Una tendenza in atto da anni ma sempre più presente che porta alle stelle la valutazione di aziende come Workday.
Autore: Valerio Mariani
Un’azienda che offre servizi di Enterprise Management Cloud. Così definisce Workday Jens Löhmar, Chief Technology Officer Continental Europe & DACH. In effetti questo è il payoff dell’azienda americana nata nel 2005, con un fatturato da più di 6 miliardi di dollari, quasi 18mila dipendenti e che negli ultimi tempi è l’orgoglio dei suoi azionisti, con un titolo che supera i 225 dollari per azione (alla IPO del 2012 partiva a meno di 50 dollari e ha sfiorato i 300 dollari solo alla fine del 2021).
Lo sviluppo delle soluzioni Workday è particolarmente rappresentativo dell’evoluzione della domanda delle aziende rispetto ai servizi applicativi. L’azienda parte nel 2006 con Workday Human Capital Management, evidente piattaforma per la gestione delle risorse umane, per poi proseguire con Workday Financial Management e l’acquisizione di due software house specializzate in soluzioni per la pianificazione del business aziendale.
Insomma, un’azienda sana e con una roadmap in linea con le richieste di mercato che all’incontro a Milano con partner e clienti italiani condivide visione e missione: far andare in pensione definitivamente il paradigma Erp a favore dell’Enterprise Management Cloud, piattaforma cloud per la gestione aziendale basata sulle persone. E che siano clienti o dipendenti in fondo il passo (tecnologico) sarebbe breve.
Una moderna piattaforma di servizi applicativi aziendali basati su cloud ovviamente non può prescindere dall’analisi dei dati. “L’Intelligenza Artificiale e il machine learning sono integrati in tutto ciò che facciamo – afferma Löhmar -. In Workday sappiamo da molti anni che sono un fattore importante per guidare il futuro del lavoro. L’Intelligenza Artificiale e il machine learning hanno cambiato il modo di lavorare e incidono sulla definizione delle competenze necessarie e su come vengono prese le decisioni. Le integriamo in tutte le soluzioni di Workday, facendole evolvere naturalmente per farle diventare più intelligenti ma comunque etiche, trasparenti e responsabili”. Funzionalità di machine learning che si sfruttano anche in una sorta di ambiente demo in cui l’azienda che lo richiede può indirizzare i propri dati per capire le potenzialità dell’analisi dei comportamenti e delle attività delle risorse interne, sempre e solo in funzione del business aziendale e con la massima attenzione alla privacy.
Al CTO fa eco Andrea Cissello, direttore vendite per l’Italia di Workday: “L'obiettivo principale di Workday in Italia è di accompagnare la crescita che l'azienda sta vivendo a livello globale, con un focus importante su un comparto particolarmente interessante, quello delle medie imprese. L’intenzione è soddisfare le esigenze dei clienti con una piattaforma aperta, estensibile e configurabile, permettendogli di adattarla in corsa a ogni esigenza”.
È evidente che Workday si indirizza indistintamente ad aziende di qualsiasi mercato verticale poiché, prosegue Cissello: “La distinzione tra le aziende è definita dalle persone e dalla visione che hanno sul progetto di business che hanno in mente. Workday si mette al servizio di queste esigenze con una piattaforma di servizi cloud da personalizzare e integrare con le altre soluzioni presenti. Entriamo in azienda con la nostra soluzione storica per le risorse umane, per poi proporre l’estensione ai servizi finanziari. Un approccio, questo, che sta portando a risultati interessanti anche in Italia”.
Integrare Workday con la tecnologia già presente in azienda è certamente la sfida maggiore. Non certo per difficoltà intrinseche alla piattaforma, ma per la delicatezza della questione e per la necessità di proteggere l’investimento precedente. A questo proposito, Löhmar ricorda la felice intuizione avita nel 2008 con l’acquisizione di Cape Clear, software house irlandese specializzata nella conversione dei backend legacy in servizi web. Perché la fase di integrazione della piattaforma Workday, insieme alla fase di progettazione sono fondamentalmente i due momenti più critici. “Siamo sereni rispetto all’integrazione – afferma il CTO -: forniamo funzionalità di integrazione moderne, collaudate, scalabili e sicure, via API ma anche con connettori e modelli integrati per garantire integrazioni end-to-end ai partner”.
Mentre, se si fantasticasse sull’introduzione in una piattaforma di people e financial management come Workday di un tool di collaborazione, Löhmar ci riporta immediatamente alla realtà limitandosi a dichiarare la compatibilità con le piattaforme più diffuse come Slack e Microsoft Teams, ma niente di più.
In Italia, Workday lavora con 9 partner di canale e la loro classificazione fa capire molto bene il tipo di supporto che richiede. In maggioranza si tratta di boutique di consulenza come Reply Consulting o di partner di integrazione applicativa o vendor di soluzioni per la gestione delle paghe come Zucchetti, oltre ai classici partner globali come Accenture, Kpmg, Pwc, Deloitte ecc. “Imprescindibile la soddisfazione del cliente – ricorda Cissello -, per questo ci teniamo a supervisionare in ogni momento il progetto sviluppato dal partner sulle nostre soluzioni”. “La qualità del partner è fondamentale per noi – aggiunge Löhmar – e a loro chiediamo velocità di implementazione e di delivery, che vogliamo siano i nostri fattori differenzianti. A loro, tra l’altro, chiediamo di certificarsi nuovamente ogni semestre al rilascio della nuova versione”.
Entrare in azienda insieme ai partner, dunque, ma con un approccio attento e molto chiaro. La piattaforma, intanto, è una e ben definita, e la metodologia anche. Secondo una strategia comune a molti vendor, l’intento è di realizzare un rapporto di partnership tra vendor e azienda cliente, con l’intercessione necessaria dei consulenti di canale come braccio consulenziale e operativo. Questo perché è necessario lavorare a stretto contatto con le risorse aziendali per minimizzare l’impatto del nuovo modello e favorire l’innovazione, che è prima culturale e poi tecnologica.
Ancora una volta, dunque, il dialogo è prioritario e lo è in primo luogo con il management dell’azienda, indipendentemente dalle competenze tecniche degli interlocutori. “Vogliamo essere percepiti come qualcosa di più del puro fornitore di soluzioni di gestione aziendale – prosegue Löhmar – e questa visione impatta su tutti i nostri ruoli, compreso il mio di CTO. Per questo, la mia priorità e di andare a parlare con le aziende, comprenderne le necessità e i desideri, per poi capire come indirizzare la roadmap di sviluppo”.
In definitiva, la domanda finale potrebbe essere: una Enterprise Management Cloud company può ritenersi a pieno titolo l’abilitatore di un progetto di trasformazione digitale? Effettivamente, gli ingredienti ci sono tutti: migrazione al cloud, integrazione via API e, soprattutto, impatto determinante sui processi e, di conseguenza, sul business. Probabilmente costruire una partnership finalizzata all’evoluzione dell’azienda cliente e implementare una piattaforma progettata intorno alle risorse aziendali, che evolve in modo autonomo con l’evolvere delle esigenze e che ha come obiettivo prioritario la revisione della cultura aziendale è una strada praticabile. Ma è importante, ancora una volta, che l’azienda segua e assimili la trasformazione e, per questo, è fondamentale farle mettere le mani sulla tecnologia fin da subito e pretendere collaborazione attiva per il cambiamento.