Lanciato nel 2015, il polo tecnologico di Carini (PA) diventa un hub al servizio della trasformazione digitale.
Autore: Valerio Mariani
Il concepimento sette anni fa dall'iniziativa di Valeria Rossi e Joy Marino, rispettivamente amministratore delegato e presidente del MIX, il Milan Internet eXchange, lo storico e più importante nodo di interscambio dati in Italia, l'evoluzione a hub al servizio della trasformazione digitale per le aziende italiane. Oggi, Valeria Rossi, presidente esecutivo e del consiglio di amministrazione di Open Hub Med, ci racconta come cambia il ruolo di un Internet Exchange e quale sia la sua importanza geografica nel contesto europeo.
Nella pagina dedicata ai servizi, Open Hub Med inserisce al primo posto la colocation e l'housing, prima di quelle di peering e IP transit, è evidente che non ci troviamo più di fronte a un semplice crocevia: come dovremmo chiamare, dunque, Open Hub Med. "In un unico termine, anche se può sembrare poco fantasioso, continuerei a definirci un hub - spiega Valeria Rossi -. Quando si parla di hub nell’ambito delle reti dati, si deve pensare a un unico ambiente tecnologico in grado di catturare un insieme di necessità utili all’aggregazione e allo scambio dei dati per creare un sistema ottimale alla loro gestione. Un hub oggi è, dunque, un punto di concentrazione dei dati più che delle reti. I dati necessitano di un repository efficiente in termini di continuità di servizio e di costi e di poter essere veicolati dalla sorgente alla destinazione (utente finale) nel più breve tempo possibile. Ecco dunque, che da un lato la creazione di datacenter sempre più dislocati sul territorio e dall’altra la compresenza di infrastrutture e di IXP geograficamente distribuiti partecipano congiuntamente a questo scopo".
"In questi 7 anni - prosegue la manager - con la sempre maggiore affermazione dei servizi cloud, il mondo è cambiato velocemente e oggi ai paradigmi iniziali che ci hanno spinto a sviluppare Open Hub Med si associano quelli sempre più richiesti di sopperire alle necessità di distribuzione dei contenuti e del loro avvicinamento a chi ne usufruisce o li elabora, che siano utenti o applicazioni". "Ma le basi progettuali su cui si appoggia Open Hub Med restano invariate - spiega Rossi - un datacenter carrier-independent, un Internet Exchange strutturato e infrastrutture che raggiungano sia gli utenti finali (accesso) che le altre grandi dorsali di rete (trasporto/transito). Creare l'hub in Sicilia non solo significava presidiare un'area chiave nell’ambito del trasporto dei dati ma anticipava una tendenza, realizzando il primo vero edge datacenter del Sud Italia, sufficientemente distante da Milano per motivi di diversificazione, di sicurezza e di bilanciamento dell’erogazione dei dati all’utenza finale che insiste nel mezzogiorno e con grandi potenzialità di interconnessioni sia oltremare da Sud, che nel Sud Italia e verso il Nord Europa".
"Stiamo lavorando all'aggiunta di servizi gestiti, ma perseguendo, al momento, una strada che valorizzi le eccellenze esistenti piuttosto che cercando di sostituirci a esse - chiarisce Rossi. È indubbio che una proposta di offerta di servizi a largo raggio che raggiunga non solo la domanda degli operatori ma direttamente anche le esigenze dell’utenza (imprese, cittadini, centri di ricerca) è un trend che oggi vediamo in molti dei maggiori datacenter in Italia e che sta avendo successo. Ciò detto sono sempre molto cauta nel vedere il valore nella verticalizzazione dei servizi confondendone la molteplicità offerta con la qualità, come purtroppo avviene talvolta altrove".
"A mio parere - spiega ancora la manager - il valore sta certamente nel proporre una rosa di proposte utile a coprire le esigenze sia dei clienti diretti che indirettamente dei loro clienti, ma credo fortemente nella diversificazione delle competenze e nel valore di azioni congiunte che possono raggiungere il medesimo scopo a costi minori e con risultati probabilmente migliori, partecipi di un allargarmento del mercato piuttosto che di una concentrazione in pochi soggetti. A mio parere non si tratta di superare la pura locazione, ma di renderla sempre più efficiente a favore dei partner IT, dove la parola chiave è proprio “partnership”: creare un’offerta qualificata messa a portfolio come un unicum ma sottesa dalle competenze di attori diversi nei diversi ambiti".
