VMware è un’azienda che ha sposato in toto il tema della transizione digitale e quello della transizione ecologica e sostenibile”. Secondo Giorgetti, la transazione digitale e quella ecologica non avvengono autonomamente ma devono essere indirizzate dalla politica industriale, finalmente riabilitata dopo un periodo di ostracismo: ”La politica industriale non altera il funzionamento dei mercati e la pandemia ha accelerato un cambio di rotta; oltre a mostrare la necessità di rivedere le modalità di lavoro ha inoltre evidenziato l’esigenza di riparlare e intervenire proprio in termini di politica industriale, analizzando i settori industriali italiani in correlazione con quelli di altri Paesi europei, capendo altresì il grado di contenuto tecnologico del paese”. PNRR e Industria 4.0 daranno un boost
Non ultimo, di fronte a problemi come il caro energia che ha portato l'inflazione a livelli altissimi, bisogna cercare di investire sull'intera filiera per incentivare le collaborazioni in modo da non lasciare indietro nessuno, in un tessuto industriale come quello italiano costituito in prevalenza da PMI. In questo senso occorre creare le corrette condizioni, rendere più efficiente la PA, ‘cambiare’ le persone: "Bisogna valorizzare ciascun individuo, affinché si senta parte di una progettualità condivisa”. E ancora una volta la formazione è chiave per coniugare digitale e sostenibilità ma anche per innescare il cambiamento, partendo da ciascuno di noi: “Siamo di fronte a un momento difficile e al contempo meraviglioso, in quanto è possibile ridisegnare il mondo; chi ha il potere e la possibilità di innescare questo cambiamento ha il dovere di farlo”, conclude Giorgetti.