Una figura completamente da ripensare di cui, oggi più che mai, si ha forte bisogno.
Autore: Valerio Mariani
Un valore di mercato triplicato in dieci anni. Secondo i dati di FactMR, il fatturato totale del comparto del facility management passerebbe dagli attuali 47,5 miliardi di dollari a 153 miliardi nel 2023. Segno evidente di una rivoluzione che ha iniziato a investire la figura fin dal 2020. Le aziende si trovano a vivere una completa revisione delle postazioni di lavoro a causa della diffusione del lavoro ibrido, ma non solo. Le sfide legate alla crisi energetica, oltre alla necessità di garantire maggior protezione ai dipendenti, ridefinisce totalmente il ruolo del Facility Manager.
Secondo la definizione dell’International Facility Management Association (IFMA): il Facility Manager è colui che ha il compito di assicurare funzionalità, comfort, sicurezza ed efficienza dell’ambiente costruito integrando persone, luogo, processo e tecnologia. Dunque, definisce tempi e modalità di manutenzione delle strutture, coordina il personale preposto ai servizi, gestisce il budget dedicato, e il suo operato deve soddisfare i requisiti di efficienza richiesti dall’ambiente di lavoro. I servizi di cui si occupa sono legati alle utilities, alle infrastrutture fisiche e a tutti quei servizi che migliorano le condizioni del posto di lavoro.
La diffusione orizzontale della tecnologia su tutte le divisioni aziendali ha, evidentemente, coinvolto anche il Facility Manager, che oggi risulta essere tra i ruoli più ricercati, almeno tra le grandi e medie aziende. Capita spesso che, nel trasferimento degli uffici aziendali o nella progettazione ex novo, siano coinvolti fornitori specializzati, tipicamente studi di architettura associati a grandi realtà dell’immobiliare, che, una volta concluso il progetto con la consegna delle chiavi, esauriscano il loro compito.
Nel nuovo contesto, però, questo approccio one shot non è consigliabile. Perché, evidentemente, la gestione delle strutture aziendali è un lavoro continuativo, troppo spesso delegato al dipartimento delle risorse umane e magari non supportato dalla giusta tecnologia.
Secondo l’opinione di Carlo Costa, Direttore Commerciale e Marketing di AliA Cloud e Serrature Meroni – uno dei principali produttori di sistemi di chiusura in Italia e nel mondo: “È consequenziale che anche il ruolo del Facility Manager sia coinvolto negli attuali processi di digitalizzazione e si relazioni sempre più a servizi basati su soluzioni software, cloud, Internet of Things e di Intelligenza Artificiale. Oggi questa professione dovrebbe assumere il nome di Smart Facility Manager”.
Dove il prefisso Smart indica l’evoluzione digitale delle soluzioni per la gestione delle sedi aziendali, che devono diventare Intelligent Building. Soluzioni integrate hardware e software supportate da sensori, dispositivi IoT e Vediamo, dunque, di sintetizzare gli ambiti di competenza di uno Smart Facility Manager.
Come detto, la diffusione dell’hybrid work richiede una gestione molto più accurata degli spazi aziendali, che nel frattempo si sono ridotti. Oggi le scrivanie sono condivise e una applicazione di prenotazione degli spazi diventa necessaria per evitare sovrapposizioni. Applicazioni che non si possono limitare allo scheduling degli spazi ma devono fornire qualcosa in più, per esempio interfacciandosi via Api ai software di collaboration. In ogni caso, l’applicazione da sola non basta, ma deve essere necessariamente supportata da una risorsa in loco. Pensiamo solo all’allestimento delle sale riunioni per i meeting con clienti e fornitori.
L’efficienza energetica oggi non è un “nice to have” ma è un obbligo, previsto anche dalla normativa europea. Un parametro incluso naturalmente nelle nuove costruzioni ma da considerare in caso di ristrutturazioni. Se, da un lato, è il fornitore che la deve garantire, dall’altra, anche in questo caso, qualcuno deve vigilare, con l’aiuto delle soluzioni di automazione per gli Smart Building. Oggi sono disponibili soluzioni intelligenti che fanno largo uso di algoritmi di machine learning e di analisi dei dati che non si limitano a spegnere le luci in un orario prefissato, ma sono in grado di ottimizzare per segmenti i consumi.
Considerarla una costola della gestione delle scrivanie è un rischio. La gestione degli accessi merita un discorso a parte ed è fortemente legata al tema della sicurezza. Le buone pratiche e i dispositivi installati in tempi di Covid oggi possono tornare utili, con piccole variazioni agli applicativi di gestione. È fondamentale sapere con certezza chi è in sede e monitorare gli spostamenti degli ospiti, ovviamente nel massimo rispetto della compliance. Perché un accesso non controllato può diventare un pericolo per la sicurezza di dati e rete aziendale. L’attività deve essere gestita in concerto con i CIO o il responsabile della sicurezza informatica.
Anche in questo caso, i protocolli introdotti durante la pandemia possono tornare utili. Monitorare e limitare l’accesso alle sale comuni deve essere buona norma per tutelare la salute dei dipendenti. Mantenere l’igiene nelle mense, nelle cucine a disposizione o nei servizi dovrebbe essere una buona norma, indipendentemente dalle emergenze. Benché non si scopra ora che la protezione nel luogo di lavoro è d’obbligo, l’introduzione di sistemi di automazione e di robot può peggiorare le cose.
Infine, altra attività che non scopriamo certo oggi è la manutenzione delle strutture. Anche in questo caso, utilizzare strumenti applicativi in combinazione con sensori e dispositivi IoT può aiutare. Le soluzioni più moderne sfruttano l’intelligenza artificiale, in particolare il machine learning, in ottica previsionale. Si tratta di piattaforme potenti ma complesse, che devono essere configurate e gestite con competenze di livello superiore.