Tra dati frammentati in silos, esigenze crescenti di compliance e cloud di tutti i tipi, diventa sempre più necessaria una hybrid data platform per scegliere dove e come gestire i workload
Autore: Edoardo Bellocchi
Capire e gestire la crescente complessità dei dati. Si parte dalla ricerca "Evolve 23", condotta da Cloudera a livello Emea, Italia compresa: prima di analizzarne il dettaglio, Fabio Pascali, Regional Vice President Italy di Cloudera, ne evidenzia i punti salienti: “il primo tema da sottolineare è quello della perdurante difficoltà delle aziende nell’analizzare i dati quando questi sono a silos: in questo senso, la frammentazione dei dati all’interno delle aziende è tuttora molto forte, e porta talvolta a sviluppare strumenti ad hoc, come analytics specifici, che oltre a portare ad aumenti dei costi, determinano anche maggiori complessità, che rendono difficoltoso rispettare la compliance”.
L’altro aspetto rilevante emerso dalla ricerca è quello del cloud, “un tema che è ormai mainstream da tempo, nel senso che tutte le aziende hanno ormai compreso a fondo come sfruttare il cloud al meglio”, prosegue Pascali. Questo emerge anche da “dati apparentemente contraddittori come quelli che indicano che il 76% degli intervistati prevede una repatriation nell’on prem di alcuni workload entro i prossimi tre anni, con una percentuale analoga di rispondenti che prende in considerazione l’idea di portare nel cloud altri workload, sempre in un orizzonte di tre anni”, racconta Pascali.
A prima vista, fa notare Pascali, questi dati indicherebbero “una visione quasi distopica, ma in realtà si tratta semplicemente un riflesso del fatto che le aziende hanno compreso a fondo sia in vantaggi del cloud, come per esempio quello della flessibilità, un aspetto sempre più importante e strategico, sia i limiti che talvolta il cloud presenta, come quello dei costi, che possono essere notevoli per determinate scelte”.
Guardando più da vicino ai risultati della ricerca, condotta nella scorsa primavera su 850 aziende dell’area Emea, 100 delle quali italiane, la compliance risulta essere la principale preoccupazione del 79% dei responsabili delle decisioni IT quando si tratta di gestire i dati. Non solo: quasi due terzi (63%) delle aziende ritiene che i dati frammentati rendano più difficile il rispetto delle normative di compliance, e se molte organizzazioni hanno implementato più soluzioni per gestire i dati durante tutto il loro ciclo di vita, il 79% afferma che l’integrazione di queste soluzioni di analytics e gestione ha reso più difficile assicurarne la conformità.
Ma, come accennato, più di tre quarti (78%) degli intervistati ritiene che l’integrazione di soluzioni per l’analisi e la gestione dei dati abbia fatto aumentare il loro costo, con tutti o quasi (il 99%) che concordano sul fatto che l’integrazione delle diverse soluzioni necessarie per la gestione dei dati lungo il loro ciclo di vita rappresenti una sfida: questo porta le aziende a spendere più di un quarto (28%) del loro budget IT annuale per questa attività.
La ricerca di Cloudera ha anche evidenziato che le imprese italiane sono in una fase di maturità avanzata per quanto riguarda la gestione dei dati, superiore rispetto alla media Emea, con solo le fasi di analisi e pubblicazione presentano ancora margini di miglioramento rispetto agli altri Paesi. Tuttavia, le sfide emerse in Emea sono molto sentite anche in Italia, con oltre un’azienda su tre che spende tra il 20% e il 30% del proprio budget annuale per la gestione dei dati, e addirittura una su cinque che spende tra il 30% e il 40%, e una su sei che ne spende fino al 50%.
Va detto che se i silos di dati sono l’ostacolo principale nell’assicurare la compliance per il 59% delle aziende italiane, ovvero in percentuale vicina alla media Emea del 63%, solo il 64% delle imprese di casa nostra evidenzia la compliance come un problema, a fronte del 79% Emea: di conseguenza, anche i costi di gestione e analisi dei dati sembrano aver avuto un impatto minore nelle imprese italiane rispetto alla media Emea, con il 68% delle aziende che evidenziano un aumento dei costi a fronte del 78% dell’area Emea, anche se si tratta di una percentuale che rimane comunque significativa.
