Con l’inaugurazione del DC-B e del DC-C, Aruba mostra i muscoli al mercato e prosegue nell’ampliamento del campus data center più grande d’Italia.
Autore: Valerio Mariani
Di fronte a qualche centinaio tra partner e clienti, Aruba – il principale cloud provider italiano - apre le porte (blindate) dei data center DC-B e DC-C. L’azienda aretina si mostra pronta a soddisfare la sete di spazi in colocation delle aziende italiane nel momento più opportuno, grazie a un investimento complessivo di circa 500 milioni di euro. Sorto sulle ceneri degli stabilimenti del tessilificio Legler, il Global Cloud Data Center di Ponte San Pietro (BG) è un gioiello di tecnologia, innovazione e, soprattutto, sostenibilità.
Il primo dei data center presenti all’interno del campus (DC-A) ormai era al completo: 10 sale dati totalmente impegnate distribuite su un totale di 10mila mq con 12 MW di potenza erogata. Al primogenito si affiancano ora il DC-B, che occupa una superficie di oltre 17mila mq ed eroga una potenza di 9 MW, ripartita su tre grandi sale dati, con infrastrutture indipendenti per ciascuna e il DC-C. A questi si aggiungeranno i DC-D- e DC-E, ancora in fase embrionale, che completeranno la riqualificazione dell’area ex Legler, di cui rimarrà testimonianza solo nella ciminiera di fine Ottocento.
Il DC-C è certamente il più singolare, frutto di un notevole impegno in termini di design rispetto agli impianti e alle scelte di utilizzo degli spazi interni. Si tratta, infatti, di una struttura a due piani con 8 sale dati poste su due livelli, una potenza a regime di 8 MW e una superficie totale di quasi 14mila mq. È proprio nel DC-C che l’amministratore delegato di Aruba Stefano Cecconi, porta in visita il gruppo di giornalisti specializzati. “La volontà di sviluppare l’idea innovativa di un data center a due piani – spiega il manager – ci ha obbligato a scelte particolari, a partire dai pavimenti e dalle colonne portanti. D’altra parte, abbiamo ottimizzato i percorsi del cablaggio, rendendo la struttura estremamente versatile”. Infatti, il progetto è stato ideato proprio per fornire la massima libertà di implementazione al cliente. Questo grazie all’ampio spazio di manovra dei cablaggi sotterranei su ciascun piano che permette di connettere batterie di rack ovunque, senza incidere sulla latenza e ottimizzando i percorsi.
Destinata completamente ad attività di colocation – “ma in fondo anche Aruba è da considerare cliente di sé stesso – chiarisce Cecconi” – il DC-C presenta otto sale ad alimentazione indipendente ridondata con generatori di backup diesel. In ogni sala, inoltre, è possibile ingabbiare i rack del cliente che pretende la sua “privacy” e richiede la gestione diretta della sua infrastruttura. D’altronde, racconta Manuel Bento, Group Chief Operating Officer di Euronext durante uno dei panel della mattina di cui racconteremo in un altro articolo: “Aruba ospita il 25% delle equity italiane”, e ciò significa avere a che fare con sistemi mission critical, per il Finance ma non solo che, sia per questioni di compliance che per importanza dei dati che circolano, devono garantire affidabilità vicina a 100 su 100.
Ma è la sostenibilità ambientale il tema che Cecconi stressa maggiormente. Il Global Cloud Data Center è stato progettato per essere green-by-design. Completamente alimentato da fonti rinnovabili con certificazione della Garanzia di Origine (GO), le infrastrutture di alimentazione e condizionamento del campus comprendono impianti fotovoltaici, sistemi geotermici e una centrale idroelettrica di proprietà sul fiume Brembo. “Anche per questioni legate alla siccità, attualmente la centrale ci fornisce 1 MW di potenza – ammette Cecconi –. Per questo è necessario poter contare su un mix di energie alternative”. Come gli impianti geotermici che beneficiano della presenza dell’acqua di falda. L’indole green del Global Cloud Data Center è garantita dal raggiungimento dei massimi livelli di resilienza previsti dal livello Rating 4 di ANSI/TIA 942, a cui si aggiunge la nuova ISO 22237. Aruba è stata la prima in Italia a certificarsi con questo standard internazionale di riferimento per l'intero ciclo di vita del data center, dall'ideazione strategica alla realizzazione e messa in esercizio.
Stessa aspirazione green è prevista per il prossimo polo Aruba: l'Hyper Cloud Data Center, collocato nella zona Est di Roma, nel Tecnopolo Tiburtino che sarà inaugurato nel 2023. Oltre a utilizzare impianti fotovoltaici, questo campus godrà di energia prodotta al 100% da fonti rinnovabili, certificata a livello europeo (Certificazione GO), e utilizzerà sistemi di raffreddamento free-cooling ad efficienza ottimizzata. Prevedibile la destinazione d’uso del prossimo Hyper Cloud Data Center: Pubblica Amministrazione in primis, ma anche aziende del centro sud. “Oltre a essere – aggiunge Cecconi – una struttura papabile per progetti di disaster recovery dei data center bergamaschi”.
Riepilogando, il network dal respiro europeo dei data center Aruba oggi si compone dei tre moduli del Global Cloud Data Center, a cui si affiancano i data center proprietari di Arezzo e il campus di Roma. Completano la rete, un’ulteriore struttura proprietaria a Ktiš (Repubblica Ceca), principalmente dedicata ai paesi dell'Europa centrale e orientale, e i data center partner che erogano servizi a livello europeo da Praga, Francoforte, Parigi, Varsavia e Londra.