Il PNRR aiuta, ma va anche aiutato

La digitalizzazione italiana ha guadagnato punti grazie al PNRR, che però deve avere una governance precisa e non essere frenato dal ritardo della PA: la fotografia dell'Osservatorio Agenda Digitale

Autore: Redazione ImpresaCity

Il PNRR? Fa bene alla digitalizzazione dell'Italia e i risultati già si vedono. Però è essenziale non perdere il suo spunto iniziale e bisogna continuare a completare gli interventi più critici nei tempi giusti. Specie per quanto riguarda la PA. Questo è il succo dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, che ha dato una fotografia degli effetti e delle prospettive del Piano Nazionale italiano.

La digitalizzazione è al centro del PNRR italiano, che tra varie Mission vi assegna qualcosa come 48 miliardi di euro. Molto più di altre nazioni europee - la Spagna, per dire, ne alloca 20 e la Germania 13 - anche se da noi il ritardo da colmare è più marcato e questo giustifica il maggiore impegno. Sta comunque di fatto, nota l'Osservatorio, che l'impegno è concreto anche negli sforzi profusi: a metà dicembre scorso l’Italia, con il 17% di Milestone e Target completati, è risultata il Paese più avanti in Europa nella realizzazione della trasformazione digitale prevista nel PNRR.

I risultati delle iniziative sbloccate dal PNRR in parte già si vedono. Nell’edizione 2022 del Digital Economy and Society Index (DESI) l'Italia risulta sempre in coda ma qualcosa guadagna, rispetto alla precedente rilevazione: salendo di due posizioni è diciottesima su 27 Stati membri. Se non è cambiato nulla in quanto a competenze digitali, ci sono stati miglioramenti per connettività (16 posizioni guadagnate, siamo settimi) e digitalizzazione delle imprese (ottavi, +2 posizioni). Una posizione invece è stata persa - siamo diciannovesimi - per la digitalizzazione della PA.

Il DESI aiuta ma può essere un po' troppo sommario. Per questo l’Osservatorio ha sviluppato i Digital Maturity Index, un insieme di 109 indicatori che analizza più in dettaglio il livello di digitalizzazione nazionale. Ma che non dà risultati migliori del DESI, alla fine: siamo ventiduesimi su 27, sempre frenati da "una sostanziale stasi sulla digitalizzazione dei servizi pubblici", come sottolinea l’Osservatorio.

L’Osservatorio Agenda Digitale ha anche calcolato un DESI regionale, evidenziando che le aree in cui l'Italia è più carente – capitale umano e servizi pubblici digitali – sono anche quelle con i maggiori divari regionali. Segno che, si sottolinea, "solo riducendo le disuguaglianze interne l’Italia riuscirà a colmare il gap con gli altri Paesi". E le Regioni italiane messe meglio non devono esaltarsi: confrontate con Regioni europee analoghe fanno peggio su 8 dei 9 indicatori considerati, con l’eccezione dell’accesso alla banda larga. Insomma, c'è ancora davvero molto su cui lavorare.

Il nodo della PA digitale

Di sicuro c'è da lavorare intensamente e in fretta per non perdere l'ennesima occasione di far fare un salto di qualità digitale alla nostra Pubblica Amministrazione. Anche a breve termine le sfide non mancano, con ben 13 Milestone e 27 Target da realizzare in questo 2023. Si parte dal buono che è stato fatto sinora nella logica di quello che l'Osservatorio indica come Government-as-a-Platform: una combinazione idale di dataset condivisi e possibilmente open, piattaforme per accentrare l’offerta di servizi pubblici, API e standard aperti per una vera interoperabilità applicativa interna alla PA, soluzioni cloud scalabili e sicure.

In ambito dataset possiamo considerare messi in carniere componenti come l'ANPR e il Fascicolo Sanitario Elettronico (peraltro sempre in evoluzione). E anche, più in generale, la disponibilità di quasi 60 mila open data ("un’eccellenza a livello europeo", per l'Osservatorio) sul portale dati.gov.it. Lato piattaforme, poi, ci sono soprattutto i buoni risultati registrati per la diffusione e l'utilizzo di pagoPA, SPID, CIE e App IO.

Quando si tratta di interoperabilità e cloud, lo scenario è invece meno definito. Nel primo ambito ci sono le premesse - e le promesse - della Piattaforma Digitale Nazionale Dati, attiva dallo scorso ottobre per abilitare lo scambio automatico di dati tra PA e per favorire l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati pubbliche. Poi ci sono gli scenari decisamente più futuribili del progetto Mobility as a Service for Italy: 57 milioni di euro per l’integrazione e l’interoperabilità dei servizi di trasporto pubblico e privato.

Lo sviluppo infrastrutturale cloud della PA ha prodotto il suo nucleo principale, ossia il Polo Strategico Nazionale, e questo ha ufficialmente dato il via alla migrazione al cloud di dati e servizi pubblici. Avvisi e fondi in questo campo non mancano ma, ricorda l'Osservatorio, oggi "siamo ancora lontani dalla dismissione e razionalizzazione degli oltre 11 mila data center attualmente presenti nelle PA italiane".

Dove intervenire

Qualche indicazione sulle direttrici da seguire per migliorare la digitalizzazione della PA l'Osservatorio la dà. C'è prima di tutto spazio interessante di intervento nel campo degli acquisti pubblici: "è necessario realizzare un processo di approvvigionamento completamente digitalizzato", si spiega. Anche perché c'è da sbloccare un mercato concentrato (quasi un terzo della spesa pubblica in servizi digitali è nelle mani dei primi cinque fornitori) e lento (servono in media 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica per soluzioni digitali).

Altro punto chiave, che l'Osservatorio ribadisce e che diversi attori del mercato avevano sottolineato sin dagli albori del PNRR, è che al Piano serve sempre e comunque una governance ben precisa. Gli interventi da completare di volta in volta sono molti e complessi e questo tra l'altro richiede - spiega Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale - "una collaborazione, in pochissimo tempo, da parte di una pluralità di attori pubblici e privati... una regia forte che tenga alta l’attenzione di tutti a giocare la propria parte in modo articolato e produttivo".

Serve quindi un gioco di squadra che vede inevitabilmente in primissimo piano gli enti locali (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, ASL e aziende ospedaliere), i quali gestiranno oltre 66 miliardi di euro del PNRR e molte delle risorse complementari. Gli enti locali in questo vanno affiancati e aiutati, perché condividano best practice ed esperienze, facendo sistema e quando serve anche aggregazione. "Se non lavoreremo su questi aspetti - spiega Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale - i divari di digitalizzazione tra i territori saranno destinati ad aumentare".


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