Sintetizzando al massimo, oggi avere i dati frammentati in silos rappresenta un problema, anche di compliance, ma il cloud offre molte opportunità di flessibilità, a maggior ragione se si usano le piattaforme giuste: “è qui che Cloudera, con la sua hybrid data platform può dare i massimi vantaggi, lasciando i clienti completamente liberi nel decidere quando e dove mettere i loro workload basati sui dati, che sia nel cloud pubblico o nell’on premise o nell’ibrido, perché grazie alla Cloudera Data Platform, CDP, tutti gli use case sovrastanti sono indipendenti dal mondo infrastrutturale sottostante”, spiega Fabio Pascali.
Non è l’unica caratteristica della CDP, che oltre a essere su standard open source, è end-to-end, ovvero opera sull’intero ciclo di vita del dato, offre la possibilità di utilizzare anche componenti esterne, e infine è disponibile su qualsiasi cloud. “Operiamo con tutti i Cloud Service Provider: abbiamo attività importanti con Microsoft Azure e Google Cloud anche se abbiamo relazione speciale di tipo tecnologico e commerciale con AWS, anche in ragione di una partnership strategica a livello mondiale”, sottolinea Pascali.
Ufficializzato lo scorso settembre, l’accordo sottolinea l’impegno di Cloudera ad accelerare e scalare gestione dei dati cloud native e data analytics su AWS. Grazie a questa collaborazione, Cloudera sfrutterà i servizi AWS per offrire innovazione continua a costi contenuti ai clienti condivisi, mettendo a disposizione il proprio open data lakehouse su AWS per supportare progetti di AI generativa a livello enterprise con garanzia di affidabilità e sicurezza.
Cloudera è partner Independent Software Vendor (ISV) e Workload Migration Program (WMP) di AWS, che offre la Cloudera Data Platform (CDP) Public Cloud sul suo AWS Marketplace. Così, Cloudera semplifica ulteriormente la possibilità per i clienti di utilizzare crediti per accelerare la migrazione dei carichi di lavoro verso il cloud e per l’acquisto di CDP su AWS.
Più in dettaglio, con l’obiettivo di fornire un data lakehouse aperto e più potente, Cloudera ha scelto AWS per eseguire i componenti più critici della CDP, tra cui data in motion, data lakehouse, data warehouse, database operativo, AI e machine learning, la gestione dei dati master e la sicurezza end-to-end. In questo modo, i clienti possono migrare rapidamente alla CDP sul cloud senza dover effettuare il refactoring delle loro applicazioni, supportando al contempo le implementazioni ibride.
Per quanto riguarda il mercato italiano, “negli ultimi due anni siamo cresciuti molto anche nel settore della Pubblica Amministrazione, che oggi è un’area strategica per noi, subito dopo i settori finanziario, delle telecomunicazioni e dell’energia e utility, oltre che gli ambiti manifatturiero e farmaceutico dove stiamo guadagnando terreno con progetti di rilievo”, racconta Pascali, sottolineando che “proprio in ragione dell’importanza crescente del mercato italiano per Cloudera, abbiamo recentemente inaugurato la nostra nuova sede a Milano, in zona Gae Aulenti-Porta Nuova”, ovvero nel cuore del distretto hi-tech milanese e italiano.
Infine, sui successi in ambito Pubblica Amministrazione, “se da una parte c’era sicuramente terreno da guadagnare rispetto al passato, dall’altra parte va anche detto che molte pubbliche amministrazioni hanno compreso che il valore aggiunto derivante dal poter analizzare i dati e integrarli con altri dati, provenienti dall’ecosistema pubblico e non pubblico, rappresenta un ottimo modo per ideare e fornire nuovi servizi. Disporre grazie alla CDP di una piattaforma che è indipendente dall’infrastruttura ha per la PA un importante corollario, in quanto il pubblico potrà indire gare sul mondo infrastrutturale perché è del tutto senza vincoli”, conclude Fabio Pascali.