Open Hub Med è un’azienda ancora contenuta che coinvolge direttamente oggi un totale di 6 persone. "In questi primi anni ci siamo focalizzati per creare il substrato utile allo sviluppo dell’hub - prosegue la manager -, ovvero aggregare in loco operatori di rete senza i quali, ovviamente, non c’è offerta ad aziende e pubbliche amministrazione che possa tenere. È stato un percorso sicuramente meno veloce rispetto ad aree a grande maturità infrastrutturale, ma abbiamo raggiunto già un buon risultato e a oggi sono circa 25 gli operatori tra grandi e piccoli con infrastrutture in Open Hub Med e che erogano servizi all’interno del nostro datacenter. L’offerta commerciale ad aziende e pubbliche amministrazioni al momento è erogata tramite le società socie del consorzio che rivendono servizi di co-location. Difficile dunque dare un numero esatto, avendone una visibilità solo parziale. In ogni caso, ripeto, la forma consortile ben si presta a una compartecipazione dei soci nelle attività del consorzio e questo vale anche sul piano commerciale".
"Il tema della sicurezza dei dati è uno dei temi che, grazie all’esperienza maturata negli anni da tutti i soci del consorzio, abbiamo affrontato sin dall’inizio - spiega Rossi. Con l’inizio dell’attività ci siamo certificati ISO 27001 e su base annuale siamo oggetto di auditing da parte di società terza indipendente e qualificata per il controllo dell’ottemperanza al GDPR. Da questi obblighi derivano quindi un insieme di processi interni e di attenzioni a garanzia della sicurezza dei dati gestiti al nostro interno. Questo viene anche associato a un insieme di misure di sorveglianza dell’accesso fisico alle nostre strutture garantito da Italtel, proprietaria del campus; inoltre l’accesso al nostro datacenter da parte delle società clienti o loro manutentori è da noi scortato e monitorato".
"Se guardiamo all’Europa nel suo insieme - spiega la manager -, i grandi centri nevralgici che si sono consolidati nell’ultimo ventennio sono tutti principalmente al Nord (Francoforte, Amsterdam, Londra e Parigi), Regione non a caso interessata massicciamente dall’approdo di cavi sottomarini che collegano il Nord America tramite la tratta atlantica. D'altronde, il meccanismo evolutivo del mercato digitale è un volano, innescato dalle infrastrutture di rete su necessità dei produttori e utilizzatori dei contenuti: una volta partito in una data area cresce a ritmi sostenuti per l’esigenza da parte sia delle telco che dei fornitori di contenuti di trovare quel fattore di scala che permetta l’interconnessione e lo scambio dei dati in modo ottimale e al miglior costo".
"Inoltre - spiega ancora Rossi - l’Italia del Nord, la Spagna ed il Sud della Francia si sono definite nel tempo come le maggiori aree di sviluppo della parte più a nord del Sud Europa. Ma con l’impennata del volume di dati nel periodo pandemico, l’aumento delle necessità digitali a livello Paese sta oggi parallelamente proponendo le aree più a Sud con un ritmo molto più veloce rispetto a quello con cui si sono qualificate città come Milano, Marsiglia o Madrid". "Il “profondo Sud Europa”, di cui geograficamente la Sicilia fa parte, è nell’immediato il prossimo passo da parte dei grandi player (hyperscaler e telco) per coprire le proprie necessità di distribuzione dei servizi cloud e, più in generale, dei loro contenuti. Lo vediamo con la Grecia, per esempio, che sarà presto sede di una nuova Region di Google ma anche noi stiamo assistendo nell’ultimo anno a un aumentato interesse per la Sicilia e Open Hub Med, in particolare, gode di una posizione geografica particolarmente favorevole nell’ambito delle tratte di trasporto dati sottomarine".
"La crescita del mercato di datacenter neutrali nell’Italia meridionale, e in particolare in Sicilia così vicina ai punti di terminazione dei cavi sottomarini panafricani e provenienti dal Far East, è fortemente influenzata dalla necessità di servire i mercati africani e asiatici con terminazione in Europa e in rapida crescita nel digitale. Non ultima, la crisi geopolitica al contorno sta portando l’Europa a guardare con rinnovato interesse l’Africa e parte dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo quali ulteriori fonti di risorse energetiche e questo parteciperà giocoforza ad aumentare la richiesta di corridoi digitali efficienti e datacenter sicuri, affidabili, neutrali e “vicini” per il repository del traffico dati ed il loro scambio. Noi con Open Hub Med siamo già pronti e ci stiamo dirigendo verso un ruolo centrale in questo insieme di interessi che provengono da più sorgenti".
In conclusione, tutta l’Italia sta diventando sempre più strategica nel contesto europeo. In questa dinamicità dettata essenzialmente dalla crescente movimentazione dei dati e dalla fame di bassissime latenze nel gestirli, analizzarli e usufruirne, un’iniziativa come GaiaX ha certamente una valenza importante sia nella sostanza che nella forma: da un lato infatti un framework europeo così ampio rappresenta per Valeria Rossi una base utile allo sviluppo di un sano mercato dei servizi cloud che portano con sé per loro natura criticità in termini di riservatezza, sicurezza ed affidabilità dei dati, criticità che necessitano di essere gestite ed affrontate con alti standard di qualità".