Gli investimenti in nuove acquisizioni e maggiore sostenibilità faranno per primi le spese della crisi in arrivo, secondo una indagine Gartner
Autore: Redazione ImpresaCity
Messi di fronte alla necessità di ridurre gli investimenti, che cosa sono più disposti a carificare i CEO e i resoponsabili finanziari delle grandi aziende? Secondo una indagine di Gartner, ad essere buttati metaforicamente giù dalla torre sarebbero gli investimenti in nuove acquisizioni e quelli - in un risultato decisamente sorprendente, per molti versi - in sostenibilità e riduzione dell'impatto ambientale aziendale.
La risposta deriva da una survey che Gartner ha fatto coinvolgendo 128 CFO e CEO e chiedendo loro di indicare le due aree di investimento più sacrificabili se le condizioni economiche della propria azienda dovessero peggiorare. Un rischio concreto, dato che molte imprese sono coinvolte da tre dinamiche negative: l'inflazione che sale, gli skill tecnologici che non si trovano, le materie prime che scarseggiano.
Il fatto che gli investimenti in fusioni e acquisizioni sarebbero (e saranno) i primi (41% di citazioni) ad essere scartati non è, secondo Gartner, una sorpresa. Nel 2021 ci sono state già moltissime operazioni di questo genere, per quelle che sono state rimandate oggi le condizioni non sono ideali. Finanziare una importante fusione o acquisizione costa, e i tassi di interesse oggi rendono l'operazione piuttosto onerosa. Per molte imprese anche troppo, se non davanti a ritorni molto chiari.
Stupisce invece che gli investimenti in sostenibilità sarebbero i secondi (39% di citazioni) a passare nel dimenticatoio. Stupisce perché la sostenibilità è - almeno a parole - nelle strategie chiave delle imprese. E perché gli indicatori ESG stanno diventando estremamente importanti nella valutazione anche finanziaria e di rischio delle imprese.
Il problema è forse che gli investimenti in sostenibilità, quando l'azienda è alle strette, non sembrano davvero portare un valore immediato. Ma fare un passo indietro rispetto alla buona volontà dichiarata non sembra una buona idea, anche solo per questione di immagine: l'emergenza ambientale è comunque in cima alle preoccupazioni della maggioranza dei consumatori. Che sono anche dipendenti e clienti delle imprese e valutano la loro propensione alla sostenibilità.
Va anche notato che la terza classe di investimenti a rischio di riduzione è quella legata allo sviluppo delle competenze dei dipendenti (33% di citazioni). Un segnale in parte sorprendente, perché il "talent development" viene considerato come lo strumento migliore per migliorare l'efficienza d'impresa. E infatti, sempre nella survey Gartner, il 46% del campione indica che gli investimenti in questo campo sarebbero gli ultimi ad essere tagliati.
Una contraddizione dell'indagine? Solo apparentemente, spiega Gartner. La stranezza è dovuta al fatto che la propensione allo sviluppo delle competenze interne varia molto a seconda del settore di mercato in cui si opera.
Le aziende dei mercati collegati ai servizi sono più propense a ridurre gli investimenti in talent development perché hanno già costi del personale molto alti, mediamente. Le aziende che sviluppano prodotti sono invece portate a proteggere gli investimenti in sviluppo del capitale umano, perché portano vantaggi immediatamente percepibili.
Di sicuro nessuna azienda vuole ridurre gli investimenti in tecnologie e digitalizzazione. Sono quelli meno citati (23%) tra i primi candidati all'eliminazione, perché - spiega Gartner - le imprese sanno che la spesa richiesta per l'innovazione tecnologica si ripaga con una maggiore efficienza e con la capacità di proteggere meglio i propri margini operativi.